Fare il giornalista ormai è diventato più pericoloso che fare il ladro. Per questo suggerisco ai tanti bravi cronisti che vanno a caccia di notizie, di cimentarsi più con l'argenteria che con gli scoop: si rischia di meno e si guadagna di più. Lo dimostra la storia che vi sto per raccontare e che riguarda, oltre al sottoscritto, anche un bravo collega come Gianluigi Nuzzi. Anni fa, quando entrambi eravamo a Panorama, fummo contattati da due vigilantes che lavoravano per la Coop. I tizi sostenevano di avere materiale scottante, ossia dei filmati e delle registrazioni audio in grado di dimostrare che in alcuni supermercati della nota catena i dipendenti venivano spiati.
Fare il giornalista ormai è diventato più pericoloso che fare il ladro. Per questo suggerisco ai tanti bravi cronisti che vanno a caccia di notizie, di cimentarsi più con l'argenteria che con gli scoop: si rischia di meno e si guadagna di più. Lo dimostra la storia che vi sto per raccontare e che riguarda, oltre al sottoscritto, anche un bravo collega come Gianluigi Nuzzi. Anni fa, quando entrambi eravamo a Panorama, fummo contattati da due vigilantes che lavoravano per la Coop. I tizi sostenevano di avere materiale scottante, ossia dei filmati e delle registrazioni audio in grado di dimostrare che in alcuni supermercati della nota catena i dipendenti venivano spiati. Chiunque faccia questo mestiere conosce la curiosità che scatta quando si ha a che fare con fatti inediti, inutile dunque dire che ci appassionammo alla vicenda. Gianluigi, da bravo inchiestista qual è, si diede da fare per verificare la notizia e soprattutto per appurare che audio e filmati non fossero tarocchi. In breve accertò l'attendibilità sia dell'una sia degli altri, e dunque decidemmo di pubblicare l'articolo su Libero, dove nel frattempo eravamo approdati. Le nostre fonti, ossia i due vigilantes, erano però terrorizzate e temevano conseguenze legali da parte della Coop; talmente terrorizzate che io mi sentii di tranquillizzarli presentandoli a Bernardo Caprotti, il patron dell'Esselunga. Visto che facevano i vigilantes, avrebbero potuto continuare a vigilare anche nel caso vi fossero state ritorsioni da parte della Coop. Una volta pubblicata la storia, l'azienda, legata a filo doppio alla sinistra, non si limitò a prendersela con chi aveva rivelato l'operazione di spionaggio ai danni dei dipendenti dei supermercati, ma denunciò una specie di complotto ordito da Caprotti nei confronti della concorrenza. La guerra fra l'autore di Falce e carrello e i compagni, che dura da decenni e ancora va avanti dopo la morte del fondatore di Esselunga, insomma aveva trovato un nuovo motivo per alimentarsi. Per farla breve, sia Caprotti sia Nuzzi e il sottoscritto fummo denunciati e rinviati a giudizio con svariate ipotesi di reato, fra cui la ricettazione: per la Procura eravamo - noi giornalisti, non l'imprenditore - entrati in possesso di materiale illegale. Peccato che quel materiale illecito provenisse dai supermercati della Coop e non ce lo fossimo inventati. Occhio: i filmati e le registrazioni erano veri, verissimi. E i vigilantes ripeterono davanti ai magistrati la stessa storia che noi avevamo raccontato, ovvero che i dirigenti della Coop avevano dato loro incarico di filmare e registrare i dipendenti. Una volta scoppiato lo scandalo, un dirigente venne allontanato e la stessa Coop fu chiamata a risarcire il danno alle ignare vittime dello «spionaggio». Però, parallelamente, Nuzzi e io fummo processati per ricettazione e calunnia. Avevamo ricevuto il file con i filmati e le registrazioni (poi consegnato all'autorità giudiziaria) e pubblicato un documento ottenuto dai nostri informatori. Il giudice ci assolse per la ricettazione, ma ci condannò a dieci mesi per la calunnia, verdetto che ieri, in Corte d'appello, è stato ribaltato: condannati a dieci mesi e 20 giorni di carcere per la ricettazione e prescritti per la calunnia. Si dà il caso che i vigilantes, che come detto hanno confermato i fatti anche davanti al pm, non siano mai stati processati per ricettazione e siano stati assolti dal reato di calunnia. Noi invece no, noi siamo colpevoli di aver fatto i giornalisti e di aver raccontato una storia vera, ossia che al supermercato spiavano i dipendenti. Dove abbiamo sbagliato? A farci dare il file con i filmati e audio, ossia la prova di quanto ci apprestavamo a scrivere. Secondo i giudici toccare i file per poi consegnarli alla magistratura affinché indaghi è reato. Dunque, cari colleghi, se domani dovesse capitarvi di essere contattati da una gola profonda che vi vuole passare una carta o un file di qualche cosa di realmente accaduto, che ne so, un'estorsione o un tentativo di corruzione, voi rifiutate senza esitazione, perché, ancorché i fatti siano veri, rischiereste di trovarvi sul banco degli imputati, trattati peggio dei delinquenti. Nessuno ha pagato per quello che è successo, nessuno tranne noi che abbiamo raccontato ciò che accadeva fra gli scaffali del supermercato. Non avessimo pubblicato quella vicenda, le vittime non avrebbero mai saputo di essere state spiate anche nella vita privata, ma a essere censurato e condannato è chi ha alzato il velo sul sistema. Che dire? Per quel che mi riguarda non mi vergogno per la condanna, ma per un Paese in cui si ritiene che dare una notizia equivalga a fare il ricettatore.
Donald Trump (Ansa)
Luci e ombre nel primo anniversario della rielezione alla Casa Bianca: promosso in Medio Oriente, rimandato sull’Ucraina. Borsa ai massimi ma «sopravvalutata». L’inflazione cresce e la Fed mantiene i tassi alti. Stallo record sulla legge di bilancio.
Gli elettori della Virginia chiamati a scegliere il nuovo governatore si sono espressi: «Trump you are fired! (sei licenziato, ndr). In uno stato però tendenzialmente blu, che nel 2024 aveva scelto Kamala Harris. E confermando il trend, ha optato per la democratica Spanberger. Sebbene il governatore uscente fosse repubblicano. Colpa dello shutdown a detta di molti. Cosa sia lo vedremo alla fine. E comunque negli ultimi 20 anni i democratici alla guida della Virginia sono stati scelti cinque volte su sette. Ma al netto delle elezioni in Virginia, e dando per scontato che la città di New York e lo Stato del New Jersey votassero democratico (per intendersi sono un po’ come Bologna e la Toscana per il Pd), a un anno esatto dalla sua rielezione alla Casa Bianca qual è il bilancio della seconda presidenza Trump?
Buchi nella sicurezza, errori di pianificazione e forse una o più talpe interne. Questi i fattori che hanno sfruttato i ladri che hanno colpito al Louvre di Parigi. Ma dove sono i gioielli e chi sono i responsabili?
Elly Schlein (Ansa)
Nicola Fratoianni lo chiama per nome, Elly Schlein vi vede una «speranza», Stefano Patuanelli rilancia la patrimoniale.
Brutte notizie per Gaetano Manfredi, Silvia Salis, Ernesto Maria Ruffini e tutti gli altri aspiranti (o presunti tali) federatori del centrosinistra: il campo largo italiano ha trovato il suo nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani, ha 34 anni, è il nuovo sindaco di New York, che del resto si trova sullo stesso parallelo di Napoli. La sua vittoria ha mandato in solluchero i leader (o sedicenti tali) della sinistra italiana, che vedono nel successo di Mamdani, non si riesce bene a capire per quale motivo, «una scintilla di speranza» (Alessandro Alfieri, senatore Pd). Ora, possiamo capire che l’odio (si può dire odio?) della sinistra italiana per Donald Trump giustifichi il piacere di vedere sconfitto il tycoon, ma a leggere le dichiarazioni di ieri sembra che il giovane neo sindaco di New York le elezioni le abbia vinte in Italia.






