
Tramite una società esterna, il social dattiloscriveva gli audio fra persone, senza menzionarlo nella policy sull'uso dei dati.Tacete, Facebook vi ascolta! E come se non bastasse, registra e prende nota delle vostre conversazioni. La rivelazione targata Bloomberg è arrivata martedì in tarda serata e ha subito fatto il giro del mondo: secondo fonti vicine all'azienda, il gigante di Menlo Park ha reclutato centinaia di operatori esterni allo scopo di trascrivere le conversazioni degli utenti tramite Facebook messenger. Uno scoop che assomiglia più alla scoperta dell'acqua calda, dal momento che anche Google, Apple e Amazon in passato sono state «beccate» a svolgere esattamente la stessa pratica. Particolare inquietante non di poco conto: gli individui assunti per dattiloscrivere i dialoghi degli utenti non erano a conoscenza né del motivo della commessa, né tanto meno come quelle tracce fossero state ottenute. L'unica cosa che contava era che i contenuti dei file audio messi a disposizione dal fornitore fossero trascritti più fedelmente possibile. Oggi quegli stessi dipendenti hanno chiesto alla testata economica londinese di conservare l'anonimato per paura di perdere il proprio lavoro.Le giustificazioni da parte dei mandarini al servizio di Mark Zuckerberg sono arrivate in men che non si dica. Il lavoro degli operatori rappresentava una sorta di controllo qualità per verificare che l'intelligenza artificiale avesse interpretato correttamente i messaggi, e inoltre tutti gli utenti coinvolti avevano previamente concesso il consenso affinché le conversazioni fossero trascritte. «Proprio come Google e Apple», ha spiegato martedì l'azienda, «abbiamo sospeso la revisione umana delle tracce audio più di una settimana fa». Ci sarà da credergli? Certo, Zuckerberg non ci fa una gran bella figura, se pensiamo che solo ad aprile del 2018 il fondatore della piattaforma affermava tronfio davanti ai senatori americani: «Mi parlate di questa teoria cospirazionista secondo la quale ascoltiamo tutto ciò che passa dal microfono del telefono e lo utilizziamo per la pubblicità, ebbene noi non lo facciamo». La privacy policy di Facebook, sottolinea Bloomberg, afferma in maniera piuttosto generica che l'azienda raccoglie «i contenuti, le comunicazioni e le altre informazioni che fornisci quando usi i nostri prodotti» (compreso l'utilizzo dei messaggi) e tratta «automaticamente contenuti e comunicazioni che tu o altri fornite per analizzarne contesto e contenuti». Nessun riferimento, dunque, al trattamento dei dati audio, né all'eventuale revisione da parte di un team umano. Già ieri la commissione irlandese per la protezione dei dati personali (la filiale europea di Facebook ha infatti sede a Dublino) ha fatto sapere che è al lavoro per capire se ci sono state violazioni della privacy degli utenti.Una delle aziende utilizzate per il controllo delle conversazioni è l'americana TaskUs, gigante dell'outsourcing a stelle e strisce nei campi dell'intelligenza artificiale e del customer service. Sebbene costituisca uno dei suoi maggiori clienti, gli stessi impiegati non sono autorizzati a rivelare che lavorano per Facebook, il cui nome interno in codice è «Prism». TaskUs lavora con aziende del calibro di Tinder (app per gli incontri), Mailchimp (famoso gestore di newsletter) e Hootsuite (piattaforma per la gestione dei social network), e all'inizio dell'anno ha raggiunto il considerevole traguardo dei 15.000 dipendenti. Fondata da Bryce Maddock e Jaspar Weir (rispettivamente amministratore delegato e presidente) con un investimento di appena 20.000 dollari, oggi è valutata 500 milioni di dollari, e nell'ultimo anno ha fatto registrare una crescita dei ricavi del 120%. Dallo scandalo Cambridge Analytica in poi i guai non sembrano finire mai per Facebook. Tra i dossier più scottanti quelli relativi ai data breach. Prima a giugno del 2018, quando 14 milioni di iscritti hanno scoperto che i post pubblicati in gruppi privati formati da pochi utenti in realtà risultavano visibili a tutti; quindi a settembre dello stesso anno, con l'attacco a 50 milioni di account; infine nell'aprile del 2019, quando si è saputo che i dati relativi a 540 milioni di utenti (inclusi nomi utente e dettagli sui commenti e le reazioni ai post) ospitati su un server di Amazon sono rimasti esposti agli hacker. La notizia delle trascrizioni dei file audio arriva a poche settimane di distanza dalla notizia dell'intesa tra Facebook e la Federal trade commission, l'agenzia governativa responsabile della protezione dei consumatori e della lotta ai trust. Nello schema di accordo rientrano una multa per l'astronomica cifra di 5 miliardi di dollari, il divieto di utilizzare ai fini commerciali i numeri di telefono forniti dagli utenti per l'autenticazione a due fattori, l'obbligo per Facebook di compiere maggiori sforzi per la sicurezza delle password, l'impegno a raccogliere i consensi per il riconoscimento facciale, l'introduzione della figura del responsabile privacy per i prodotti e l'obbligo di rendere pubbliche tutte le violazioni di dati che coinvolgano 500 o più utenti. Molti analisti hanno criticato le decisioni della Ftc, giudicandole persino troppo tenere. Vedremo ora se l'ennesimo scandalo darà il via a un nuovo giro di vite per il gigante blu.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






