2024-05-24
Berlino, altro sgarbo a Washington. «Asset russi? Rispettiamo il diritto»
Il segretario Usa al Tesoro, Janet Yellen, preme per la soluzione più radicale, ma il governo tedesco frena: «Utilizziamo solo i profitti imprevisti, i beni della Banca centrale di Mosca non vanno toccati».Un nuovo fronte si apre nel confronto già in atto da anni tra Stati Uniti e Germania. A dividere i due Paesi, questa volta, è l’utilizzo dei 300 miliardi di asset finanziari russi congelati nelle banche dei Paesi appartenenti al G7 in risposta all’invasione dell’Ucraina.Una contesa, quella tra Washington e Berlino, strisciante e mai dichiarata esplicitamente, ma più calda che mai. Con il G7 finanziario in corso a Stresa, arriva anche la discussione sul destino della catasta di miliardi appartenenti alla Banca Centrale russa e giacente per tre quarti nelle banche europee. Gli Stati Uniti, con il segretario al Tesoro Janet Yellen, premono per un utilizzo pieno dei 300 miliardi russi congelati, ma la Germania frena. I negoziatori del G7 stanno discutendo da mesi su come trarre vantaggio dagli asset bloccati senza ledere gli accordi di diritto internazionale, ma la questione è delicatissima. «Il governo tedesco sta fornendo un sostegno costruttivo alle discussioni sul miglior uso possibile dei proventi dei beni russi congelati. È importante sottolineare che la soluzione deve avere la certezza del diritto», ha dichiarato ieri un portavoce del ministro tedesco dell’Economia, Christian Lindner. «L’Ue ha già compiuto un importante passo concreto in questo senso: ha adottato un meccanismo che consentirà di utilizzare i profitti imprevisti dei beni russi congelati per sostenere l’Ucraina, utilizzando una procedura che garantisce la certezza del diritto. Il modello dell’Ue ha il vantaggio di poter generare diversi miliardi di euro per la ricostruzione dell’Ucraina. Tuttavia, secondo questo modello, i beni della banca centrale russa non vengono toccati e ciò rispetta i principi fondamentali del diritto internazionale, come l’immunità dello Stato», ha poi concluso il portavoce di Berlino.Si tratta di precisazioni importanti, fatte ad uso non solo di Washington, ma anche di Mosca.La Germania ragiona pro domo sua, come d’abitudine, poiché teme che una confisca dei beni russi, e non dei soli interessi maturati, si possa tradurre poi in una ritorsione di Mosca su aziende e capitali tedeschi in Russia. Nel 2022 risultavano investimenti diretti tedeschi in Russia per 16 miliardi, al netto dei capitali reinvestiti. Grandi aziende tedesche come Siemens, Bayer, Henkel, Bosch, Bmw e Volkswagen hanno importanti attività di produzione e vendita in Russia. Secondo la Camera di commercio russo-tedesca, alla vigilia dell’invasione russa nel 2022 circa 4.500 aziende tedesche operavano in Russia, per un fatturato tra 50 e 60 miliardi di euro all’anno e circa 200.000 dipendenti. Una parte di queste aziende ha dichiarato di voler abbandonare le attività in Russia, ma ben poche lo hanno fatto davvero.Per una volta, però, l’estrema cautela mostrata dal governo tedesco ha ragioni fondate che vanno oltre l’utilità esclusiva tedesca. Una pura e semplice confisca degli asset russi congelati aprirebbe la strada alla dissoluzione dell’ordine finanziario internazionale, secondo alcuni, o quantomeno alla possibilità per ogni stato di fare la stessa cosa, con motivi più o meno validi. La creazione di un simile precedente, che non avrebbe attualmente un fondamento legale, minerebbe la fiducia ed aprirebbe una spaccatura nel diritto internazionale che sarebbe quasi impossibile ricomporre.Una proposta alternativa alla confisca sarebbe di utilizzare gli asset russi come garanzia per un maxi-prestito da destinare al sostegno all’Ucraina. Ma cosa succederebbe se la garanzia ad un certo punto dovesse essere escussa, ad esempio se il prestito non venisse ripagato a scadenza dall’Ucraina, già gravata da debiti cospicui? I dubbi non mancano.«È importante che la Russia si renda conto che non saremo dissuasi dal sostenere l’Ucraina per mancanza di risorse», ha dichiarato Yellen al suo arrivo a Stresa per la riunione dei ministri delle Finanze del G7. Il ministro Giancarlo Giorgetti, che con il segretario al Tesoro americano ha avuto ieri un incontro bilaterale, punta ad una posizione di mediazione da parte dell’Italia. La Francia vorrebbe che vi fosse una posizione comune del G7 simile a quella già decisa dalla Ue, ovvero il solo utilizzo dei proventi derivanti dai depositi di capitali russi, mentre i Paesi non appartenenti alla Ue (Gb, Canada e Giappone) appoggerebbero la visione americana.La frenata tedesca evidenzia un’altra faglia considerevole tra Washington e Berlino, la terza, ovvero quella dei rapporti della Germania con la Russia e della gestione degli asset bloccati. Il tema di confronto più rilevante negli ultimi anni è stato quello dell’enorme surplus commerciale tedesco nei confronti degli Usa. Un tema affrontato da Barack Obama poi proseguito da Donald Trump e ripreso da Joe Biden. Tema ancora ben presente, giacché nel 2023 il surplus tedesco nei confronti degli Usa ha raggiunto 83 miliardi di dollari, record storico in termini nominali.Il secondo fronte di scontro è sui rapporti con la Cina, con gli Usa che premono per una sempre più marcata presa di distanze da Pechino. Mentre Biden aumenta al 100% i dazi sulle auto elettriche cinesi, la Germania continua a fare affari proprio nel settore dell’auto in Cina e frena sull’inchiesta in corso a Bruxelles sui sussidi di Stato. In alcune dichiarazioni rilasciate ieri, Yellen ha anche detto che la Cina appare essere una significativa fonte di prodotti a supporto dello sforzo bellico della Russia. Il che suona come un altro invito a prendere le distanze dalla Cina. Ora, la spaccatura sull’uso degli asset russi congelati. Per Berlino un periodo decisamente complesso.