2022-08-14
Berlusconi detta l’agenda a destra: tutti allineati sul presidenzialismo
Silvio Berlusconi (Imagoeconomica)
Il Cavaliere se la prende con la sinistra: «Ha mistificato le mie parole sul Quirinale». E mentre Enrico Letta, Verdi e «terzo polo» continuano a sputare veleno, Giorgia Meloni e la Lega confermano la volontà di rivedere la Carta.«Ma quale preavviso di sfratto! Qui ormai viene distorto il significato delle parole! Si strumentalizza anche l’ovvio. Come possono verificare tutti ascoltando la mia intervista, non ho mai attaccato il presidente Sergio Mattarella, né mai ne ho chiesto le dimissioni». Amareggiato, Silvio Berlusconi scrive su Facebook dopo le polemiche per quella sua frase sul presidenzialismo («Se entrasse in vigore, Mattarella dovrebbe dimettersi») e si dice profondamente indignato «per la mistificazione in atto da parte della sinistra delle mie parole sul presidente. Evidentemente al Pd e al suo leader non rimangono altri mezzi che quello di falsificare la realtà». Non soltanto l’attacco al presidente, ma a sinistra e dintorni sono tutti lanciati nei retroscena più fantasiosi: Berlusconi vuole le dimissioni di Mattarella per andare lui al Colle. Anzi, esiste un accordo con la Meloni che prevede il leader di Fi al Quirinale a gestire la fase di transizione tra le dimissioni di Mattarella e l’elezione del nuovo presidente. «È palesemente assurdo imputarmi un atteggiamento ostile verso il presidente» aggiunge l’ex Cav, «al quale ho sempre manifestato, in pubblico e in privato, rispetto istituzionale e stima personale. Sarà lui il garante autorevole di un’ordinata transizione». Ai rappresentanti del centrosinistra non è parso vero approfittare dell’argomento per ritirare fuori la solita manfrina della «democrazia a rischio» additando Berlusconi come nemico delle istituzioni.Forse, come sostiene Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia, non c’è stato un attacco personale a Mattarella, ma «una grande ingenuità nel dire una cosa ovvia». Ovvia, ma soprattutto è un’idea contenuta nel programma elettorale condiviso da tutti i partiti del centrodestra: una riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente della Repubblica. E se il punto è condiviso, di fatto Berlusconi ha ripreso in mano l’agenda del centrodestra riportandolo all’attenzione dell’elettorato e degli alleati che, comunque, hanno fatto quadrato, da Ignazio La Russa, vicepresidente di FdI, a Roberto Calderoli della Lega nel sostenere la sua esternazione Ieri però è intervenuta anche la leader di FdI Giorgia Meloni per spiegare bene alla sinistra cosa significa presidenzialismo: «Negli ultimi 20 anni, in Italia, ci sono stati undici presidenti del Consiglio: un’instabilità che penalizza gli italiani e il nostro rapporto con gli altri Stati. Per la sinistra, però, il presidenzialismo è un problema, per alcuni addirittura un pericolo per la democrazia. Non ci stupiamo, visto che negli ultimi anni si sono sempre ritrovati sugli scranni del governo, anche senza legittimazione popolare. Fratelli d’Italia ritiene che gli italiani debbano avere il diritto di eleggere direttamente il Capo dello Stato e di scegliere da chi farsi governare, per porre fine ai giochi di Palazzo e per tornare protagonisti in Europa e nel mondo». Troppa democrazia per la sinistra tanto che ieri, Enrico Letta ha aperto la direzione nazionale ancora su questo tema dopo aver chiesto un «tributo» per il presidente della Repubblica: tutti in piedi ad applaudire al compagno di partito al Colle nel suo mandato bis. «Il fatto che il centrodestra inizi la sua campagna con un attacco a Mattarella e la richiesta di dimissioni dimostra che la destra è pericolosa per il Paese», ha ripetuto il segretario, per poi sottolineare che «è evidente, lo era sin dall’inizio che siamo di fronte a una scelta storica: o si sta dalla parte della difesa della nostra Costituzione o si sta dalla parte del suo stravolgimento». Non manca poi il solito concetto che soltanto gli italiani di sinistra capiscono e gli altri no: «La riforma del presidenzialismo che propone il centrodestra non va bene, il nostro Paese ha bisogno di un Parlamento che possa interpretare le anime del Paese». Non solo. Il numero uno del Nazareno ha ammesso di aver studiato di notte per scoprire che il primo a parlare di presidenzialismo non è stata la Meloni, «ma Giorgio Almirante nel congresso del Msi di Napoli». Non è mai troppo tardi, avrebbe detto il maestro Manzi, ma il paragone riaccende i soliti temi… Anche altri politici ieri hanno trovato tempo per sputare veleno. Il portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, ha detto che «l’attacco a Mattarella mostra il vero volto di quest’alleanza, ovvero quello dell’estrema destra. Si è superato ogni limite», senza considerare che nella coalizione non c’è niente di «estremo» e soprattutto, come spiegano da Forza Italia, «la riforma presuppone la vittoria del centrodestra alle elezioni, quindi una vittoria democratica e ampia. Nel rispetto, quindi, del dettato costituzionale e delle regole imposte dalla legge elettorale». Per il deputato dem Filippo Sensi, «Il presidenzialismo viene brandito come una clava. L’interesse personale e i sogni proibiti di Berlusconi davanti all’interesse del Paese» mentre Michele Anzaldi di Italia viva considera «Berlusconi come di un fattore di rischio per la stabilità» e la sua compagna di partito Maria Elena Boschi definisce la proposta di Berlusconi «fuori dal mondo». Per il dem Emanuele Fiano, «la destra prepara l’assalto per la conquista del potere assoluto», mentre Carlo Calenda entra in Azione sui social: «Berlusconi non può essere eletto. Non credo sia più in sé».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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