Il mandato di Carlo Bonomi in Confindustria rischia di toccare livelli sempre più bassi. Dopo le polemiche nei mesi scorsi sulla mancata nomina di presidente della Lega Serie A e poi dell’Università Luiss, incarichi su cui l’imprenditore lombardo aveva puntato, martedì scorso, durante il comitato di presidenza, Bonomi è stato questa volta contestato per il licenziamento del direttore generale, ovvero Francesca Mariotti. A sostituirla, stando a quanto apprende La Verità, sarà l’attuale direttore agli Affari Internazionali, l’ambasciatore Raffaele Langella: resterà in carica per un semestre e sarà semplicemente distaccato alla direzione generale. Per anni responsabile delle aree politiche fiscali di viale dell’Astronomia, integerrima sui conti, Mariotti aveva accettato l’incarico per spirito di servizio nel 2020. La decisione dell’altro giorno rischia di provocare un terremoto in viale dell’Astronomia, anche perché i direttori delle territoriali e delle categoriali dell’associazione di industriali sono già sul piede di guerra. E un seminario che avrebbe dovuto svolgersi questo fine settimana a Palermo è stato annullato. Giovedì, infatti, al Grand Hotel et des Palmes era attesa appunto l’apertura dei lavori del 49° Seminario Residenziale dei Direttori del Sistema, con intervento del direttore generale Mariotti. Si sarebbe conclusa domenica, tra visite al Palermo Marina Yachting e grand buffet serali a base di arancini, ma è saltato tutto. C’è da dire che in questi 3 anni non erano mai stati segnalati particolari problemi, se non qualche attrito tra l’ormai ex direttore generale con il numero uno della comunicazione di Confindustria Alessia Magistroni. Gli attriti devono essersi fatti molto insistenti negli ultimi tempi, perché sarebbe stata proprio una mancata buonuscita alla Magistroni ad aver fatto esplodere la polemica tra Bonomi e la Mariotti, con l’allontanamento di quest’ultima. Ma andiamo con ordine. A quanto si spiega tra i corridoi di viale dell’Astronomia, Magistroni, ex responsabile marketing della Pirelli (azienda da dove arriva anche Antonio Calabrò uno dei consiglieri informali più ascoltati da Bonomi) aveva deciso di seguire Bonomi in Confindustria. Da lì erano nate le prime incomprensioni con la direzione generale. Nell’ultimo anno, però, la situazione è andata via via peggiorando, tanto che alla fine la comunicazione confindustriale era stata appaltata alla struttura media relation e della Magistroni si erano perse le tracce: avrebbe lasciato Roma e sarebbe tornata a Milano. Secondo i soliti ben informati, Bonomi le aveva offerto un ruolo prima in Lega Calcio e poi da direttore generale nella Luiss. Purtroppo, in entrambi casi, le promesse si sono rivelate difficili da mantenere, in particolare sull’ateneo confindustriale, dove l’imprenditore lombardo stenta a toccare palla. Così, vista l’impossibilità di trovare un nuovo incarico sia in Luiss sia in Assolombarda (dove il presidente Alessandro Spada è in scadenza e dove regna la massima incertezza sul futuro), Magistroni avrebbe chiesto di andarsene con una liquidazione adeguata. A quel punto Mariotti si sarebbe messa di traverso, facendo infuriare Bonomi. Per il presidente in scadenza non sono giornate semplici. Nelle scorse settimane è stato nominato come presidente della Luiss l’ex numero uno di Tim Luigi Gubitosi, anche se quel posto da tradizione va assegnato agli ex presidenti di Confindustria. Bonomi, non avendo la laurea, non ha potuto ottenerlo. Così, dopo le prime nomine, sta aspettando di poter essere ripescato almeno come vicedirettore esecutivo. Lo screzio attorno alla Magistroni, però, non fa ben sperare. Perché vuol dire che se Bonomi riuscirà a ottenere un ruolo nell’università di Confindustria, di sicuro non avrà deleghe pesanti.
Entra nel vivo la partita per il rinnovo dei vertici dell’Università Luiss Guido Carli, l’ateneo di Confindustria che la prossima settimana dovrà indicare il nuovo presidente. Venerdì durante il comitato di presidenza non si è trovata la quadra sui chi sarà il successore di Vincenzo Boccia. C’è chi ha dato un’indicazione chiara al presidente Carlo Bonomi, insistendo sul fatto che deve essere nominato un ex presidente di Confindustria. Almeno questa sarebbe l’indicazione data dai vice, la sua squadra. Bonomi invece avrebbe chiesto una sorta di delega in bianco.
Prima avrebbe sondato Antonio D’Amato, che fu già presidente della Luiss dal 2001 al 2004. Del resto, aprire le porte ad altre personalità, creerebbe non pochi problemi soprattutto in futuro, rompendo una tradizione che dura ormai da trent’anni, quando nel 1993 Luigi Abete prese il posto dello storico economista Guido Carli, che dà anche il nome all’ateneo. D’Amato non avrebbe dato disponibilità e quindi Bonomi si sarebbe convinto a candidare Giovanni Baroni, attuale presidente della piccola industria, voluto proprio da Bonomi nella sua squadra nel 2021 al posto di Carlo Robiglio. Un inserimento che spaccò già ai tempi gli equilibri di Viale dell’Astronomia tanto che il voto pro Baroni si materializzò solo alla terza tornata nonostante fosse rimasto l’unico candidato. Un storia insomma che lo porta a essere il candidato ideale per Bonomi. Anche perché a quanto pare il numero uno di Confindustria non avrebbe ancora abbandonato l’ipotesi di diventare presidente. Il prossimo presidente della Luiss potrebbe essere solo un traghettatore, dal momento che nei prossimi mesi potrebbe arrivare un decreto da parte del governo per consentire a Bonomi di arrivare alla poltrona tanto agognata. La vicenda è spinosa, anche perché come richiede il rituale confindustriale il nuovo presidente dell’università dovrebbe essere appunto Bonomi, attuale numero uno in viale dell’Astronomia in scadenza il prossimo anno. Come noto l’imprenditore lombardo non può avere quell’incarico: gli manca la laurea. Così nelle ultime settimane Bonomi ha anche sondato il ministero competente, il Mur di Anna Maria Bernini, per ottenere un parere favorevole che però non è mai arrivato. Così come c’è stato anche un sondaggio con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni per cercare di trovare una soluzione. Di sicuro la prossima settimana l’imprenditore lombardo punterà a diventare almeno vicepresidente esecutivo, confidando in qualche delega pesante. Ma anche in questo caso il condizionale è d’obbligo. Perché il comitato di presidenza dell’università si sarebbe messo di nuovo di traverso, bloccando di fatto la possibilità per Bonomi di ottenere non più che un incarico da consigliere. In ogni caso se ne saprà di più domani, durante l’assemblea, quando sarà anche presentata la lista dei nuovi vertici come dei consiglieri. Di indiscrezioni non ne sono uscite negli ultimi giorni, anche perché a quanto pare non dovrebbero esserci grosse novità tra i nuovi consiglieri. Di sicuro resterà in carica Luigi Abete, ma ci sono buone possibilità che anche il resto dei consiglieri venga riconfermato. Di sicuro invece dovrà lasciare il posto Giuseppe Cornet Bourlot, rappresentante del governo, eletto quindi ai tempi del governo giallorosso di Giuseppe Conte: Bourlot è stato uno dei finanziatori della campagna elettorale di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma. L’indicazione dovrà arrivare dal ministro Bernini. Domani all’assemblea ci sarà la lista del cda targata Bonomi, oltre a Baroni, altri collaboratori ma nessun nome di spicco. Chiusa la partita della governance bisognerà ragionare sul nuovo direttore generale, a quanto pare Giovanni Lo Storto è in uscita, mentre c’è incertezza sul prossimo rettore. Per il posto di Andrea Prencipe si fanno i nomi dell’attuale prorettore Francesco Di Ciommo o del professor Giovanni Orsina. Ma alla fine potrebbe spuntare anche in questo caso una terza ipotesi ritenuta più valida sia dal punto di vista istituzionale sia accademico.
C’è un uomo che si aggira per i corridoi di viale dell’Astronomia, sede di Confindustria a Roma. È Carlo Bonomi, il numero uno dell’associazione degli industriali, impegnato da ormai diverse settimane a progettare il suo futuro, lontano da Confindustria. L’obiettivo è seguire le orme dei suoi predecessori, i cosiddetti past president (ora infatti c’è Vincenzo Boccia), provando in tutti i modi a diventare presidente della Luiss, dopo la scadenza del suo attuale mandato, nel 2024. Ma il ragionier Bonomi non può farlo, perché non è laureato. E anche per un ateneo privato come quello confindustriale c’è bisogno di quel pezzo di carta.
Il tempo stringe, è previsto per il 5 ottobre il Consiglio della fondazione e poi il 7 ci sarà l’assemblea per indicare i nuovi vertici. Si sta cercando una via d’uscita per l’imprenditore lombardo, che durante l’estate era arrivato a chiedere anche un parere al ministero dell’Università di Anna Maria Bernini. Ma di risposte non ne sono arrivate. Così, a quanto apprende La Verità, Bonomi è stato costretto a fare un passo ancora più grande, chiedendo direttamente al governo di Giorgia Meloni di esprimersi in merito a una situazione sempre più ingarbugliata. L’idea, a quanto pare, è che, tramite un decreto o un parere legislativo, si possa superare lo scoglio della la laurea.
Da tempo nell’associazione di industriali c’è chi sta cercando di trovare un escamotage per permettere a Bonomi di avere quel «cuscino» di potere di cui hanno beneficiato tutto gli ex presidenti di Confindustria. In viale dell’Astronomia la presidenza Luiss è stata anche soprannominata «il reddito di cittadinanza confindustriale», sussidio che spetta a chi si è sobbarcato i 4 anni di mandato a capo dell’associazione. Il presidente della Luiss, infatti, oltre allo stipendio ha diritto a un appartamento a Roma, a una segretaria e anche a una macchina con l’autista. Ma più passa il tempo più diminuiscono le possibilità di vederlo su quella poltrona. Si vocifera che Bonomi potrebbe accontentarsi anche della viceprecedenza o gli basterebbe di diventare consigliere delegato. Ma anche su questo piano sembrano esserci alcune resistenze dentro Confindustria. Come aveva spiegato La Verità, l’ex numero uno di Bnl, Luigi Abete, consigliere dell’ateneo, sta portando avanti il piano di nominare Maurizio Stirpe come presidente, con Bonomi come vice. Ma Stirpe è in corsa per la presidenza di Confindustria. Così c’è chi ha storto il naso e ha chiesto che a diventare presidente della Luiss sia comunque un ex numero uno di viale dell Astronomia. Si era parlato anche della possibilità di prorogare Boccia, ma non è ancora stata presa alcuna decisione.
La vicenda sta avendo ripercussioni sulla campagna elettorale per il nuovo numero uno degli industriali italiani. Si cerca una figura forte per rilanciare l’associazione, ma fino a questo momento i profili che sono emersi sono tutti fiacchi. A quanto pare, i veri candidati che potrebbero gareggiare per il posto di Bonomi sarebbero tre. Sono Alberto Marenghi, Emanuele Orsini e Antonio Gozzi.
Secondo lo statuto di Confindustria, bisogna sempre ricordare che il presidente viene nominato e non deve autocandidarsi. Anche per questo sono in pochi quelli che decidono di presentarsi per poi rischiare di essere esclusi della corsa finale. Per vincere serve l’appoggio della propria categoria, territoriale e regionale. È evidente che se un candidato lombardo va forte a Como non vuol dire che sia apprezzato anche a Mantova e così via. C’è ancora tempo per questi calcoli, ma nel frattempo va trovato un posto per Bonomi.





