2023-11-30
La fronda a Bergoglio tra i cattolici in America si fa anche col petrolio
Molte diocesi Usa hanno investito nel greggio e non intendono tornare indietro. Ma i vescovi sono altrettanto preoccupati dalle derive panteiste dell’ecologismo. E non vogliono far propria una linea che favorisce la Cina.Il miliardario ha scelto la sua candidata. Vicina alle élites, l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite potrebbe alla fine diventare la vice di Trump alla Casa Bianca. Lo speciale contiene due articoli.Le tensioni tra la Santa Sede e la Chiesa statunitense viaggiano anche attraverso la questione climatica. Ieri, Reuters ha pubblicato un’analisi dei rendiconti finanziari di varie diocesi statunitensi, secondo cui queste ultime «detengono milioni di dollari in azioni di società produttrici di combustibili fossili attraverso portafogli destinati a finanziare le operazioni della Chiesa e a pagare gli stipendi del clero. E almeno una dozzina stanno affittando terreni ai trivellatori». Non solo. La Conferenza episcopale statunitense ha riferito alla stessa Reuters di aver, sì, aggiornato le proprie linee guida sugli investimenti socialmente responsabili, ma ha anche negato di aver chiesto disinvestimenti in riferimento al settore delle energie tradizionali. Una posizione che cozza con l’orientamento radicalmente green, dettato da papa Francesco. Ricordiamo che il pontefice aveva originariamente annunciato che avrebbe preso parte di persona alla Cop28 di Dubai: un appuntamento a cui ha tuttavia dovuto rinunciare per motivi di salute («permane l’infiammazione polmonare associata a difficoltà respiratoria», ha precisato ieri la sala stampa vaticana). Inoltre, lo scorso ottobre, il Papa aveva pubblicato l’esortazione apostolica ambientalista Laudate Deum. Insomma, la questione climatica è soltanto l’ultimo esempio delle tensioni in corso tra il pontefice e i vescovi americani. Cerchiamo di entrare maggiormente nel dettaglio del problema. Un primo motivo di attrito è assai probabilmente di carattere dottrinale. La salvaguardia del creato è indubbiamente doverosa. Si tratta però di un obiettivo da perseguire all’interno di un quadro filosofico e teologico che si armonizzi con la dottrina cristiana. L’odierno orientamento green è invece spesso frutto di visioni filosofiche radicali, oltre che pregne di elementi marxisti e panteistici. Un quadro generale che ha verosimilmente suscitato i malumori di vari vescovi americani. A ottobre 2021, il National Catholic Register pubblicò un’analisi significativamente intitolata: «Il sostegno acritico della Santa Sede alla Cop26 suscita preoccupazione». In secondo luogo, si scorge un tema geopolitico. La svolta green di Papa Francesco è sempre avvenuta in connessione alla sua politica estera di apertura alla Cina. Il presidente della Cop28, Sultan Al Jaber, intrattiene stretti legami con Pechino: quella stessa Pechino a cui il Papa ha esplicitamente strizzato l’occhio nella Laudate Deum. Lo stesso Al Jaber è stato ricevuto in udienza dal pontefice lo scorso 11 ottobre. Tutto questo sta avvenendo all’ombra del controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi che, originariamente siglato nel 2018, è stato finora rinnovato due volte nel 2020 e nel 2022. Non è forse un caso che tra i porporati maggiormente critici di tale intesa figurino proprio due statunitensi, come Timothy Dolan e Raymond Burke. E, mentre la distensione tra Santa sede e Cina prosegue, il Papa non esita a lanciare stoccate alla Chiesa statunitense: si pensi solo al recente siluramento del vescovo di Tyler, Joseph Strickland, o alle dure parole riservate dal nunzio apostolico negli Usa, Christophe Pierre, al clero d’Oltreatlantico. Infine, emerge un dato legato alla politica interna degli Usa. La posizione dei vescovi americani sull’energia tradizionale non sembra discostarsi troppo da quella largamente diffusa nel Partito repubblicano: quest’ultimo esprime storicamente scetticismo verso le rinnovabili e vede nell’autonomia energetica un asset geopolitico da tutelare per evitare la dipendenza da Paesi inaffidabili o potenzialmente ostili. D’altronde, contrari a restrizioni alle energie tradizionali si dicono varie organizzazioni conservatrici d’Oltreatlantico: dalla Heritage Foundation ad Americans for Prosperity (che gravita attorno al miliardario Charles Koch, il quale ha in passato effettuato donazioni alla Catholic University of America). Ora, che papa Francesco non ami il Gop e, in particolare, Donald Trump, non è un mistero. Basti pensare alla campagna elettorale del 2016 o all’enciclica Fratelli tutti, uscita a un mese esatto dalle presidenziali del 2020: in entrambe le occasioni, il pontefice criticò aspramente i «muri», quando l’aspetto centrale del programma di Trump è sempre stato quello della costruzione di un muro al confine con il Messico. Tuttavia il papa rischia di perdere un alleato sul piano climatico: Joe Biden. Eh sì, perché, nonostante una sbornia green all’inizio della sua presidenza, l’attuale inquilino della Casa Bianca ha in parte corretto il tiro. A marzo, ha dato l’ok a un mega piano di trivellazioni in Alaska: il Willow Project. Inoltre, martedì scorso, la sua amministrazione ha reso noto di aver raccolto 3,4 milioni di dollari dalla vendita dei diritti di estrazione di petrolio e gas nel Wyoming. Lo stesso fatto che Biden non si recherà alla Cop28, quando invece aveva partecipato alle due edizioni precedenti, è significativo. La sponda principale del Papa nell’attuale Casa Bianca resta l’inviato per il clima, John Kerry, che – guarda caso – è il capofila dell’ala filocinese dell’amministrazione americana. Eppure, nonostante il recente faccia a faccia tra Biden e Xi, sembra che nello studio ovale stia tornando in auge una postura guardinga nei confronti di Pechino. D’altronde, al di là del dossier green, la Casa Bianca e la Santa sede non sembrano esattamente allineate neppure su vari fronti geopolitici: dalla crisi ucraina a quella mediorientale. Segno dunque che la distanza tra Washington e l’attuale pontefice sta aumentando. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bergoglio-cattolici-america-petrolio-2666397035.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mr-greggio-koch-punta-sulla-haley" data-post-id="2666397035" data-published-at="1701337756" data-use-pagination="False"> «Mr greggio» Koch punta sulla Haley Il potente network del miliardario Charles Koch, Americans for Prosperity (Afp), ha fatto la sua scelta in vista delle prossime primarie presidenziali repubblicane: appoggerà la candidatura dell’ex ambasciatrice all’Onu, Nikki Haley. A renderlo noto è stata la ceo di Afp, Emily Seidel, che ha anche criticato Donald Trump, sostenendo che l’ex presidente avrebbe danneggiato il Partito repubblicano durante le ultime elezioni e che non sarebbe in grado di conquistare il voto degli «elettori moderati e indipendenti». In particolare Afp metterà a disposizione della candidata la sua capillare rete di attivisti, garantendo anche finanziamenti per spot elettorali e coinvolgendo influenti donatori in suo sostegno.Ora, che il network di Koch non amasse Trump non è mai stato un mistero. È tuttavia curiosa la sua scelta di sostenere la Haley. Charles Koch asserisce di essere su posizioni libertarian e sposa delle tesi non esattamente interventiste in politica estera. Basti pensare che nel 2019 ha finanziato, insieme al miliardario George Soros, l’avvio del Quincy Institute: un think tank realista e tendenzialmente avverso a un’agenda internazionale proattiva. Non solo. Nel 2018, il network di Koch criticò Trump, allora presidente, per i suoi dazi contro la Cina. Ebbene, va sottolineato che la Haley è molto distante da tutto questo. Innanzitutto l’ex ambasciatrice porta avanti una linea di netta severità nei confronti di Pechino. In secondo luogo, è fautrice di un approccio proattivo in politica estera, assai lontano da quello propugnato dal Quincy Institute. È inoltre difficile definire la Haley una libertarian: anzi, viste le sue idee sul fronte internazionale è assai probabile che gli apparati del Pentagono e del Dipartimento di Stato apprezzino la sua candidatura.Dal punto di vista ideologico, sarebbe forse stato allora più comprensibile un endorsement a Ron DeSantis: non a caso, il suo comitato elettorale non ha preso affatto bene l’appoggio di Afp alla Haley. E allora che cosa è successo? È successo che, con ogni probabilità, il network di Koch ha compreso che la forza dell’ex ambasciatrice risiede proprio nella sua vicinanza agli apparati. La Haley, almeno per ora, non dispone del consenso elettorale sufficiente per conquistare la nomination repubblicana. E difficilmente riuscirà ad acquisirlo, se Trump resterà in campo.Secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics, a livello nazionale l’ex ambasciatrice è terza al 10%, mentre l’ex presidente è primo al 61%. In Iowa e New Hampshire Trump è inoltre avanti di oltre 20 punti su di lei. Eppure la forza della Haley non sta nel consenso ma, come detto, nella sua vicinanza agli apparati. Non a caso, a settembre Trump ha detto che gli piacerebbe poter scegliere una donna come proprio vice: sia Politico sia Newsweek hanno inoltre riferito di non escludere che l’ex presidente possa alla fine selezionare proprio la Haley per questo ruolo. Una scelta che, in caso, andrebbe letta (anche) come un suo gesto distensivo verso l’alta burocrazia statale: Trump, dopo un mandato alla Casa Bianca, sa bene di non poter governare, se questi mondi gli remano contro.Probabilmente Koch, la cui fortuna proviene per larga parte dal settore petrolifero, è consapevole che, almeno per il momento, il destino più probabile della Haley per il 2024 sia quello di una vicepresidenza. L’ex ambasciatrice è inoltre l’unica candidata in campo con le maggiori probabilità di ottenere qualcosa di importante, in caso di vittoria repubblicana: è più solida di DeSantis e non ha i problemi giudiziari di Trump. Scommettere su di lei può quindi forse rivelarsi una scelta tutt’altro che irrazionale da parte di Afp.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.