
Il ministro M5s annuncia novità di facciata e dice no allo scioglimento del Csm. Uno schema che per Matteo Salvini porterebbe a «una Repubblica fondata sulle correnti». Avvertimento di Luca Palamara: «Non operavo da solo».Tra il «fare» e il «fare finta» il confine è sottile, e anche stavolta rischia di essere rapidamente oltrepassato: sia nella reazione istituzionale allo scandalo delle chat svelato dalla Verità, sia nella risposta normativa in cantiere. L'altra sera Luca Palamara si è presentato in tv dopo molto tempo, ospite di Non è l'Arena su La 7. Primo obiettivo: lasciare a verbale le sue scuse verso Matteo Salvini («Ho usato un'espressione impropria, non volevo offenderlo») e fare qualche ammissione sul reale stato delle cose («Il sistema premia chi appartiene alle correnti, e negare che le correnti rappresentino una scorciatoia significa negare la realtà»). Ma forse c'era anche un secondo obiettivo: certificare che l'ex presidente dell'Anm non intende offrirsi come agnello sacrificale. Messaggio che Palamara ha probabilmente inteso recapitare ai suoi colleghi: «Facevo parte di un organo collegiale composto da 27 persone. Ipotizzare che sia solo io a far convergere tutte le situazioni dà una falsa rappresentazione della realtà». E Salvini? Il leader leghista non si è fatto incantare. Sui social, ha postato il video delle scuse di Palamara con questo commento: «Surreale. Lascio giudicare a voi. Ma, al di là delle parole di scusa, con cui faccio poco, servono i fatti, un'azione forte di riforma vera». E qui Salvini ha pubblicato un documento che sintetizza i punti su cui intervenire secondo la Lega, che ha anche chiesto «l'azzeramento delle nomine fatte negli ultimi due anni»: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, due distinti Csm, meccanismi di premi e sanzioni in base alla produttività (anche per gli emolumenti dei magistrati), priorità nell'esercizio dell'azione penale definite dal Parlamento. Risposte effettivamente forti, molto lontane dai tenuissimi obiettivi dello schema di riforma in via di predisposizione da parte di Alfonso Bonafede. E proprio qui si entra nel territorio del «fare finta».Si rischia di «fare finta» rispetto ai tempi, perché, se è vero che già questa settimana il Cdm potrebbe esaminare la bozza di disegno di legge, è altrettanto vero che il cammino parlamentare di un ddl così complesso può durare ben più di un anno. Il giochino mediatico è ben noto: confidando nella confusione tra leggi e decreti, i media amici del governo titoleranno: «Varato il ddl governativo», come se le novità fossero già acquisite. Ma, non trattandosi di un decreto (impensabile in questa materia), si tratterà solo della presentazione alle Camere di una proposta di legge, il primissimo passo di un iter defatigante (e da ottobre saremo in sessione di bilancio, con il Parlamento bloccato su altro). E si rischia di «fare finta» anche rispetto ai contenuti, perché lo schema di Bonafede elude i nodi veri. Ci sarà una stretta rispetto alle cosiddette «porte girevoli» tra magistratura e politica; uno stop temporale (per chi sia stato collocato fuori ruolo o sia stato membro del Csm) prima di poter assumere incarichi direttivi (procuratore capo o aggiunto, eccetera); modifiche di dettaglio sul funzionamento della commissione del Csm che si occupa di sanzionare i magistrati (attenzione, però: se ne vorrebbero pure aumentare i membri); una riduzione (da quattro a due) delle volte in cui si può passare da pm a giudice e viceversa; e infine il grande specchietto per le allodole, e cioè una modifica del sistema elettorale del Csm con tanto di preferenze di genere. Sia detto con rispetto: fuffa mediatica. Addirittura, rischia di esserci un aspetto peggiorativo rispetto allo status quo, con il venir meno del meccanismo per cui i pm eleggevano i pm, e i giudici i giudici. Facendo saltare perfino questa simbolica distinzione, l'omogeneizzazione tra accusa e giudice terzo diventerà totale. Non a caso gli avvocati penalisti guidati dal presidente Giandomenico Caiazza puntano il dito proprio sull'egemonia dei pm: «Sappiamo tutti quale immenso, anomalo potere abbiano raggiunto nel nostro Paese gli uffici di Procura; quanto l'apertura di una indagine, la semplice iscrizione nel registro degli indagati, una richiesta di misura cautelare bastino di per sé sole a determinare le sorti della vita istituzionale, politica ed economica del Paese». Eppure, intervistato su La Stampa, Bonafede difende tutto: «Da noi la figura dell'accusatore non esiste. L'ordinamento prevede la figura del magistrato, il cui ruolo è terzo. Ecco perché sono contrario alla separazione delle carriere». Quindi, lo slogan: «Alzeremo un muro tra politica e magistratura». Ma il muro si rivela di cartapesta, quando Bonafede risponde con un secco «sì» alla domanda se si fidi di questo Csm, quando dice «no» allo scioglimento, e quando ammette che «tra una cosa e l'altra» ci vorrà «circa un anno» perché le nuove regole entrino in vigore. Uno schema che Salvini ha definito «folle» perché trasformerebbe l'Italia in una «Repubblica giudiziaria fondata sulle correnti della magistratura».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





