2023-03-03
Biden alza la tensione con Pechino: sul tavolo sanzioni e missili a Taiwan
La Casa Bianca cerca sostegno nel G7 per punire il Dragone nel caso dovesse fornire armi alla Russia proprio mentre presenta una proposta per rafforzare Taipei. Breve colloquio fra Antony Blinken e Sergej Lavrov al G20.Si fa sempre più teso il clima tra Stati Uniti e Cina. Secondo la Reuters, Washington starebbe sondando il terreno per capire se i suoi alleati del G7 sosterranno eventuali sanzioni statunitensi al Dragone, qualora quest’ultimo dovesse fornire armamenti alla Russia. Era il mese scorso, quando il segretario di Stato americano, Antony Blinken, aveva dichiarato che Pechino stava considerando di inviare «supporto letale» in sostegno del Cremlino contro l’Ucraina. Nonostante le smentite cinesi, gli americani sembrano sempre più convinti di questo scenario. Nei giorni scorsi, il Wall Street Journal ha scritto che l’amministrazione Biden sta ipotizzando di pubblicare materiale di intelligence in grado di convalidare l’accusa. Poco dopo, il Washington Post ha riferito che il Dragone starebbe considerando l’invio di proiettili d’artiglieria a Mosca. È in questo quadro complessivo che gli Stati Uniti stanno rafforzando il loro sostegno a Taipei. Mercoledì, l’amministrazione Biden ha notificato al Congresso una proposta per vendere ulteriori armamenti all’isola: si tratta di un pacchetto da 619 milioni di dollari che, secondo la Cnn, includerebbe anche «centinaia di missili per aerei da combattimento F-16». D’altronde, appena pochi giorni prima, il direttore della Cia, William Burns, aveva riferito che la Repubblica popolare cinese sarebbe pronta a invadere militarmente Taiwan entro il 2027. A tal proposito, all’interno del Congresso si registra un consenso bipartisan sul dossier taiwanese: dossier che chiama in causa non solo l’influenza americana in Oriente ma anche la delicatissima partita dei semiconduttori. Non a caso, la scorsa estate, il Chips act è stato approvato al Congresso con un’ampia maggioranza. Parziale collaborazione si registra anche su TikTok. «Siamo preoccupati che la Cina sfrutti TikTok per raccogliere dati privati dei cittadini americani», ha detto l’altro ieri la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Più o meno in quelle stesse ore, la commissione Esteri della Camera approvava un disegno di legge volto ad aumentare i poteri del presidente statunitense per vietare l’app social cinese. È pur vero che i deputati dem non hanno votato a favore del provvedimento. Tuttavia, come suggerito mercoledì dal sito Axios, sembrerebbe che su TikTok stia emergendo una convergenza tra i repubblicani della Camera e la Casa Bianca. Da questo punto di vista, è significativo che, a margine del G20 di Nuova Delhi, Blinken abbia incontrato ieri l’omologo russo, Sergej Lavrov, e - almeno stando a quanto risultava ieri sera- non quello cinese, Qin Gang. Si è trattato di un faccia a faccia breve, in cui, oltre a parlare del rilascio di Paul Whelan da parte di Mosca e del trattato New start, il segretario di Stato americano ha chiesto «di mettere fine a questa aggressione ingiusta e lavorare a una pace durevole». Era dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina che Blinken e Lavrov non si incontravano personalmente. Insomma, sembra proprio che la questione cinese rappresenti uno dei pochissimi dossier rispetto a cui gli Stati Uniti si stanno compattando internamente al di là delle divisioni ideologiche. Un fattore, questo, di cui il governo italiano dovrà tenere conto quando sarà il momento di decidere se rinnovare o meno il controverso memorandum sulla Nuova via della seta. Fortunatamente non sembra che Giorgia Meloni sia granché intenzionata a salvare quell’accordo, principalmente frutto del Movimento 5 stelle e, andando più indietro, del governo guidato da Paolo Gentiloni. Alcuni segnali incoraggianti sono d’altronde già arrivati. A settembre, la Meloni si era schierata nettamente a favore di Taiwan, mentre il suo viaggio in India lascia chiaramente intendere la ricerca di una sponda che consenta un allentamento nei rapporti tra Roma e Pechino: Nuova Delhi fa d’altronde parte del Quad, che rappresenta uno dei pilastri della strategia statunitense per contenere il Dragone nell’Indo-Pacifico. Non rinnovare il memorandum è importante non solo per la nostra sicurezza nazionale (pensiamo soprattutto alle pericolose infiltrazioni portuali della Cina), ma anche alla luce dell’eventuale alleanza tra Ecr e Ppe in vista delle prossime elezioni europee. Un progetto, questo, di cui l’attuale governo italiano rappresenta il principale laboratorio politico. Un progetto che, ricordiamolo, è benedetto anche dall’establishment politico di Washington, non solo repubblicano. Anche le alte sfere dem auspicano infatti un blocco politico europeo saldamente atlantista in funzione antirussa e anticinese. Ragion per cui, ragionano Oltreatlantico, il Pse deve essere marginalizzato, proprio a causa dei suoi storici legami con Mosca, Teheran e soprattutto Pechino. Questo spiega anche perché il Pd si ritroverà internazionalmente più isolato dopo la vittoria di Elly Schlein: Washington è probabilmente preoccupata per le sue ambiguità sul conflitto ucraino e per il fatto che non sia lontana da figure fondamentalmente filocinesi, come Goffredo Bettini e Romano Prodi. Una situazione, questa, che può invece ulteriormente rafforzare le già solide credenziali atlantiste della Meloni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)