2020-11-12
Bollettini di guerra e il solito Burioni. Il partito del lockdown semina paura
Il racconto dei media evoca il Vietnam e il Niguarda sembra Gaza. Il panico genera code ai pronto soccorso. Mentre il San Raffaele è costretto a smentire la star dei virologi. Gerry Scotti: «Mai stato in rianimazione».Apocalipse Now. Mancano solo gli elicotteri nel Vietnam quotidiano descritto dai media, interpreti con alcuni medici da prima pagina della grande tragedia collettiva. Quella che porta cittadini terrorizzati a intasare i pronto soccorso ai primi sintomi di raffreddore, quella che scompagina vite e speranze di chi accende la tv. La paura non riduce i pericoli del virus cinese ma li moltiplica. E conduce un Paese sull'orlo di una crisi di nervi là dove il governo degli Spaventati vuole condurlo. Alla gelata natalizia della grande zona rossa generale. Il partito del lockdown spinge sull'acceleratore, contenerlo è difficile. Ieri, a leggere il Corriere della Sera, l'ospedale Niguarda sembrava Gaza durante la seconda Intifada. «Con il casco o intubati, i reparti choc di Milano: come al fronte» è il titolo rassicurante, «perché il clima rispetto a marzo è cambiato in peggio». Hanno anche trovato un lanciarazzi sotto una sedia, la metafora bellica ha la sua sublimazione estrema. Poi scopri che i posti occupati in terapia intensiva sono 29 mentre nella maledetta primavera erano oltre 100, ma questo è un dettaglio. Conta la narrazione. E i medici? «Sono stremati».C'è da crederci e per capire il motivo bisogna spostarsi a Genova, ospedale San Martino, dove il primario del reparto malattie infettive Matteo Bassetti spiega: «È un problema di organizzazione, quella non pianificata dal Comitato tecnico scientifico. Molti hanno realmente bisogno del ricovero, ma ci sono altrettanti pazienti che se avessero avuto supporto in casa, se avessero avuto medici preparati che li andavano a visitare e li tenevano collegati agli ospedali, si sarebbero fatti curare a domicilio. Chi parla nel Cts non è nei reparti, non è al pronto soccorso. Lo dico da quattro mesi: i criteri di ospedalizzazione andavano condivisi con le Regioni e il territorio».Impossibile rimanere a casa dopo aver ascoltato i bollettini di guerra televisivi. E allora la marea impaurita arriva ai pronto soccorso, dove il contagio è più facile. Un corto circuito pazzesco che moltiplica i numeri e il terrore. Così il fronte allarmista ha buon gioco nel chiedere di staccare ancora una volta la spina al Paese. Per farlo non c'è neppure bisogno di andare in Parlamento. Ieri in Senato, per il dibattito sul Covid, non c'era nessuno; è la terza Camera - quella mediatica - a decidere. Intendiamoci, questo non significa che il virus non sia feroce. Anche se la curva tende ad appiattirsi, i contagi hanno numeri importanti e le strutture ospedaliere sono sotto pressione. Ma evocare scenari di guerra è autolesionistico e fuorviante.Ieri è accaduto qualcosa di inedito: l'ospedale San Raffaele è stato costretto a smentire un suo docente universitario, la superstar Roberto Burioni. Il virologo cotonato aveva scritto sui social: «Alcuni dicono che i pronto soccorso sono affollati da persone in preda al panico, e può essere vero. Ma quelle centinaia di persone che ogni giorno finiscono al cimitero sono spinte dal panico? Basta bugie». Semplicistico, un incendio nella prateria. Così la corazzata della sanità è stata costretta a precisare: «In merito al tweet del professor Burioni, l'ospedale si discosta dal suo pensiero in quanto le sue considerazioni sono del tutto infondate. Lui non è a conoscenza della realtà clinica che si vive nei pronto soccorso e nei reparti Covid». Infondato e affondato. Ai margini della polemica si scopre qualcosa di curioso ed educativo: il San Raffaele da tempo aveva raccomandato per iscritto alle sue eccellenze (quindi anche ad Alberto Zangrillo e a Fabrizio Pregliasco) di attenersi a un codice di comportamento per non alimentare il panico, aggiungendo di ricordare «che ogni giorno in Italia continuano a esserci 650 decessi per infarto e 450 per tumori. Fate sempre riferimento alla situazione clinica che avete sotto gli occhi, in questo non sarete messi in difficoltà». Insomma, piedi per terra, equilibrio. Un atteggiamento responsabile che in una fase così caotica e terrorizzante dovrebbe essere adottato anche nelle redazioni. Dove guerre, stragi, flagelli, trincee contribuiscono a cavalcare la paura senza risolvere nulla.Il partito del lockdown è fondato da Dario Franceschini e Roberto Speranza, affiancati da Walter Ricciardi, con vasta rappresentanza piddina e totale appiattimento sindacale. Anche l'Ordine dei medici è entrato a farne parte e il premier, Giuseppe Conte, vacilla. Una forza d'urto notevole che porta a distorsioni imbarazzanti. Da mesi Gianluigi Spata, presidente dell'Ordine lombardo, invece di essere un fattore positivo combatte una guerra privata con la Regione contestando regolarmente ogni decisione con lettere di fuoco. Secondo lui sono tutti incapaci, tranne lui. È noto per avere usato per primo l'aulica definizione: «Noi medici, militari senza pallottole».L'oltranzismo sanitario crea surreali corto circuiti, come quello di Como. Claudio Zanon, direttore in scadenza di mandato (non rinnovato) dell'ospedale privato Valduce, ha tuonato: «Noi come Bergamo nella prima ondata, la situazione è al limite del collasso». Immediatamente contraddetto da Fabio Banfi, direttore dell'ospedale pubblico Sant'Anna: «Noi non siamo al collasso, garantiamo cura e assistenza ai pazienti. La situazione è già difficile e non abbiamo bisogno di allarmismi». Un sonoro schiaffo all'estetica da marines che fa correre rischi a tutti. Ieri Gerry Scotti è stato costretto a smentire giornali e siti: «Ho contratto il virus ma non sono mai stato in terapia intensiva». Quando slittano le frizioni si finisce nei Burioni.
Jose Mourinho (Getty Images)