2021-04-22
Bianchi riporta la scuola indietro di un anno
Il titolare dell'Istruzione prometteva il ritorno in presenza per tutti. Lunedì, invece, in aula ci saranno solo sei studenti su dieci. Il ministro tergiversa pure per settembre: «Tempi della vita da ripensare». Intanto, classi pollaio e trasporti restano un'incognita«La scuola tornerà in presenza». Indispettito dalle solite mendacità giornalistiche, il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, il 4 marzo scorso scolpiva nella pietra poche ma incontrovertibili parole: tutti in classe, il prima possibile. Altro che Lucia Azzolina, suo martoriato precedessore. Bianchi, a dispetto di qualche sfondone grammaticale, nell'inevitabile confronto era destinato a sfavillare. Invece si rischiano le calende greche, pure stavolta. Il prossimo lunedì, a differenza di quanto promesso, torneranno in classe alle superiori solo sei studenti su dieci. E adesso, a chi gli domanda speranzoso almeno del rientro a settembre, il ministro sembra aggrapparsi a trascorsi e flemma prodiani: «Bisogna che tutti cominciamo a ripensare i tempi della nostra vita». Va bene, c'è il solito problemino con il congiuntivo: «comincino», signor ministro. Veniamo però al sodo, ammesso che esista. Bianchi suggerisce «nuovi «ritmi», più «umanamente sostenibili». Qualunque cosa voglia dire, la sintesi sembra la stessa di un anno fa: siamo ancora in mutande. Eppure l'ex rettore di Ferrara, due mesi fa, prometteva: «Faremo tesoro insieme dell'esperienza maturata durante il periodo della didattica a distanza». Intanto dirigenti scolastici, sindacati, e governatori si sono opposti al rientro in classe di tutti gli studenti delle superiori, ipotizzato lo scorso 16 aprile. I trasporti, attaccano, restano una pericolosissima incognita. I protocolli di sicurezza sono appena accennati. E il ministro, dopo aver promesso imminente e generalizzata frequenza, filosofeggia: «Bisogna ragionare ovunque su un'idea di mobilità più sostenibile. Ci sono, ad esempio, molte soluzioni di scuolabus che in tanti piccoli centri stanno funzionando bene». Peccato solo che la stragrande maggioranza degli italiani viva in città. Non è però l'unica ideuzza che frulla in mente a Bianchi: «La scuola deve usare tutti gli spazi, anche quelli all'aperto» suggerisce. Affascinato dalle lezioni en plein air di alcuni studenti spagnoli a Playa de los Nietos, il ministro pensa quindi a mutuare l'idea: lezioni in cortile. E se fa freddo, basta imbacuccarsi. Deflagrante pure l'idea di «ridurre la numerosità delle classi». Pressoché inedita, al pari di «garantire la sicurezza anche fuori dalle scuole». Il dibattito prosegue placidamente. Ma tutto parte da lì. Urge, per prima cosa, ripensare i tempi della propria vita. Con calma e approccio zen. All'insegna della sostenibilità. D'altronde, Bianchi l'ha ribadito ancora una volta ieri: «La scuola è stata sempre aperta. Anche nel momento più critico non ha mai chiuso i battenti». Certo, qualche milione di genitori ha avuto un impressione diversa. E autorevoli studi continuano a certificare che l'Italia è il paese europeo in cui gli istituti sono stati chiusi per più tempo durante la pandemia. Dev'essere un abbaglio generale. E comunque l'obiettivo, reitera il ministro, è assicurare la presenza a tutti i ragazzi delle superiori: «Stiamo ragionando con i territori per vedere come farlo». Meglio procedere con piedi di piombo. Nell'attesa che il ministro intervenga sui bus super affollati e le classi pollaio, i «territori» si adoperano. La Lombardia, ad esempio, annuncia che da maggio userà a scuola i test salivari molecolari. Così, perfino Azzolina adesso sbertuccia il suo successore: «Meno annunci e più tamponi». E pensare che, appena insediato, Bianchi non faceva altro che lodarla: «Il suo lavoro è stato massiccio e importante: ripartirò da lì». Del resto, era stato lei a chiamarlo alla guida di un comitato di esperti, con l'incarico di studiare la riapertura a settembre. Dell'anno scorso, però. «Io l'ho messo a capo della task force, ma sia chiaro: il nome di Bianchi era una proposta giunta dal mondo Pd» informa ora la pentastellata.Di sicuro, Bianchi vanta un'antica e solida amicizia con Prodi. Nel 1999 diventa responsabile del laboratorio di Politica industriale di Nomisma, centro studi fondato proprio dal «Professore» bolognese. Lo stesso anno l'allora premier, Massimo D'Alema, nomina il futuro ministro presidente di Sviluppo Italia, ovvero la futura Invitalia. Poi Bianchi è assessore all'Istruzione in Emilia-Romagna, per ben due mandati, sia durante la presidenza di Vasco Errani che quella di Stefano Bonaccini. Infine, l'approdo in Viale Trastevere: prima come superconsulente, poi da ministro. Il prescelto, va ricordato, si fa subito notare. Al termine della cerimonia del giuramento al Quirinale, i giornalisti assiepati gli domandano quando ha ricevuto la notizia del prestigioso incarico: «L'ho imparato ieri sera» informa Bianchi. Anche i bambini che avrebbe poi riconfinato nella didattica a distanza aggrottano la fronte: cioè? Il dubbio viene fugato dall'interessato: «È un'espressione tipica emiliana». Qualche dubbio solleva pure il successivo commento sulla squadra di governo: «Ho trovato bella gente, speriamo che faremo tutti bene». Noi invece, parafrasando quel celebre libro, speriamo che te la cavi.
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