2023-12-12
Quando Biffi diceva: «Gli sbarchi massicci faranno prosperare l’industria criminale»
Cardinale Giacomo Biffi (Ansa)
Nel 2000, alla Fondazione Migrantes, il cardinale avvertiva: «L’Italia non è una landa deserta, gli arrivi vanno selezionati».«L’Italia non è una landa deserta o semi disabitata». Quando si alzò a parlare alla Fondazione Migrantes, nessuno si aspettava che avrebbe tenuto un discorso epocale. Si schiarì la voce e continuò: «L’Italia non è senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza un’inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente». Era il 30 settembre 2000 e il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, stava per scattare la fotografia più lucida, emozionante e argomentata della questione suprema, quella dell’immigrazione indiscriminata. Indossava la stessa tonaca che 23 anni dopo veste i monsignori Erio Castellucci, Corrado Lorefice, il cardinale Matteo Zuppi. Non indossava gli stessi impalpabili pensieri prêt à porter.È giusto chiedersi, come ha fatto il direttore Maurizio Belpietro nell’edizione di ieri, perché la Chiesa che agli albori del terzo millennio criticava la fallimentare politica dei flussi aperti, oggi abbia sposato l’accoglienza diffusa dei clandestini. E lo abbia fatto in modo così ingenuamente acritico da affidare le offerte dei fedeli (si parla di oltre due milioni) a personaggi equivoci come Luca Casarini. «Perché alcuni alti prelati cavalcano la diversa sensibilità culturale di Papa Francesco, un po’ per comune sentire e molto per ottenere posti al sole», si sussurra in Vaticano. Ma anche per tutelare un business di enormi dimensioni che fa perno sulle Diocesi e sulle Caritas veicolando fiumi di denaro dallo Stato alle associazioni. E infine perché negli ultimi dieci anni, con la sempre più pesante crisi delle vocazioni, ad uscire dai seminari sono giovani sacerdoti più in sintonia con l’epopea guevarista di «Gesù primo comunista della Storia» che con la dottrina della Chiesa.Eppure aveva detto tutto il cardinal Biffi quel giorno di 23 anni fa, mentre il gotha dei Migrantes si avvitava sulle sedie per il fastidio, come colto da virus folgorante. «Bisogna dire che ogni auspicabile progetto di inserimento (degli immigrati) suppone ed esige che gli accessi siano vigilati e regolamentati. È tra l’altro davanti agli occhi di tutti che gli ingressi arbitrari - quando hanno fama di essere abbastanza agevolmente effettuabili - determinano fatalmente due conseguenze. Da un lato il dilatarsi incontrollato della miseria e della disperazione (con pericolose insorgenze di intolleranza e rifiuto), dall’altro il prosperare di un’industria criminale di sfruttamento di chi aspira a varcare clandestinamente i confini». Profetico.Dopo avere sottolineato la necessità di una seria regolamentazione (l’esatto opposto rispetto all’allegro girotondo attorno alla Mare Jonio), l’arcivescovo di Bologna pose l’attenzione sui diritti e sui doveri degli immigrati. «Ci dobbiamo augurare che il massiccio arrivo di stranieri sia disciplinato e guidato secondo progetti concreti e realistici di inserimento che mirino al vero bene di tutti, sia dei nuovi arrivati, sia delle nostre popolazioni». Per poi riassumere: «Tali progetti dovrebbero contemplare un lavoro regolarmente remunerato, alloggi dignitosi non gratuiti. Chi viene da noi deve sapere subito che gli sarà richiesto, come necessaria contropartita dell’ospitalità, il rispetto di tutte le norme di convivenza, comprese quelle fiscali. Diversamente non si farebbe che suscitare crisi di rigetto e l’insorgere di intolleranze razziali. Bisogna operare perché coloro che vengono a stabilirsi da noi si “inculturino” nella realtà spirituale, morale, giuridica del nostro Paese».Sta avvenendo l’esatto contrario. E dalle notizie uscite dall’inchiesta di Ragusa sembra che, oltre al progressismo mondialista e all’infantilismo culturale della società, anche la Chiesa contribuisca a soffiare sul fuoco. In quell’intervento il cardinale Biffi auspicava che lo Stato preferisse «in una prospettiva realistica le popolazioni cattoliche o almeno cristiane, alle quali l’inserimento risulta enormemente agevolato. Poi gli asiatici che hanno dimostrato di sapersi integrare con buona facilità […]. È evidente che il caso dei musulmani, i quali vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra umanità individuale e associata, vada trattato a parte».Una lezione saggia e modernissima che abbiamo dimenticato. Un grido d’allarme anche verso l’Europa «che o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la cultura del niente, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale». La cultura del niente, che papa Benedetto XVI avrebbe ripreso e rielaborato più volte. Sembra che Biffi, morto nel 2015, parli ai suoi colleghi di oggi, almeno a coloro che si confermano orgogliosi di alimentare il caos sociale affidandosi a un mangiapreti per pura ansia di distruzione. Lui non si sarebbe sentito «evangelizzato» da Casarini. Quella lezione fu applaudita anche da laici consapevoli, come il politologo Giovanni Sartori, che commentò citando Max Weber: «Ecco l’etica della responsabilità (una moralità che mette in conto le conseguenze delle nostre azioni) che vince sull’etica dei principii, nella quale la buona azione è tutto e il cattivo esito viene ignorato. Quest’ultima è pura, ma per ciò stesso ottusa e irresponsabile». Nel leggere le chat incriminate si nota un insolito e petulante esercizio di vanità. E il pensiero torna al finale di quel discorso lungimirante. «Il Signore ci chiederà conto della genuinità della nostra carità. E su questo noi siamo tenuti a rispondere non ad altri, ma solo a Lui». Men che meno all’oste dello Sbirro Morto.