2023-10-08
Bonomi non segue i consigli dei vice e per la Luiss sonda il «suo» Baroni
Verifiche anche con Antonio D’Amato che non sarebbe disponibile. Domani c’è l’assemblea.Entra nel vivo la partita per il rinnovo dei vertici dell’Università Luiss Guido Carli, l’ateneo di Confindustria che la prossima settimana dovrà indicare il nuovo presidente. Venerdì durante il comitato di presidenza non si è trovata la quadra sui chi sarà il successore di Vincenzo Boccia. C’è chi ha dato un’indicazione chiara al presidente Carlo Bonomi, insistendo sul fatto che deve essere nominato un ex presidente di Confindustria. Almeno questa sarebbe l’indicazione data dai vice, la sua squadra. Bonomi invece avrebbe chiesto una sorta di delega in bianco. Prima avrebbe sondato Antonio D’Amato, che fu già presidente della Luiss dal 2001 al 2004. Del resto, aprire le porte ad altre personalità, creerebbe non pochi problemi soprattutto in futuro, rompendo una tradizione che dura ormai da trent’anni, quando nel 1993 Luigi Abete prese il posto dello storico economista Guido Carli, che dà anche il nome all’ateneo. D’Amato non avrebbe dato disponibilità e quindi Bonomi si sarebbe convinto a candidare Giovanni Baroni, attuale presidente della piccola industria, voluto proprio da Bonomi nella sua squadra nel 2021 al posto di Carlo Robiglio. Un inserimento che spaccò già ai tempi gli equilibri di Viale dell’Astronomia tanto che il voto pro Baroni si materializzò solo alla terza tornata nonostante fosse rimasto l’unico candidato. Un storia insomma che lo porta a essere il candidato ideale per Bonomi. Anche perché a quanto pare il numero uno di Confindustria non avrebbe ancora abbandonato l’ipotesi di diventare presidente. Il prossimo presidente della Luiss potrebbe essere solo un traghettatore, dal momento che nei prossimi mesi potrebbe arrivare un decreto da parte del governo per consentire a Bonomi di arrivare alla poltrona tanto agognata. La vicenda è spinosa, anche perché come richiede il rituale confindustriale il nuovo presidente dell’università dovrebbe essere appunto Bonomi, attuale numero uno in viale dell’Astronomia in scadenza il prossimo anno. Come noto l’imprenditore lombardo non può avere quell’incarico: gli manca la laurea. Così nelle ultime settimane Bonomi ha anche sondato il ministero competente, il Mur di Anna Maria Bernini, per ottenere un parere favorevole che però non è mai arrivato. Così come c’è stato anche un sondaggio con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni per cercare di trovare una soluzione. Di sicuro la prossima settimana l’imprenditore lombardo punterà a diventare almeno vicepresidente esecutivo, confidando in qualche delega pesante. Ma anche in questo caso il condizionale è d’obbligo. Perché il comitato di presidenza dell’università si sarebbe messo di nuovo di traverso, bloccando di fatto la possibilità per Bonomi di ottenere non più che un incarico da consigliere. In ogni caso se ne saprà di più domani, durante l’assemblea, quando sarà anche presentata la lista dei nuovi vertici come dei consiglieri. Di indiscrezioni non ne sono uscite negli ultimi giorni, anche perché a quanto pare non dovrebbero esserci grosse novità tra i nuovi consiglieri. Di sicuro resterà in carica Luigi Abete, ma ci sono buone possibilità che anche il resto dei consiglieri venga riconfermato. Di sicuro invece dovrà lasciare il posto Giuseppe Cornet Bourlot, rappresentante del governo, eletto quindi ai tempi del governo giallorosso di Giuseppe Conte: Bourlot è stato uno dei finanziatori della campagna elettorale di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma. L’indicazione dovrà arrivare dal ministro Bernini. Domani all’assemblea ci sarà la lista del cda targata Bonomi, oltre a Baroni, altri collaboratori ma nessun nome di spicco. Chiusa la partita della governance bisognerà ragionare sul nuovo direttore generale, a quanto pare Giovanni Lo Storto è in uscita, mentre c’è incertezza sul prossimo rettore. Per il posto di Andrea Prencipe si fanno i nomi dell’attuale prorettore Francesco Di Ciommo o del professor Giovanni Orsina. Ma alla fine potrebbe spuntare anche in questo caso una terza ipotesi ritenuta più valida sia dal punto di vista istituzionale sia accademico.
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