2025-06-29
Borsa, Iran, dazi: il metodo nella follia Trump
Malgrado le previsioni di sfracelli, Wall Street torna a livelli record. Il disegno sul Medio Oriente, tra sparate e contraddizioni, prosegue. E il braccio di ferro con l’Ue su tasse e tariffe lo vede vincente: è il caso di capirlo.«Dobbiamo essere percepiti dal nemico come un cane pazzo, troppo pericoloso per essere disturbato»: sentenziava anni fa il generale israeliano Moshe Dayan. Oggi non sappiamo se la dottrina calzi perfettamente alla figura di Donald Trump. Nemmeno se sia farina del suo sacco, interpreti il ruolo, gli esca per predisposizione naturale, oppure ci sia una strategia che qualcuno nel deep State Usa stia applicando. Ma attenzione, fermarsi alla superficie può essere pericoloso per l’economia degli altri Paesi e per chi fa analisi in Europa. Perché qualcuno che tiene i fili c’è e quel qualcuno sta portando a casa dei risultati. A cominciare dal tema economico. Ricordiamo la scena surreale del giardino delle rose alla Casa Bianca. Lo scorso 2 aprile Trump si presentò al cospetto delle telecamere mondiali con i capelli al vento e un cartello contenente percentuali altissime di dazi. Un calcolo lineare che aveva fotto storcere il naso a mezzo mondo, ma che in realtà conteneva voci di squilibrio nei rapporti commerciali. Dentro lo sbilancio Trump inserì anche i dazi interni all’Europa. Certo un valore non così facilmente misurabile. Ma a distanza di mesi siamo adesso in una situazione molto vicina a un punto di caduta. Mezza Europa sembra disposta ad accettare un 10% di imposizione senza battere ciglio. Una sberla è meglio di un pugno. Finirà così? Vedremo. Così come si capirà più avanti se Bruxelles voglia tirare su un muro contro le multinazionali Usa del digitale. A febbraio le minacce da parte soprattutto francese hanno riempito le cronache dei giornali. Adesso il tema è finito nel dimenticatoio: non se ne parla più. Nel frattempo però il dollaro si è svalutato. Da quando c’è la nuova amministrazione è sceso circa del 10%. Su tutte le valute, compreso l’euro. Ovviamente equivale a mettere dazi, senza le possibili controindicazioni delle barriere commerciali. Senza contare che ieri alla riunione del G7 è stata approvata la global minimum tax, a esclusione degli Stati Uniti. Un altro successo per gli americani. Non solo. All’indom ani dell’insediamento, Trump ha sguinzagliato gli agenti dell’Ice in mezza America. Ha avviato il rimpatrio forzato di migliaia di residenti clandestini. Ha lottato con i giudici federali, fino a che l’altro giorno la Corte suprema gli ha dato sostanzialmente ragione. Chi prevedeva lo sfacelo della situazione lavorativa in territorio Usa, nelle ultime settimane si è dovuto ricredere. I dati sono in crescita. Nulla di roboante, ma nemmeno c’è stato quel crollo che molti si aspettavano. Immaginavano, infatti, che allontanando i clandestini le imprese non avrebbero trovato forza lavoro. Non sta andando così. Certo, non è tutto rose e fiori. Nei prossimi 12 mesi ci sono in scadenza emissioni di debito pari a quasi 1.000 miliardi e i tassi dei Bond decennali sono in salita. Però la Borsa tiene. Anzi sale. E ciò significa garantire agli americani un pezzo di welfare. Perché è così che in molti si pagano le pensioni. Al tempo stesso l’inflazione non è schizzata e i prezzi dell’energia sono sostenibili per gli Usa, anche a discapito dell’Europa. Un’Europa sempre più schiacciata tra l’America e la Cina e marginalissima per quanto riguarda il cambio di passo che sta avvenendo in Medio Oriente. Il ribaltamento in corso a favore dell’asse sunnita, capitanato dall’Arabia Saudita, è un’altra delle partite in cui Trump «cane pazzo» sta giocando non certo a somma zero. Non sappiamo come andrà a finire, ma oggi il ridimensionamento dell’Iran e il predominio di Israele e Riad non appare certo casuale. Così come il ruolo del tycoon che ha contribuito al caos utile prima agli israeliani per scatenare i proprio aerei su Teheran e uccidere le prime fila dei pasdaran e poi agli Usa per bombardare i siti nucleari. A Trump, o alla Casa Bianca, le varie messe in scena sono servite a chiudere un accordo con la Russia. Che probabilmente ha accettato lo scenario pro sunniti in cambio di una mano leggere sull’Ucraina. Non a caso, il recente meeting della Nato si è concluso con uno statement di sole 427 parole contro la media delle 5.000 usate per chiudere le riunioni del 2023 e del 2024. Cosa mancava? Qualunque riferimento all’aggressore russo in Ucraina. Niente. E anche questo non è un caso. Come sarebbe superficiale pensare che dietro il video fato con l’Intelligenza artificiale e tanto cattivo gusto sulla Trump riviera (una Gaza futura simile alle coste di Dubai) non ci sia una precisa strategia. Quando il tycoon sollecita il capo del governo israeliano, Benjamin Netanyahu, a far terminare le incursioni militari nella Striscia non si muove certamente per motivi solo umanitari. Ma per chiudere il cerchio e fare in modo che la terra dove vivono i palestinesi passi sotto il controllo diretto o indiretto dei sauditi. È il modo per garantire a Mohammed bin Salman un porto che si affacci sul Mediterraneo e, quindi, anche un’influenza sul Mare Nostrum. Un cambio di paradigma che avrà effetti profondi sull’Ue e che i politici di Bruxelles capiranno con qualche anno di ritardo. Ovviamente ci sono tante incognite. Una delle quali si chiama Cina. Non è detto che Pechino accetti che venga smantellata la Via della seta a favore di quella del cotone che favorirebbe l’India. Pechino potrebbe così inserirsi pericolosamente nello schema, magari facendo leva su Recep Tayyip Erdogan che appare silente più che mai. Però anche in questo caso limitarsi a definire Trump un «cane pazzo», ecco non è un insulto a lui, ma a chi deve occuparsi del nostro futuro.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)