2020-04-23
Boss mafiosi fuori di galera grazie al pasticcio giallorosso sulla salute dei carcerati
Cortocircuito tra il Cura Italia e una circolare del Dap: ai domiciliari finisce un uomo di Bernardo Provenzano e altri due capi. Ora potrebbe toccare a Leoluca Bagarella, Raffaele Cutolo e a tanti altri.Una circolare del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha disposto che i nominativi dei detenuti a rischio coronavirus venissero comunicati «con solerzia», si legge nel documento firmato da una funzionaria, all'autorità giudiziaria per le eventuali determinazioni di competenza. È il giudice di Sorveglianza, quindi, che decide, valutando caso per caso. E qualche caso c'è già. A Milano, martedì hanno concesso i domiciliari a Francesco Bonura, 78 anni, boss di Cosa nostra legato a Bernardo Provenzano. Anziano e a rischio Covid-19. E anche a Palermo il tribunale del Riesame ha mandato a casa Pino Sansone, 69 anni, ex vicino di casa di Totò Riina. Era detenuto a Voghera, dove l'altro giorno è morto un detenuto contagiato dal coronavirus. Sansone «è a rischio Covid per le sue condizioni di salute», avevano sostenuto i difensori nella memoria accolta.La libertà per Sansone è scattata nonostante la ferma opposizione del pm antimafia Amelia Luise. A Catanzaro, è tornato a casa Vincenzo Iannazzo, 65 anni, detto il Moretto. «Il detenuto presenta un deficit immunitario che lo pone fortemente a rischio di infezione al Covid», ha valutato il consulente tecnico. E ora sono in molti a sperare: da Leoluca Bagarella al cassiere della mafia Pippo Calò, al boss Nitto Santapaola, ai capibastone della 'ndrangheta Pasquale Condello, Giuseppe Piromalli e Umberto Bellocco, fino al fondatore della Nuova camorra organizzata: nientepopodimeno che Raffaele Cutolo. Insomma, la circolare del Dap chiede ai direttori degli istituti di pena di segnalare ai giudici i nominativi dei detenuti che hanno più di 70 anni e sono affetti da determinate patologie. Probabilmente è stata la data a far collegare la circolare al Cura Italia: il 21 marzo, ovvero quattro giorni dopo l'approvazione del decreto con il quale il governo ha affrontato anche il problema del sovraffollamento, prevedendo i domiciliari per i detenuti che abbiano una condanna «non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena». Nel documento del Dap, però, non ci sono richiami al decreto Cura Italia, così come non ci sono distinzioni tra tipo di detenuti. Un particolare, spiega Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, «che ha fatto scattare l'allarme negli ambienti giudiziari, perché così si includono anche quei soggetti sottoposti al regime carcerario del 41 bis». Una popolazione, quindi, di 74 boss al carcere duro, alla quale si aggiungono i detenuti in regime di Alta sicurezza, che «potenzialmente», valuta Bongiovanni, «rientrerebbero nella casistica dei soggetti a rischio». Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, vorrebbe combattere le paure innescate dalla notizia dei boss ai domiciliari con il braccialetto elettronico. E ieri ha detto: «C'era l'esigenza di misure straordinarie per contrastare l'emergenza che ha coinvolto anche le carceri per la concentrazione di detenuti e agenti di polizia penitenziaria. Ma sono stati esclusi delinquenti abituali e condannati per gravi delitti. Il magistrato di sorveglianza può inoltre decidere per l'esclusione dei domiciliari se ne ravvisa i motivi». Stando alle prime scarcerazioni, però, probabilmente quei motivi non sono stati ravvisati. E il testimone di giustizia siciliano Ignazio Cutro ha ribattezzato la circolare del Dap «Tana libera tutti». Ma sono in molti a chiamarlo già «il papello Svuotacarceri». Il leader del Carroccio, Matteo Salvini, l'ha definita «una vergogna nazionale. Per rispetto dei magistrati e dei giornalisti caduti per mano mafiosa, non ci interessa se è colpa di Alfonso Bonafede o di Francesco Basentini (il direttore del Dap, ndr), ma chiudete le porte del carcere per i mafiosi. Alcuni sono usciti per un circolare del ministero della Giustizia e ora c'è uno scaricabarile». Bonafede ha replicato, ritenendo gli attacchi un «inaccettabile sciacallaggio. Sostenere che alcuni esponenti mafiosi sono stati scarcerati per il decreto legge Cura Italia non solo è falso, è pericoloso e irresponsabile». Si tratta piuttosto, si è difeso il ministro, «di decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all'esecutivo». È ovvio però che la circolare ha il chiaro obiettivo di segnalare ai giudici i nominativi dei detenuti a rischio, con la premessa sulle patologie e le possibilità di complicanze da Covid. È anche per questo che hanno storto il naso anche tra le fila della maggioranza: il Movimento 5 stelle ha chiesto l'intervento della commissione Antimafia e il Partito democratico ha sottolineato la «giusta preoccupazione e l'amarezza, soprattutto tra i parenti delle vittime». «Se il governo non vuole ascoltare Fratelli d'Italia, allora raccolga l'appello lanciato dal sostituto procuratore della Procura generale di Napoli, Catello Maresca», ha scritto su Facebook la leader Giorgia Meloni, che ha aggiunto: «Bisogna revocare subito la circolare del ministero della Giustizia per impedire che altri mafiosi escano dalla galera e tornino a casa. Avevamo avvertito il governo di questo rischio, ma nessuno ha voluto ascoltarci».