2024-01-11
Ora Bonaccini toglie le case popolari agli emiliani per darle agli immigrati
Riscritti i criteri per l’assegnazione degli alloggi della Regione targata Pd: vale l’indice di povertà, essere italiani non conta.Come regalare le case popolari ai migranti. Come trasformare i borghi dell’Emilia-Romagna in quartieri dormitorio, spersonalizzati ma molto globalisti, secondo i meravigliosi dogmi del progressismo planetario. È l’ultima trovata di Stefano Bonaccini a caccia di consensi dentro il direttivo woke del Nazareno per meritare un’eventuale candidatura alle Europee. Per accedere alle abitazioni pubbliche saranno vincenti due requisiti: l’indice di povertà e non essere nati o residenti da tempo sul territorio regionale. Dove quel paradossale «non», che vorrebbe eliminare favoritismi, in realtà spazza via in un colpo solo la cittadinanza, l’italianità, l’attività lavorativa, le radici, la storia. Strike.La Regione a trazione Pd ha deciso di bypassare la norma in vigore perché sembrava brutto concedere un «vantaggio» alle famiglie locali in difficoltà a scapito di libici, tunisini, pachistani in arrivo da Lampedusa, forse più poveri ma certamente con una percentuale di italianità più bassa rispetto ai residenti. Così il Bruce Willis di Campogalliano - già segnalatosi per eccentricità sull’argomento quando propose di regalare agli immigrati le ville confiscate ai boss mafiosi - ha deciso il colpo di spugna, scavalcando i sindaci quotidianamente in prima linea. Forse anche per non essere secondo a Giuseppe Sala, borgomastro di Milano, dove due alloggi su tre sono assegnati agli stranieri, senza contare quelli occupati sfondando le porte in piena autonomia da conquista. La giunta dell’Emilia-Romagna ha approvato la delibera che cancella i requisiti «della residenza o dell’attività lavorativa da almeno tre anni per avere punteggi aggiuntivi in graduatoria»; ora il provvedimento dovrà passare in Commissione e poi in Aula. La maggioranza in Regione è contenta, l’assessore alle Pari opportunità Barbara Lori spiega che «siamo giunti a regole uniformi per assicurare il diritto alla casa e superare alcune diseguaglianze che non hanno ragione di essere». I Comuni dovranno adeguarsi, ma è prevedibile che lo faranno con una certa pigrizia, soprattutto Ferrara, Modena, Reggio Emilia, dove a giugno votano soprattutto gli italiani. La follia sul destino delle 56.218 case popolari in Emilia-Romagna (18.000 solo a Bologna) ha un risvolto politico evidente: i due parametri premiali in via di cancellazione costituiscono l’unico ombrello protettivo per i meno abbienti italiani, con il rischio di scatenare una guerra fra poveri in una società dove il costo delle abitazioni è sempre più proibitivo. Ma c’è di più. Gli stessi stranieri di prima generazione scoprono che l’integrazione nella comunità, la ricerca di lavoro, la fatica di salire la scala sociale non hanno più valore, non garantiscono più alcun vantaggio nell’attribuzione della casa.È curioso notare come, con il cambiare dei tempi e dei segretari a Roma, cambi anche il pensiero di Bonaccini su un tema così delicato come le case popolari. Nove anni fa, fu lui a sponsorizzare l’introduzione dell’obbligo dei tre anni di residenza per accedere alle graduatorie Erp (edilizia residenziale pubblica). Allora diceva: «È una buona legge, in diversi Comuni questi criteri sono già previsti. Non stiamo inseguendo la Lega, andremo avanti perché con questa legge facciamo una cosa utile e giusta per i cittadini di questa regione». O sbagliava allora, al tempo di Matteo Renzi a cavallo, o sbaglia adesso.La decisione ha scatenato prevedibili polemiche e, poiché l’iter legislativo non è concluso, sembrano ancora possibili le sorprese. Anche perché i sindaci del Pd sono contrari alla cooptazione come gli altri. Sottolinea Marta Evangelisti, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione: «Eliminare la residenzialità storica e l’autonomia comunale nello stabilire criteri premianti è inaccettabile. Ci chiediamo cosa ne pensino i Comuni anche di centrosinistra, che di punto in bianco si vedranno privati dell’autonomia determinante per poter assegnare alloggi a famiglie che da troppi anni sono in lista d’attesa. Di cosa ha paura questa giunta? Quali forze politiche della coalizione deve accontentare? Questa è una scelta che provocherà solo danni».Sulla stessa lunghezza d’onda è la Lega. Il consigliere regionale Fabio Bergamini promette battaglia: «Alla faccia del decentramento amministrativo e dell’autonomia decisionale dei sindaci. Questa è una scelta miope e sbagliata, che rimarca come le politiche della sinistra siano sempre e solo volte a tutelare gli immigrati anche nei momenti di maggiore difficoltà economica del Paese. Noi combatteremo in Assemblea legislativa fin da subito per impedire questa follia. Facciamo appello anche alle forze civiche perché riflettano sul danno che una decisione del genere porterebbe a migliaia di emiliano-romagnoli, già oggi e guardando al futuro».A nessuno sfuggono le conseguenze vessatorie di una simile scelta politica. Le sintetizza Matteo Di Benedetto, capogruppo della Lega a Bologna: «È sbagliato togliere la premialità per chi ha vissuto a lungo sul nostro territorio e ha contribuito con il lavoro e le tasse a far crescere la comunità. Se poi il criterio della necessità economica fosse l’unico e preminente, allora sarebbe rotto ogni argine e avremmo la fila di persone che, a danno di chi ha lavorato e sudato qui, arrivano da mezzo mondo per avere gratuitamente la casa in Emilia-Romagna». Con una postilla finale al curaro: «Se il Pd è convinto della bontà della proposta, perché non la inserisce nel programma elettorale delle prossime regionali?».
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