Come ha scoperto l’ex assessore Corbani, il sindaco ha oscurato la lista dei suoi sponsor. In Comune balbettano, il diretto interessato doveva rispondere entro dicembre, ma tace.
Come ha scoperto l’ex assessore Corbani, il sindaco ha oscurato la lista dei suoi sponsor. In Comune balbettano, il diretto interessato doveva rispondere entro dicembre, ma tace.Già la ricerca del link richiede competenze da Indiana Jones del Web. Ma anche se un cittadino dovesse riuscire nell’impresa, scoprirà che, in nome della privacy, il Comune di Milano oscura la rendicontazione elettorale del sindaco Beppe Sala ormai da tre anni. Le uniche informazioni che è possibile reperire in Rete sono l’ammontare della spesa, ovvero 217.903,39 euro, come dichiarato dallo stesso Sala nel ciclostilato: «Sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero». E nessuno può contestarlo: sugli allegati, un colpo di pennarello nero ha bannato, oltre al nome del mandatario elettorale, anche tutti i dati dei sostenitori del candidato. In chiaro, sui dieci documenti consultabili, ci sono solo le somme: dai 10 ai 30.000 euro. E spesso si tratta di amministratori di società.Il pasticcio con le rendicontazioni elettorali lo ha scoperto un ex amministratore meneghino, Luigi Corbani, vicesindaco del Pci ai tempi di Paolo Pillitteri. Che molto prima della deflagrazione del caso Todde in Sardegna, ovvero dal settembre scorso, ha ingaggiato una battaglia a suon di Pec con il segretario generale del Comune di Milano, Fabrizio Dell’Acqua. La prima segnalazione riguardava il link d’accesso alla documentazione «su cui cliccavi e non compariva nulla», spiega Corbani. Il 2 ottobre il segretario generale gli ha risposto con l’indicazione del link. Ma anche questa volta Corbani non riesce a soddisfare l’esigenza di trasparenza: «Compariva solo la dichiarazione d’onore, senza dichiarazioni congiunte né rendiconti elettorali». E allora scrive di nuovo al segretario generale. Che nel frattempo deve aver messo in moto la macchina burocratica per inserire, tre anni dopo le elezioni, la documentazione. La risposta: «Hanno provveduto a effettuare le pubblicazioni integrative relative al rendiconto delle spese elettorali suppur (al momento) con l’oscuramento dei dati personali oltre che di quelli non pertinenti». Il che significa che l’unica cosa in chiaro sono le cifre delle donazioni. «Riscrivo a dicembre», spiega Corbani, «facendo presente che non volevo un quadro di Emilio Isgrò (l’artista della cancellatura, ndr), ma la rendicontazione elettorale». A questo punto, braccato, il segretario generale bofonchia in burocratese: «Al fine di assicurare una corretta pubblicazione dei dati in argomento, lo scrivente ha avanzato una richiesta di parere all’Anac, nelle more della cui acquisizione le funzioni dirigenziali coinvolte stanno comunque curando la pubblicazione di ulteriori dati rispetto a quelli in atto pubblicati in Amministrazione trasparente». Quando Corbani incalza, Dell’Acqua si fa di nuovo scudo con l’Anac: «Le confermo di aver sottoposto una richiesta di parere all’Anac per ricevere più puntuali informazioni sulle corrette modalità di pubblicazione, attesa la disomogeneità con cui le diverse amministrazioni hanno ottemperato all’obbligo di legge». E per ora a nulla è servito citare leggi e sentenze della Cassazione che affermano il contrario. Tant’è che Corbani, in una delle ultime comunicazioni, è sbottato: «La pubblicazione delle dichiarazioni e dei rendiconti elettorali è prevista perché i costi siano alla luce del sole, e di conseguenza, appaiano evidenti e verificabili che i comportamenti dei rappresentati politici siano liberi da condizionamenti occulti o poco trasparenti». E rivolgendosi ancora al segretario generale scrive: «L’oscuramento è una cosa talmente ridicola e contraria alla trasparenza che non ha giustificazioni». L’ultimo tentativo è una Pec al presidente del Collegio di garanzia elettorale della Lombardia Carla Romana Raineri. La risposta è che per ragioni di «opportunità» la documentazione sarebbe stata chiesta all’interessato, cioè Sala. «Una prassi non necessaria», precisa Corbani, perché gli atti devono essere pubblici e accessibili, ma in questo caso il presidente fa un atto di cortesia al sindaco». Che avrebbe dovuto rispondere entro il 20 dicembre. Ma dal palazzo tutto tace. In barba alla trasparenza. Corbani, però, non molla.
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