2019-05-26
Battiston ricorrerà per tornare all’Asi. È il suo piano B se non va in Europa
Il Tar ha certificato la bontà della sua rimozione dall'Agenzia spaziale, lui rilancia al Consiglio di Stato. Mentre è in lista col Partito democratico. Nominare persone di fiducia in posizioni di elevata responsabilità quando si va al governo, ovviamente fatte salve le competenze personali richieste dalla legge, dovrebbe essere sempre considerata una pratica legittima e intelligente. Da noi in Italia la si chiama «spoils system», alla moda dei paesi anglosassoni, ed è cosa buona e giusta quando la fai tu e i tuoi amici. Ma quando la fanno gli altri, diventa una brutta cosa, una «lottizzazione», in alcuni casi una bieca «spartizione di poltrone». Ebbene, alla vigilia del voto, il Tar del Lazio ha stabilito che il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, aveva tutti i diritti di rimuovere Roberto Battiston, poi subito candidato alle Europee dal Pd come «martire della scienza», dalla carica di presidente dell'Agenzia spaziale italiana (Asi). Uno schiaffo non solo a Battiston, marito di una nipote di Romano Prodi, che aveva fatto ricorso contro il provvedimento di revoca, ma anche nei confronti del Movimento 5 stelle, che aveva protestato sostenendo che si «metteva a rischio la libertà della ricerca scientifica». La decisione del Tar respinge tutte le richieste del fisico trentino, dando piena vittoria a Bussetti. Il presunto «fattaccio», al quale sono seguiti l'immediata udienza del presidente Sergio Mattarella alla «vittima» Battiston e una serie di articoli dei giornaloni dedicati allo «scienziato rimosso» (sicuramente ignari del fatto che lo scienziato si sarebbe di lì a poco candidato con un partito politico), è stato la revoca del Miur firmata il 31 ottobre 2018. Nessuno si era infatti minimamente indignato di fronte a quanto aveva segnalato questo giornale nell'inverno precedente. E cioè che con la cadrega di Battiston (che vale diverse centinaia di milioni di budget) in scadenza a fine maggio, mentre le elezioni politiche erano previste per il 4 marzo, la ministra «zero tituli» Valeria Fedeli aveva veduto bene avviare le procedure di nomina in anticipo, in modo da reinsediare il nipote di Prodi il 7 maggio 2018, ovvero tre settimane prima che il governo Conte prestasse giuramento. Con una lunga e dettagliata inchiesta, La Verità aveva anche documentato la grave perdita di peso dell'Italia in sede europea, nelle politiche aerospaziali. Sembrava tutto caduto nel vuoto, e invece Bussetti ha preso in mano la pratica del «Nipoton», gli ha revocato la nomina ottenuta dal Pd «in articulo mortis», ha proceduto a un rapido commissariamento coronato da due ampie segnalazioni alla Corte dei conti per possibili danni erariali, e adesso, come presidente, c'è un altro scienziato non meno autorevole, ovvero Giorgio Saccoccia. Eppure il giorno della revoca, il viceministro grillino Lorenzo Fioramonti aveva preso platealmente le distanze dal ministro, affermando: «Non ne sapevo niente». Si era arrabbiato anche Stefano Buffagni, che si occupa di nomine per conto di Luigi Di Maio, il quale a sua volta aveva convocato un'immediata riunione dei gruppi parlamentari del M5s per discutere della «scorrettezza» della Lega e del fatto che «la ricerca non può essere terreno di scorribande». Ma ora, a dire che non ci furono «scorribande», arriva il Tar, che scrive: «Come chiarito dal Consiglio di Stato in più occasioni, il potere di intervento del ministero non necessita di una particolare e pregnante motivazione, diversa da quella dell'esistenza di una nomina che, per il tempo ravvicinato alla fine della legislatura, implica l'obiettiva inesistenza di una meditata e cosciente scelta fiduciaria imputabile al nuovo titolare del potere di indirizzo politico e amministrativo». Insomma, Bussetti aveva diritto di non farsi bagnare il naso dalla Fedeli. Ma all'Asi i problemi non sono finiti, perché l'ente controlla anche il Centro di ricerche aerospaziali di Capua, il Cira, oggetto di inchieste della magistratura per i contratti di manutenzione, ma dove lavorano 350 ricercatori di alto livello e che meriterebbero ben altro management. Entro la prima settimana si dovranno individuare i nuovi vertici, ma il clima è avvelenato. Una due diligence della Deloitte del 2017, commissionata da un Battiston giustamente preoccupato, non si sa bene che fine abbia fatto. Mentre due (falsi) dossier su presunte malefatte al Cira firmati Ugl, circolati in azienda e al ministero, oltre che tra in giornalisti, sono stati disconosciuti dall'Ugl, con il suo segretario provinciale Mauro Naddei che ha dovuto presentare denuncia. Naddei spiega: «In questi anni i sindacati hanno inutilmente tentato di interloquire con il presidente Battiston e con il ministro Fedeli, adesso speriamo che le cose cambino perché abbiano già dimostrato di saper far fruttare gli investimenti ricevuti e invochiamo un processo trasparente per la nomina dei nuovi vertici». Intanto Battiston ha già annunciato ricorso al Consiglio di Stato. Hai visto mai che domenica non lo eleggano.