2024-09-10
«Se si scorda di Dio la Chiesa sul sesso fa solo moralismo»
Joseph Ratzinger, 265° papa della Chiesa cattolica col nome di Benedetto XVI. Nel riquadro, il teologo Livio Melina (Getty)
Il teologo, coautore del libro che propone un inedito di Joseph Ratzinger: «Definiva mostruosa l’idea di sostituire i termini padre e madre».Livio Melina è teologo moralista e cofondatore del Veritas Amoris Project. È stato ordinario di Teologia morale dal 1996 al 2019 presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia a Roma, di cui è stato anche preside dal 2006 al 2016. Con José Granados ha curato La verità dell’amore. Tracce per un cammino, volume appena pubblicato da Cantagalli che contiene un importante testo inedito di Benedetto XVI.Professore, tutto parte dalla chiusura dell’Istituto per gli studi sulla famiglia e il matrimonio. Perché fu chiuso? Che cosa abbiamo perso con quella chiusura?«Mi spiace un po’ tornare ancora su questa dolorosa vicenda, che purtroppo è stata mascherata nella sua gravità e nella sua portata. I momenti attraverso cui si arrivò alla chiusura del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, creato da San Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981, furono due. Il primo fu l’8 settembre 2017, quando papa Francesco, appena due giorni dopo la morte improvvisa del Card. Carlo Caffarra, iniziatore e primo preside di quell’Istituto, pubblicò il Motu Proprio Summa familiae cura, nel quale si stabilisce che esso «viene a cessare», sostituito dal Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. Il cambiamento del titolo è quasi impercettibile, ma il mutamento sostanziale è radicale. La discontinuità si manifesta soprattutto con i nuovi Statuti, approvati l’11 luglio 2019. Nel Motu proprio del 2017 il nuovo ente accademico viene giustificato per una «trasformazione missionaria» e per una «prospettiva pastorale, attenta alle ferite dell’umanità», mentre scompare il riferimento all’enciclica Humanae vitae di San Paolo VI, vero asse portante per il quale il primo Istituto era stato voluto dal pontefice polacco. Inoltre con l’applicazione dei nuovi Statuti, a partire dal 22 luglio 2019 si crea una completa discontinuità nel corpo docente: vengono licenziati due professori ordinari e 15 professori incaricati della Sezione centrale romana, mentre vengono chiuse tre delle 12 sezioni internazionali, con cambi analoghi al loro interno».Perché Ratzinger considerava così importante quell’Istituto?«Il papa Benedetto XVI, come si evince dai suoi discorsi in occasione delle udienze concesse all’Istituto, in piena continuità col suo predecessore, riteneva centrale il ruolo dell’Istituto, sia a Roma che nelle sue diverse sezioni internazionali, ai fini della missione della Chiesa a favore del matrimonio e della famiglia, in riferimento alle sfide sociali e culturali in atto, e alle urgenze pastorali. Egli ha sempre pensato che per rispondere al cuore della crisi si dovesse porre una adeguata antropologia cristiana, delineata nelle Catechesi sulla “Teologia del corpo” di Giovanni Paolo II, e una teologia morale corrispondente alle indicazioni dell’enciclica Veritatis splendor. Altrimenti il riferimento alle norme morali diventava un fastidioso moralismo, suscettibile poi di compromessi ed eccezioni casuistiche. Nel suo Appunto del febbraio 2019, scritto a proposito della crisi degli abusi sessuali del clero, egli afferma che la vera causa che sta all’origine di questo tragico fenomeno, che ha investito la Chiesa cattolica, dev’essere riconosciuta nella dissoluzione della concezione cristiana della morale, della sessualità e della famiglia, conseguenza della «rivoluzione sessuale» del 1968. Un’adeguata risposta non poteva che partire dal riconoscimento del primato di Dio Creatore nel pensare l’antropologia cristiana e la teologia dell’amore, riconciliando la libertà umana con la natura. Per questo riteneva essenziale la missione dell’Istituto che San Giovanni Paolo II aveva creato».Lei ha raccontato di aver incontrato mi pare sette volte il papa emerito. In quelle occasioni avete parlato anche dei temi che poi Ratzinger ha sintetizzato nel suo testo?«Gli incontri con Benedetto XVI, dall’agosto 2019 fino al gennaio 2021, sono stati per me un dono di grazia unico, pieno di luce teologica e di grande umanità, l’incontro con un pastore santo, ricolmo di prudenza e di amore per la Chiesa e per gli uomini e le donne del nostro tempo. Al di là delle questioni contingenti, relative agli sviluppi della crisi intorno all’Istituto, erano i grandi temi antropologici e teologici dell’attualità ad occupare l’interesse delle conversazioni. Talvolta, soprattutto negli ultimi tempi, il dialogo era un po’ difficile, per i crescenti limiti espressivi del papa (sordità e difficoltà ad articolare il linguaggio), pur sempre confortato da una lucidità intellettuale straordinaria. Capitava anche che mi inviasse degli appunti di riflessioni, alcune dei quali sono state pubblicate poi nel volume postumo: Che cos’è il cristianesimo. Quasi un testamento spirituale. Un tema ricorrente era la sua preoccupazione per quella che riteneva la povertà più grande dell’umanità contemporanea: l’assenza di Dio nella vita quotidiana. Spesso ritornava sul fatto che la missione propria e specifica della Chiesa doveva essere quella di ricordare il primato di Dio, senza del quale la stessa dignità umana sparisce. Un altro punto per lui centrale era quello della responsabilità della Chiesa, che doveva avere il coraggio di pronunciare un no deciso e chiaro alle proposte di matrimonio omosessuale, pur manifestando un amore materno verso tutte le persone, suggerendo strade moralmente lecite di amicizia, al fine di superare la solitudine, di curare le ferite, di togliere il rischio della disperazione».Quello di Ratzinger che voi pubblicate è uno scritto molto denso. Quale è secondo lei il passaggio più rilevante? «Papa Benedetto sentiva molto urgente un confronto coraggioso e lucido con le istanze della modernità, sul tema della libertà e della natura, che riteneva centrali per il dialogo con le scienze e con l’umanesimo ateo. In particolare voleva che si rispondesse all’accusa rivolta al cristianesimo, oggi ricorrente anche all’interno del mondo islamico, di proporre un ideale di vita troppo alto, quasi irraggiungibile, in nome di un realismo mediocre, a cui invece ci si sarebbe dovuti adattare per venire incontro all’uomo contemporaneo. Egli sentiva che non si poteva e non si doveva rinunciare alla grandezza della mèta che Dio non solo ci propone, ma che ha reso accessibile a noi mediante l’incarnazione del suo Figlio Gesù. In quel testo ora pubblicato, che è pieno di luce e di personale passione teologica, quasi un testamento e come un passaggio di testimone in una corsa, un tema molto importante è quello della libertà, che va pensata in termini filiali, come “libertà in Cristo” Figlio che ci rende figli, permettendoci di ritrovare l’armonia col Creatore, e dunque con la natura. Anche il nostro corpo va considerato in termini filiali e fraterni, oltre che sponsali e paterni/materni. Allora si può elaborare una vera antropologia relazionale, che permette di superare quell’individualismo solipsistico, che distrugge la dimensione sociale della vita umana e condanna le persone alla solitudine».Queste indicazioni di Ratzinger in che modo vi hanno ispirato per il vostro lavoro?«All’interno del volume La verità dell’amore. Tracce per un cammino, accanto al testo inedito di papa Benedetto XVI, sono presentate 12 tesi teologiche, in forma sintetica e con un commento. Esse sono la risposta, maturata nella riflessione e nel dialogo, tra le persone, professori, ex alunni e amici, che hanno partecipato a seminari, incontri, giornate di studio: una specie di indicazioni per un cammino, che intende onorare il dono ricevuto da papa Ratzinger e nello stesso tempo sviluppare la grande eredità dell’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. È un’eredità che continua ad ispirarci per il futuro e che sentiamo ancora estremamente viva ed attuale, di fronte alle sfide culturali, pastorali e sociali del nostro presente. Il primato del Logos, frutto dell’incontro tra la rivelazione cristiana e la civiltà greca e romana, tra Gerusalemme, Atene e Roma, rimane al cuore della cultura europea, così come Ratzinger ci ha insegnato. Esso non significa chiusura intellettualistica in un passato di tradizioni sterili, ma invito ad uno sviluppo e apertura al futuro, nella linea di un primato dell’amore. Il primato del Logos infatti, come dice Benedetto XVI è sempre anche primato dell’amore. In tale direzione la nostra iniziativa, cui abbiamo voluto dare il nome di “Veritas amoris project” (www.veritasamoris.org), ha una duplice direzione di sviluppo. Da un lato c’è la dimensione accademica di dialogo e di iniziative con centri universitari a livello internazionale, in Europa (Spagna, Francia, Austria, Polonia, Slovacchia), negli Stati Uniti (Steubenville, Denver), in Messico, Cile, Corea. Mediante congressi, seminari, giornate di studio e pubblicazioni, proseguiamo il lavoro di ricerca, di didattica e di formazione. La seconda direzione è quella più pastorale e formativa, e si rivolge a famiglie e gruppi di bambini e ragazzi, con corsi estivi di master, ed anche con corsi online».Ratzinger tocca anche il tema, oggi tanto dibattuto, della differenza sessuale. Può chiarire quale fosse il suo pensiero sull’argomento?«Benedetto XVI partiva sempre nelle sue riflessioni dalla Parola di Dio, non dalla sociologia o da altre scienze umane. E nel parlare del tema della differenza sessuale Egli trovava ispirazione dal libro della Genesi, dalla legislazione dell’Antico Testamento e soprattutto dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani. Egli riteneva che la differenza sessuale fosse strettamente connessa all’immagine di Dio nell’essere umano. Essa infatti parla di una vocazione alla comunione iscritta nel corpo umano e della missione a trasmettere la vita, in una fecondità generosa e responsabile. La soppressione della differenza rifletteva per lui una pretesa prometeica della libertà di decidere di sé e di auto-progettarsi, negando il primato di Dio Creatore e del suo dono. Una volta disse che si trattava di “un tentativo inaudito e mostruoso di vietare e sostituire le parole originarie e centrali, che stanno al cuore del linguaggio umano: padre, madre, figlio e figlia, sposo e sposa, fratelli e sorelle”. Parole che sono fondamentali per l’identità personale di ciascuno e per la costituzione della socialità umana. Egli era turbato dal silenzio della Chiesa e delle confessioni cristiane su questo tema, intimorite dal prevalere di una censura ideologica. Mi viene alla mente che una volta disse che la Chiesa doveva ricordare agli uomini, come suo compito specifico, il Creatore e il suo progetto originario, e che per difendere l’uomo e la donna dalla manipolazione ideologica e sociale doveva parlare con chiarezza del matrimonio, della famiglia e del significato creaturale della sessualità».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.