2021-07-01
Beppe fa i piani per arrivare al 2023. Giuseppi mina vagante per Draghi
È il paradosso della guerra tra il fondatore del M5s e l’ex premier. Se vuole mettersi in proprio, Conte deve farsi un partito. Magari coi parlamentari già al secondo mandato. Per statuto possibile un golpe anti Garante«Chiederò, poi, al neo eletto Comitato direttivo di elaborare un piano di azione da qui al 2023»: sta in questo passaggio del post di Beppe Grillo che annuncia la rottura definitiva con Giuseppe Conte il paradosso della guerra interna tra il fondatore del M5s e il ciuffo più spregiudicato del west. Nell’universo rovesciato che è oggi il M5s, il fattore stabilizzante per il governo guidato da Mario Draghi è il «pazzo», che poi è tutt’altro che pazzo, ovvero Beppe; il pericolo, invece, è rappresentato da Giuseppi, che non vede l’ora di iniziare a cannoneggiare Palazzo Chigi, seguendo le direttive del suo paraguru, Marco Travaglio. Ma anche Conte deve fare i conti con contraddizioni gigantesche: tra i suoi fedelissimi ci sono ad esempio Stefano Patuanelli, ministro dell’Agricoltura di Draghi, e Federico D’Incà, ministro dei Rapporti con il parlamento. Che farebbero, i due, in caso di scissione parlamentare dei gruppi di deputati e senatori fedeli a Conte? Dovrebbero dimettersi, è la risposta di chi è vicino a Grillo. «Se Conte si fa i suoi gruppi», dice a La Verità un parlamentare fedele a Grillo, «la sua operazione sarà esattamente la stessa del suo più acerrimo avversario, Matteo Renzi. Un intrigo di palazzo al quale aderiranno deputati e senatori al secondo mandato, che sognano di tornare in parlamento». I parlamentari del M5s al secondo mandato sono 80 su 236, e tra essi ci sono i volti più noti dell’universo (ex?) grillino: Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Laura Castelli, Manlio Di Stefano, Riccardo Fraccaro, Carla Ruocco, Carlo Sibilia, Vito Crimi, Danilo Toninelli, Paola Taverna. «Beppe», commenta un altro big pentastellato, «sapeva benissimo che sarebbe stato attaccato, dopo il post su Conte. Conoscendolo, penso di aver capito cosa è successo: ha capito che Conte voleva fregarlo e si è ribellato. Il suo obiettivo è tornare a essere libero di portare avanti i suoi temi, le sue battaglie, senza fregarsene più di tanto del consenso: lo ha scritto nel post. I parlamentari al secondo mandato», aggiunge la nostra fonte, «erano un problema di Grillo, ora diventano un problema di Conte». Nelle chat gira vorticosamente un messaggio, che tira in ballo l’articolo 8 dello Statuto del M5s: «Il Garante resta in carica a tempo indeterminato e può essere revocato, in ogni tempo, su proposta del Comitato di garanzia a maggioranza assoluta dei propri componenti e ratificata da una consultazione in rete degli iscritti, purché prenda parte alla votazione la maggioranza assoluta degli iscritti». Un golpe anti-Beppe tecnicamente sarebbe forse anche possibile, dunque, ma alla sfiducia al Garante non ci crede nessuno: «Veline di Rocco Casalino», commenta un deputato, «fare la guerra a Grillo per prendersi il simbolo non avrebbe alcun senso, Conte finirebbe sfibrato da una battaglia giudiziaria infinita. Se vuole mettersi in proprio non ha alternative: deve farsi un suo partito. Ma non ha né il coraggio, né i mezzi e né le capacità organizzative, come ha scritto Beppe nel post».Non mancano gli attacchi a Luigi Di Maio, che si è inabissato, facendo dire ai suoi collaboratori che «il ministro è concentrato sul G20», come se l’esplosione del M5s non fosse anche un suo problema. Dato fino a ieri come fedelissimo di Grillo, se non altro perché da sempre avversario di Conte, Giggino da Pomigliano nelle ultime ore viene descritto come in preda a dubbi e incertezze. «Di Maio», spiega una parlamentare, «ha in testa una sola cosa: tornare alla guida del M5s, ma non subito. Si vuole giocare la carta per le prossime politiche, e Roberto Fico invece continua a indossare la maschera del mediatore, ma il presidente della Camera, in realtà, sta dalla parte di Conte». Gilda Sportiello, deputata napoletana fedelissima di Fico, attacca violentemente Grillo, pubblicando su Facebook un dipinto: «Avete mai visto», scrive la Sportiello, «questo quadro? Ritrae Saturno che, a uno a uno, divora i suoi figli per il timore che, in futuro, uno tra loro possa scalzarlo dal suo trono. Per la paura di perdere potere. Beppe ti voglio bene, ma mi dispiace: il passo tra la visione e l’allucinazione è breve». Alessandro Di Battista, intanto, cannoneggia il governo: «Il Movimento oggi», dice il Dibba a Tpi, «per volere del garante Grillo, si appresta, a quanto pare, a votare un Comitato direttivo. Credo che a fronte di questi 4 mesi tragici nei quali chi ha vinto le elezioni del 2018 è risultato politicamente inconsistente, sarebbe doverosa una votazione sulla permanenza o meno del M5s nel governo dell’assembramento». Cala la sera in attesa di un minacciato intervento di Conte, che non arriva. La premiata ditta Casalino fa circolare le ultime veline, secondo le quali la maggioranza di deputati e senatori sarebbe pronta a aderire ai gruppi di Giuseppi. «Ricordati delle indiscrezioni sui responsabili», sogghigna una deputata assai irriverente, «il pallottoliere di Giuseppe e Rocco non si è mai dimostrato affidabile». In serata è in programma la riunione dei deputati: psicodramma garantito.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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