2023-06-13
Televisione e calcio le sue passioni trasformate in trionfi
Con le reti private Silvio sfidò la Rai, scippandole tanti volti, e rivoluzionò il piccolo schermo. Alla guida del Milan riuscì a conquistare tutti i trofei.Un uomo innamorato della tv, dei suoi programmi, delle stelle da rubare alla concorrenza. E del calcio, visto che ogni tanto si vantava anche di fare le formazioni del Milan. Silvio Berlusconi ha impersonato come nessun altro il binomio calcio&tv, grazie a una passione incontenibile e a una lungimiranza imprenditoriale fuori dal comune. Com’è noto, specie dopo l’ingresso in politica, il Cavaliere ha spaccato in due l’Italia. Ma come imprenditore e uomo di sport ha messo a segno una serie di successi impressionante. E due domande possono riassumere tutto. Che cosa sarebbe stata la televisione solo con il monopolio Rai? E che cosa sarebbero stati la serie A e il calcio europeo senza il Milan di Arrigo Sacchi, Ruud Gullit e Marco Van Basten? Un fiuto implacabile è quello che porta Berlusconi, prima di allora costruttore rampante, a capire che la pubblicità e la televisione commerciale erano il futuro. Anche in un’Italia ingessata dai partiti e dalla Rai, costruita a loro immagine e somiglianza, c’erano ampi margini di crescita. Bastava sforzarsi di capire che cosa volevano i telespettatori e che c’era un forte bisogno di comunicazione di migliaia di imprese, prive di accesso alla pubblicità sui canali pubblici. Nel 1978, il Cavaliere tiene a battesimo Telemilano, avviata come tv via cavo di Milano 2, costruita da lui. L’anno seguente nascono Reteitalia, che compra e vende diritti tv, e Publitalia ’80, concessionaria di pubblicità. Nel 1980, Telemilano diventa Canale 5 e nel 1983 arriva Italia Uno. Nel 1984, l’acquisizione di Rete 4 da Edilio Rusconi, un editore con tutti i quarti di nobiltà che sulle tv rischiò l’osso del collo. Altri due anni fondamentali nella vita dell’impero di Cologno Monzese sono il 1996, quando Mediaset viene quotata in Borsa anche per ridurre un indebitamento giunto ai livelli di guardia, e il 2019, quando nasce Mfe (Media for Europe), con l’obiettivo di creare un colosso europeo della tv digitale gratuita, capace di competere con Netflix e Amazon Prime. Ma per capire il talento assoluto di Berlusconi uomo di tv bisogna tornare indietro. La prima Canale 5, per aggirare l’esclusiva sulla diretta che aveva la Rai, trasmetteva in tutta Italia attraverso videocassette e con programmi sfalsati di pochi minuti. Diciamolo, una furbata. Il 16 ottobre del 1984, tre pretori d’assalto mandano la Finanza nelle varie emittenti locali, sequestrano le cassette e sigillano i ponti radio. Per Berlusconi è uno spot. Milioni di telespettatori che già da mesi guardavano Dallas, Dinasty», i Puffi e Maurizio Costanzo restano a bocca asciutta. La violazione della libertà, codicilli a parte, è palese. Per non dire dello scontro sovietico tra pubblico e privato. Il governo di Bettino Craxi, buon amico di Berlusconi, fa subito un decreto che riaccende le tv oscurate. Poi, nel 1990, arriva la legge Mammì che sancisce il duopolio. Un giorno, era a ottobre del 1989, Berlusconi confessò a Repubblica: «La gente crede che io mi identifichi con le mie trasmissioni. Vi assicuro che non è così. Come spettatore mica le guardo tutte. Ma quelle nuove sì. D’altronde è il mio mestiere». Le guardava e le giudicava. E poi studiava i dati di ascolto. Grazie anche al fatto che era un seduttore formidabile, il Cavaliere scippò alla Rai personaggi come Mike Bongiorno, Corrado Mantoni, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Le sue reti, specie negli anni Ottanta e Novanta, tra un quiz e un gioco, hanno lanciato una processione di maggiorate, come si diceva una volta e come piaceva a lui. Ovviamente, specie dopo la nascita di Forza Italia, il Cavaliere è stato accusato dalla sinistra più bigotta di aver rimbambito l’Italia con i suoi programmi e di aver causato un generale aumento della volgarità. Può anche essere che sia andata così, anche se equivarrebbe a sostenere che milioni di elettori azzurri fossero dei bruti e dei rimbecilliti, ma va detto che la Rai ha fatto di tutto per inseguire le tv private anche sulla volgarità e sull’abbassamento del livello. A doppio taglio anche la questione dell’informazione. Per i detrattori del Cavaliere, i telegiornali di Mediaset, dopo aver appoggiato Mani Pulite, sarebbero stati asserviti militarmente all’impegno politico di Berlusconi. Il conflitto d’interessi c’era, ovviamente, al pari di tanti ottimi professionisti. Ma certo, com’era bello vivere senza la concorrenza e solo con i telegiornali Rai (uno sequestrato dalla Dc, uno dal Psi e uno dal Pci). Telegiornali di Stato, una dizione che dovrebbe far venire i brividi a chiunque. Se oggi Mfe è un gruppo da 5.000 dipendenti e 2,9 miliardi di fatturato, nel calcio parlano i risultati sportivi. Dal febbraio 1986 all’aprile 2017, il lungo regno di Silvio Berlusconi, il Milan vince otto scudetti, una Coppa Italia, sette Supercoppe italiane, cinque Champions League, due Coppe Intercontinentali, un Mondiale per club Fifa e 5 Supercoppe europee. I rossoneri di Gullit e Van Basten, Baresi e Maldini sono entrati nella leggenda non solo perché hanno vinto, ma per il bel gioco e la mentalità offensiva. Nel 2018, il Cavaliere si è poi concesso una nuova botta di gioventù con il Monza, portato in serie A con una promozione storica. Ma sarà sempre il presidente di un Milan leggendario. Nel 2004, all’inaugurazione di un padiglione dell’ospedale San Matteo di Pavia, gli scappò la verità: «Si parla del Milan di Sacchi, di Zaccheroni e di Ancelotti e non si parla mai del Milan di Berlusconi. Eppure sono io che da 18 anni faccio le formazioni, detto le regole e compero i giocatori. Sembra che io non esista». Anche oggi sembra che non esista, ma come ti giri in Italia c’è qualcosa di lui.
Jose Mourinho (Getty Images)