True
2018-04-01
Voci dal Colle: governo centrodestra-5 stelle
ANSA
Le elezioni del 29 aprile, pur coinvolgendo il 2,5 per cento degli elettori, sono il primo test dopo il voto del 4 marzo.Tornare alle urne dopo soli due mesi per appurare se gli italiani abbiano cambiato idea e siano disposti a votare per qualcun altro in genere ha poco senso, ma in questo caso le elezioni un valore lo hanno. Già, perché il 29 aprile potrebbe essere confermata una tendenza, ovvero un nuovo bipolarismo fra Lega e 5 Stelle. I sondaggi più recenti dicono che gli elettori non si sono pentiti di aver scelto due partiti definiti anti sistema. Se tra le intenzioni dei votanti c'era la volontà di mandare in pensione la vecchia classe politica, diciamo che ci sono riusciti, perché in un solo colpo hanno rottamato due schieramenti che per un quarto di secolo si sono contrapposti. Nei prossimi mesi potrebbero ripensarci? Se si dà retta ai sondaggi, no. Anzi. Le ultime rilevazioni segnalano una tendenza dell'elettorato a polarizzarsi ancora di più, scegliendo di stare o con i 5 Stelle o con la Lega. I valori variano a seconda dell'istituto che ha elaborato i conteggi, ma diciamo che si va dal 34-35 per cento nel caso dei grillini, al 20-23 per cento per la Lega. Insomma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini stanno piano piano prendendo il posto che per anni era stato di leader come Romano Prodi, Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Certo, per confermare il passaggio serve qualche cosa di più di un sondaggio e dunque eccoci qui ad aspettare le elezioni di Friuli Venezia Giulia e Molise. Basterà un test di un milione e mezzo di persone per capire se la sfida dei prossimi anni si giocherà fra 5 Stelle e Lega? C'è chi dice no e ipotizza che si debba attendere il 10 giugno, quando gli italiani saranno chiamati alle urne per rinnovare 800 comuni, un appuntamento che mobiliterà sette milioni di italiani.
Insomma, come dicevo, bisognerà prendersela comoda, perché visto come si sono messe le cose, può essere che prima dell'estate non si intraveda l'ombra di alcun esecutivo.
A questo punto, visto che, come detto, la tendenza porta a un bipolarismo che comprende pentastellati e leghisti, a qualcuno verrà spontanea una domanda: ma allora il governo Di Maio-Salvini è impossibile, visto che i due sono concorrenti e nei prossimi mesi - o anni - giocheranno una partita che li vede avversari? E qui invece tocca registrare il clima che si respira al Quirinale. Sul Colle sono convinti che, superati i prossimi appuntamenti elettorali, Lega e 5 Stelle si metteranno d'accordo per un governo che li veda alleati, coinvolgendo tutto il centrodestra. Anzi, i consiglieri del presidente pensano che l'accordo ci sia già, ma al momento pentastellati e leghisti preferiscano tenere le carte coperte, in attesa dei prossimi sviluppi.
Né Di Maio né Salvini avrebbero fretta, perché nel frattempo in Parlamento potrebbero approvare il taglio dei vitalizi, qualche misura economica popolare e la legge elettorale. I nuovi padroni avrebbero interesse a lasciare che le scelte si sedimentino, convinti che con qualche intervento di sostegno alle famiglie e misure a favore delle imprese nessuno di loro perderebbe un voto. Poi, una volta varato il nuovo sistema elettorale, ossia l'exit strategy, l'esigenza di fare un governo tornerebbe d'attualità. Ma potrebbe essere un esecutivo a breve, dove nessuno - né grillini né leghisti - avrebbe da perderci. Se necessario, a questo punto si potrebbe andare al ballottaggio, ovviamente con protagonisti i due nuovi poli: Lega e 5 Stelle. Questa volta non più uniti, ma l'uno contro l'altro.
Related Articles Around the Web
Continua a leggereRiduci
Mettetevi comodi, prima della fine del mese non ci sarà alcun governo.Le prossime settimane trascorreranno tra chiacchiere e rimbrotti, ma per l'esecutivo bisognerà aspettare almeno il 29 aprile. Per quella data sono convocati gli elettori di Friuli Venezia Giulia e Molise, i quali dovranno decidere da chi intendano farsi governare nei prossimi anni. Matteo Salvini spera che la scelta ricada su Massimiliano Fedriga e Donato Toma, i due leghisti scelti per le sfide di Udine e Campobasso. Vi chiedete che cosa c'entrino i presidenti di Friuli e Molise con la scelta di chi debba salire al Colle per ricevere l'incarico di formare il nuovo governo? C'entrano e vi spiego subito perché. Le elezioni del 29 aprile, pur coinvolgendo il 2,5 per cento degli elettori, sono il primo test dopo il voto del 4 marzo.Tornare alle urne dopo soli due mesi per appurare se gli italiani abbiano cambiato idea e siano disposti a votare per qualcun altro in genere ha poco senso, ma in questo caso le elezioni un valore lo hanno. Già, perché il 29 aprile potrebbe essere confermata una tendenza, ovvero un nuovo bipolarismo fra Lega e 5 Stelle. I sondaggi più recenti dicono che gli elettori non si sono pentiti di aver scelto due partiti definiti anti sistema. Se tra le intenzioni dei votanti c'era la volontà di mandare in pensione la vecchia classe politica, diciamo che ci sono riusciti, perché in un solo colpo hanno rottamato due schieramenti che per un quarto di secolo si sono contrapposti. Nei prossimi mesi potrebbero ripensarci? Se si dà retta ai sondaggi, no. Anzi. Le ultime rilevazioni segnalano una tendenza dell'elettorato a polarizzarsi ancora di più, scegliendo di stare o con i 5 Stelle o con la Lega. I valori variano a seconda dell'istituto che ha elaborato i conteggi, ma diciamo che si va dal 34-35 per cento nel caso dei grillini, al 20-23 per cento per la Lega. Insomma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini stanno piano piano prendendo il posto che per anni era stato di leader come Romano Prodi, Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Certo, per confermare il passaggio serve qualche cosa di più di un sondaggio e dunque eccoci qui ad aspettare le elezioni di Friuli Venezia Giulia e Molise. Basterà un test di un milione e mezzo di persone per capire se la sfida dei prossimi anni si giocherà fra 5 Stelle e Lega? C'è chi dice no e ipotizza che si debba attendere il 10 giugno, quando gli italiani saranno chiamati alle urne per rinnovare 800 comuni, un appuntamento che mobiliterà sette milioni di italiani. Insomma, come dicevo, bisognerà prendersela comoda, perché visto come si sono messe le cose, può essere che prima dell'estate non si intraveda l'ombra di alcun esecutivo. A questo punto, visto che, come detto, la tendenza porta a un bipolarismo che comprende pentastellati e leghisti, a qualcuno verrà spontanea una domanda: ma allora il governo Di Maio-Salvini è impossibile, visto che i due sono concorrenti e nei prossimi mesi - o anni - giocheranno una partita che li vede avversari? E qui invece tocca registrare il clima che si respira al Quirinale. Sul Colle sono convinti che, superati i prossimi appuntamenti elettorali, Lega e 5 Stelle si metteranno d'accordo per un governo che li veda alleati, coinvolgendo tutto il centrodestra. Anzi, i consiglieri del presidente pensano che l'accordo ci sia già, ma al momento pentastellati e leghisti preferiscano tenere le carte coperte, in attesa dei prossimi sviluppi. Né Di Maio né Salvini avrebbero fretta, perché nel frattempo in Parlamento potrebbero approvare il taglio dei vitalizi, qualche misura economica popolare e la legge elettorale. I nuovi padroni avrebbero interesse a lasciare che le scelte si sedimentino, convinti che con qualche intervento di sostegno alle famiglie e misure a favore delle imprese nessuno di loro perderebbe un voto. Poi, una volta varato il nuovo sistema elettorale, ossia l'exit strategy, l'esigenza di fare un governo tornerebbe d'attualità. Ma potrebbe essere un esecutivo a breve, dove nessuno - né grillini né leghisti - avrebbe da perderci. Se necessario, a questo punto si potrebbe andare al ballottaggio, ovviamente con protagonisti i due nuovi poli: Lega e 5 Stelle. Questa volta non più uniti, ma l'uno contro l'altro.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
Continua a leggereRiduci
Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
Continua a leggereRiduci
Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
Continua a leggereRiduci