
Il presidente alza i toni per nascondere le sue grane: il partito è spaccato e pure le minoranze (islamici su tutti) lo contestano.Che Joe Biden sia in difficoltà nella campagna per la riconferma, non è un mistero. A testimoniarlo ulteriormente sta il fatto che, di recente, ha accusato Donald Trump di riecheggiare «lo stesso identico linguaggio usato nella Germania nazista». Si tratta di una linea di attacco non esattamente nuova. Già ad agosto 2022, l’inquilino della Casa Bianca aveva bollato i sostenitori del suo principale rivale come dei «semi-fascisti». Insomma, Biden non sembra discostarsi troppo dalla strategia messa in campo dal Pd alle elezioni del 2022: cercare, cioè, di opporsi all’avanzata del centrodestra facendo quasi esclusivamente affidamento sulla retorica del «pericolo fascismo». Una linea, quella dei dem nostrani, che - alla prova delle urne - non si rivelò granché efficace. Possibile che Biden non trovi quindi nulla di meglio per attaccare Trump? Il presidente sta di fatto rispolverando la linea con cui vinse le elezioni nel 2020: demonizzare l’avversario, puntando tutto su una Santa Alleanza non poi così dissimile dall’Unione di Romano Prodi. Il nodo, per Biden, è che non è affatto detto che stavolta il gioco gli riesca. Eh sì, perché - rispetto al 2020 - gli elettori dovranno ora valutare il suo operato come inquilino della Casa Bianca. E, almeno al momento, i giudizi non sembrano lusinghieri. Al di là della questione dell’età avanzata, molti americani sono preoccupati per la gestione disastrosa dell’immigrazione clandestina. Inoltre, nonostante l’economia dia oggettivamente alcuni segni di significativa salute, gli effetti dell’inflazione - che fu assai alta nel 2022 e nei primi mesi del 2023 - continuano a farsi sentire. Infine, la crisi di Gaza ha acuito le spaccature in seno al Partito democratico: una parte consistente della sinistra dem è infatti su posizioni filopalestinesi e considera la linea di Biden troppo amichevole verso Israele. Addirittura i musulmani americani, che sono storicamente elettori dell’Asinello, hanno annunciato l’intenzione di boicottare la riconferma del presidente. Proprio ieri, quest’ultimo è stato contestato da fautori del cessate il fuoco, mentre parlava in una chiesa a Charleston. E qui arriviamo allo scoglio vero e proprio. Biden sta cercando di riesumare la strategia della Santa Alleanza non solo per accattivarsi il voto degli elettori indipendenti ma anche -se non soprattutto - per scongiurare defezioni a sinistra. È questo il terrore di Biden. Nel 2016, Hillary Clinton perse perché una manciata di elettori di Bernie Sanders votò per Trump negli Stati chiave. Uno scenario che l’attuale presidente è riuscito a evitare nel 2020, alimentando speranze nel mondo progressista a suon di promesse. Speranze che sono tuttavia andate deluse. L’ala radicale dell’Asinello non perdona a Biden le sue posizioni su immigrazione e politica estera. Non solo. Secondo un sondaggio della Suffolk University, quote crescenti di elettori ispanici e afroamericani starebbero abbandonando l’attuale presidente. Addirittura, Trump risulterebbe avanti di quattro punti nel voto dei giovani under 35 rispetto a Biden. Per di più, una rilevazione del Washington Post ha registrato che solo per il 62% degli americani l’elezione di Biden sarebbe legittima: un calo rispetto a dicembre 2021, quando era il 69% a esprimere questa opinione. A peggiorare la situazione ci ha pensato adesso il capo del Pentagono, Lloyd Austin, che si è ricoverato a Capodanno senza avvertire il presidente: un’opacità che ha messo la Casa Bianca in imbarazzo, suscitando - oltre agli strali dei repubblicani - anche dei malumori in casa dem. Insomma, il presidente deve arginare un rivale che, almeno per ora, gode di buone performance nei sondaggi e, al contempo, deve tenere unito un partito che rischia di sfaldarsi. È in quest’ottica che sta dunque puntando quasi tutte le sue carte sul «pericolo nazismo» e sulla democrazia da salvare. Tutto questo, anche se il procuratore speciale Jack Smith - che è stato nominato da un procuratore generale designato a sua volta da Biden stesso - non ha incriminato Trump per i due reati che, nel codice americano, identificano il golpismo: «insurrezione» e «seditious conspiracy». Forse non a caso, secondo il Washington Post, Barack Obama sta esprimendo dubbi sulla campagna di Biden. Dissidi che il team dello stesso Biden ha minimizzato ma che, di fatto, non sembra aver smentito. Come se non bastasse, The Hill ha riferito che vari parlamentari dem sono scettici su eventuali dibattiti televisivi tra il presidente e Trump, temendo che quest’ultimo possa avvantaggiarsene. Alla fine il rischio è duplice. Innanzitutto, ricorrere alla retorica del «pericolo nazismo» potrebbe innescare un effetto boomerang: gli elettori potrebbero infatti ritenere che si tratti dell’ultima carta disponibile nelle mani di un presidente elettoralmente disperato. In secondo luogo, un tale livello di delegittimazione negli Usa non si vedeva probabilmente dagli anni Cinquanta del XIX secolo: Biden associa Trump al nazismo, Trump non ha riconosciuto la vittoria di Biden del 2020, i dem hanno fatto altrettanto con quella di Trump nel 2016, parlando di una collusione russa mai provata. Il clima, insomma, è rovente. Trump ci sta mettendo indubbiamente del suo. Ma i dem non sono affatto da meno. Anzi.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






