2020-05-17
Biden ha un problema: gli elettori di Sanders
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Joe Biden e Bernie Sanders (Ansa)
A fotografare una situazione poco rassicurante per l'ex vicepresidente ci ha pensato un sondaggio di Usa Today dello scorso 29 aprile. Secondo la rilevazione, il 22% dei sostenitori del senatore socialista ha detto di non essere al momento intenzionato a votare per lui.Se vuole avere reali speranze di vincere le presidenziali di novembre, Joe Biden dovrebbe assicurarsi innanzitutto il compatto sostegno del Partito Democratico. Un sostegno che, ad oggi, l'ex vicepresidente stenta tuttavia a trovare. E' vero che, soprattutto a partire da marzo, ha visto progressivamente l'establishment dell'asinello riunirsi sotto il proprio vessillo. Così come è altrettanto vero che un simile risultato lo abbia raggiunto anche grazie all'occulta regìa di Barack Obama. Eppure l'ex vicepresidente continua ad avere un problema con gli elettori di Bernie Sanders: elettori che di fatto non si fidano di lui.Venerdì scorso, Jeff Weaver, uno dei principali strateghi del senatore del Vermont, ha scritto in un memorandum che Biden rischia seriamente di perdere a novembre, dal momento che "una parte significativa" dei sostenitori di Sanders risulta "attualmente poco favorevole e poco entusiasta" della sua candidatura. «Vi è una reale e urgente necessità di aiutare Biden a consolidare la propria posizione tra i sostenitori di Sanders», ha scritto Weaver. «Se tutta la base di Sanders votasse per Joe Biden a novembre, quest'ultimo potrebbe sconfiggere Trump e far riconquistare la Casa Bianca ai democratici. Ecco il problema: parti significative al momento non prevedono di farlo». Il campanello d'allarme è quindi abbastanza rilevante. E tutto questo, nonostante Sanders – ritiratosi dalle primarie democratiche ad aprile – avesse dato il proprio endorsement all'ex vicepresidente. Un endorsement che non ha tuttavia convinto considerevoli settori del suo storico elettorato, che continuano a vedere in Biden nulla più di un rappresentante dell'odiato establishment di Washington e Wall Street.Del resto, a fotografare una situazione poco rassicurante per l'ex vicepresidente ci ha pensato un sondaggio di Usa Today dello scorso 29 aprile. Secondo la rilevazione, il 22% dei sostenitori del senatore socialista ha detto di non essere al momento intenzionato a votare per Biden. In tutto questo, non va inoltre trascurato che il (probabile) candidato democratico riscontri una notevole difficoltà nell'accattivarsi le simpatie dei giovani: uno dei principali bacini elettorali di Sanders. Come recentemente riportato da The Hill, sondaggi condotti in aprile da YouGov e Quinnipiac mostrano che l'ex vicepresidente abbia perso circa 10 punti percentuali con gli elettori tra i 18 e i 29 anni. Si tratta di un problema non di poco conto. Anche perché, alle presidenziali del 2016, circa il 10% dei sandersiani in alcune aree strategiche (come Michigan e Pennsylvania) votarono alla fine per Donald Trump, consentendogli di arrivare alla Casa Bianca. Defezioni (anche modeste) da parte dei sostenitori del senatore socialista potrebbero quindi costare care a Biden. E' pur vero che, nell'ultimo mese, l'ex vicepresidente abbia cercato di fare qualche (timida) concessione politica alla sinistra. Ed è altrettanto vero che stanno iniziando a muoversi le task force congiunte per la stesura del programma. Il punto è che alle ali più dure dei sandersiani simili mosse rischiano di apparire soltanto come operazioni di maquillage. E ci vuole probabilmente ben altro per convincerle a sostenere un candidato come Biden. Senza poi trascurare che trovare un compromesso valido tra due programmi elettorali antitetici (si pensi solo alla questione sanitaria) potrebbe presto rivelarsi una mera utopia.Ricordiamoci del resto che, appena poche settimane fa, il mondo vicino al senatore socialista si sia irritato non poco per la cancellazione de facto delle primarie democratiche nello Stato di New York: primarie che sono state poi ripristinate da un giudice federale soltanto a inizio maggio. Certo: Biden non aveva responsabilità nell'abolizione delle consultazioni elettorali nel cosiddetto Empire State. Ciononostante molti elettori di Sanders videro – a torto o a ragione – quella mossa come uno stratagemma dell'establishment democratico per impedire al senatore di continuare a conquistare delegati in vista della convention estiva. E' del resto alla luce di queste dinamiche che Trump sta da tempo corteggiando gli elettori del senatore socialista, facendo leva soprattutto sul proprio classico messaggio elettorale antisistema. L'inquilino della Casa Bianca vuole infatti sottrarre voti preziosi a Biden, portando in secondo luogo la guerra all'interno della sua stessa compagine. In tal senso, il memorandum di Weaver suona come musica alle orecchie del presidente. Biden, di contro, con un "esercito" spaccato incontrerebbe seri problemi. Basta del resto vedere i precedenti storici: John McCain (repubblicano) nel 2008 e Hillary Clinton (democratica) nel 2016. Entrambi vinsero la nomination di partiti divisi ed entrambi vennero successivamente sconfitti alle presidenziali.A ben vedere, l'unico modo che Biden avrebbe per conquistare la Casa Bianca a novembre, pur non disponendo dell'appoggio compatto della sinistra, sarebbe quello di sottrarre elettori a Trump. Un obiettivo a cui l'ex vicepresidente sta puntando, visto che – appena venerdì scorso – ha annunciato di voler dare battaglia in Stati tendenzialmente repubblicani, come Arizona, Texas e Georgia. Vedremo se sarà in grado di rivelarsi competitivo in queste aree per lui difficili. Quel che è tuttavia certo al momento è che la guerra intestina al Partito Democratico prosegue. E, questo, nonostante l'iperattivismo di Barack Obama, che in seno all'asinello continua a svolgere un ruolo di primo piano. Quell'Obama che però proprio ai sandersiani piace fino a un certo punto, vista la sua trasformazione da outsider a perno del nuovo establishment.