2022-01-20
Sui bimbi intubati storie horror e poche cifre
Per spingere i piccoli al vaccino i media alimentano una narrazione terrorizzante, ma senza riscontri reali: i minori ricoverati raramente finiscono in rianimazione e per lo più sono già fragili. Contati anche gli ospedalizzati per altri motivi con test positivo.Quando ancora potevano aggrapparsi alla menzogna del vaccino che limitava i contagi, il mantra era: «Vaccinate i bambini per proteggere i nonni». Ora, la propaganda si è ricalibrata sui toni terroristici: «Vaccinate i bambini per non farli finire in terapia intensiva». I due eterni moventi dell’azione umana: amore e paura. I minori passati da untori a vittime, grazie al consueto trucco dell’aneddotica: poche cifre, raffazzonate, confuse dalle cronache agghiaccianti, ancorché superficiali e autocontraddittorie.Fulgidi esempi li offre Il Messaggero. Da tre giorni, il quotidiano romano delizia le famiglie con messaggi apocalittici: «Il Covid morde i neonati», «Intubati già nella culla», «Troppi piccoli intubati». E vai con il viaggio orrorifico tra le corsie del Bambin Gesù e quelle del Gemelli. Nell’ospedale in cui la presidente, Mariella Enoc, organizzerebbe i «tour della morte» per ammonire i no vax, i ricoveri dei minori sono triplicati in due settimane. In realtà, di 67 piccoli pazienti, quelli in gravi condizioni sono cinque. Manco a dirlo, «tutti figli di mamme non vaccinate e positive». Nondimeno, sempre sul quotidiano della Capitale, il responsabile di Malattie infettive pediatriche al Gemelli, Piero Valentini, spiega che i nati da «donne che hanno avuto il Covid in gravidanza non s’infettano, una trasmissione intrauterina non c’è». Il contagio, quindi, avviene dopo il parto, per via aerea. D’altra parte, l’inoculazione non scherma dall’infezione: anzi, come ha illustrato al Tg5 Anna Teresa Palamara, dell’Iss, Omicron «sta colpendo soprattutto persone vaccinate con la terza dose». Alla puerpera non basta porgere il braccio per tutelare il nascituro; semmai, è in ostetricia che si devono limitare le possibilità di passaggio del virus da mamma a bimbo. Come scrisse John Adams, i fatti sono ostinati. Tant’è che si riaffacciano proprio dalle parole del pediatra Valentini. Il Messaggero afferma: «I neonati possono finire intubati». Lui risponde: «Assolutamente sì. Anche se bisogna capire per quale motivo sono intubati, se in virtù del Covid oppure se ci sono comorbidità», delle «condizioni di base che li predispongono alla fragilità. Oppure se un bambino ha una patologia metabolica o degenerativa». O, infine, se in rianimazione ci finisce un nato prematuro. La scoperta dell’acqua calda: nel mondo crudele, i brutti malacci colpiscono anche i bambini. E un bimbo malato, se contrae il Covid, rischia molto di più di un coetaneo sano. Ma basta, ciò, a giustificare la carica alla baionetta, pardon, alla siringa, rivolta a tutti i piccoli dai 5 anni in su e, presto, a quelli in fasce? Non è intellettualmente e scientificamente disonesto applicare, alla maggioranza dei ragazzini sani, lo stesso ragionamento che vale per la minoranza di quelli fragili? È perfettamente sensato inoculare questi ultimi; lo è altrettanto pensarci due volte, prima di somministrare il farmaco ai primi.Il prof Valentini, inoltre, conferma che nella popolazione pediatrica vige la stessa distorsione della quale si sta discutendo nel caso degli adulti: «Possono esserci soggetti che sono entrati in ospedale per traumi, per problematiche ortopediche e facendo gli esami sono risultati positivi». Ovvero, minori «che non hanno nessuna patologia correlata al Covid», «asintomatici». Poi, tra quelli con il Covid, «c’è chi si fa un quadro tutto sommato simil-influenzale», con disturbi «che si risolvono nel giro di pochi giorni»; e chi, appunto, «avendo situazioni di comborbidità o di predisposizione», finisce purtroppo in terapia intensiva. Pare di poterne dedurre che, quando si parla dei piccoli, è meglio adottare un duplice caveat: primo, perché molti degli ospedalizzati hanno altri problemi e sono semplicemente positivi al Sars-Cov-2; secondo, perché anche tra i ricoverati per Covid, alcuni stanno sostanzialmente bene. Anzi, viene il sospetto che una quota di loro finisca in corsia a causa di genitori comprensibilmente preoccupati, atterriti dalle campagne sulla pandemia che «morde i neonati». Pertanto, è cum grano salis che vanno presi i dati comunicati ieri da Agenas. La rete degli ospedali sentinella segnala, nella settimana 11-18 gennaio, un aumento del 27,5% dei ricoveri pediatrici: da 120 a 153, di cui però solo 10 in terapia intensiva. Circa il 61% dei degenti ha meno di 4 anni e, dunque, non è vaccinabile. Tuttavia, va ricordato che, nella fascia 5-11 anni, meno di un bimbo su quattro ha ricevuto una dose. Quindi, altresì i vaccinabili sono in larga parte scoperti, senza che questo, fortunatamente, stia provocando un’ecatombe. Peraltro, stando a un recente studio americano, Omicron è meno severa di Delta anche sugli under 5. E secondo l’ultimo report Iss, aggiornato al 3 gennaio, i contagiati da 0 a 19 anni sono in larghissima parte asintomatici, paucisintomatici, o lievemente sintomatici. Tra il 27 dicembre e il 9 gennaio, se ne sono infettati 340.005. Sapete quanti di costoro sono stati intubati? Quattordici. Cosa pensare, allora, del long Covid? Non sta falcidiando le giovani generazioni - non più delle chiusure, della Dad, della deprivazione della vita sociale e dell’ipocondria cui sono state condannate. Già la scorsa estate, un ampio studio britannico aveva ridimensionato l’allarme. Né la storia del solito Messaggero, sulla diciassettenne tormentata dal 2020 da astenia e tachicardia, rappresenta lo spot ideale per la baby vaccinazione: Carlotta si è da poco reinfettata nonostante due dosi di Pfizer. Potrebbe averla contagiata il fratello, che frequenta la palestra, ma è indiziata persino una festicciola tra liceali, cui «si accedeva tramite green pass». Quando si dice la «garanzia»…