2025-10-07
Ricordiamo i cristiani che sconfissero l’islam
La Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 di Andries Van Eertvelt, dipinto del 1640 (Getty Images)
La grande lezione della battaglia di Lepanto, combattuta il 7 ottobre 1571, e la jihad dei giorni nostri.Stamane a mezzogiorno in punto, come accade da 454 anni, le campane di tutte le chiese cattoliche batteranno rintocchi di gioia. Molti, increduli, si chiederanno perché. È il nostro 7 ottobre che offre all’Europa un’eccezionale occasione: commemorare le vittime ebree della strage perpetrata da Hamas nel 2023 e ribadire le nostre radici cristiane. Papa Pio V l’inquisitore - narra la leggenda - ebbe la visione, favorita dalla Madonna, della vittoria a Lepanto della Lega Santa sulla flotta ottomana proprio alle 12 del 7 ottobre e ordinò che si desse l’annuncio con rintocchi di festa. La conferma della vittoria arriverà a Roma quasi un mese più tardi quando l’ammiraglio Marcantonio Colonna - uno degli artefici della vittoria unitamente alle navi toscane, veneziane e con Giovanni d’Austria a capo di tutta la spedizione - che comandava le galee pontificie fece rientro trionfale. A Subiaco nella biblioteca del primo monastero di San Benedetto sono custoditi i diari di bordo di Marcantonio Colonna e c’è questa eccezionale sintonia tra il patrono d’Europa e l’ammiraglio che salvò l’Europa. Noi di quel sette ottobre, della battaglia di Lepanto ci siamo dimenticati. Non loro; i discendenti di Selim II il sultano ottomano che voleva conquistare il Mediterraneo e rendere schiavi i cristiani se ne sono ricordati: il 7 ottobre giorno delle stragi che Hamas ha compiuto in Israele con la cosiddetta «operazione diluvio» ha una sola ricorrenza di calendario: la sconfitta dei mussulmani a Lepanto. Si è tentato di affermare che il massacro operato dai jihadisti partiti da Gaza e che hanno ucciso almeno 1200 ebrei di cui 900 civili, hanno rapito 300 israeliani tra cui almeno 50 bambini, hanno stuprato centinaia di donne, hanno bruciato i feti strappati dalle mamme incinte che sono state squartate, era una ritorsione per l’attacco alla moschea di al-Aqsa o che cadeva nel cinquantesimo anniversario della guerra dello Yom Kippur del 1973. Ma quel conflitto scoppiò il 6 ottobre. Il riferimento è Lepanto! Non è un caso che la Turchia appoggi apertamente i terroristi arabi. Recep Tayyp Erdogan il quasi-dittatore turco che sta nella Nato, ma è contro l’Occidente ha affermato che «Hamas è composta e sostenuta da combattenti per la liberazione, non da terroristi». Il loro sette ottobre è massacro di ebrei e sfida all’Occidente; è una rivincita alla memoria della battaglia di Lepanto. Sentendo oggi a mezzogiorno il rintocco delle campane dovremmo rammentarcela quella data che dovrebbe assurgere a Festa Nazionale dell’Europa. È manifesto che dietro il sostegno a Gaza si cela un disegno anti occidentale. A disvelarlo bastano le analogie tra Lepanto e l’oggi. La Flotilla s’è mossa lungo la stessa rotta delle galee della Lega Santa che si radunarono a Messina per concentrarsi poi a Cefalonia il e andare allo scontro finale davanti a Lepanto. Su quelle 215 tra galee e galeazze era riunita la Lega a difesa della cristianità, sulla Flotilla era imbarcata una lega contro la cristianità che viene oggi esaltata dai filo-mussulmani arrivati con i barconi in Occidente per inverare la «sunna». Le analogie non sono finite; Papa Pio V costituì la Lega Santa dopo che a Famagosta - città veneziana che la Serenissima aveva perduto ed esortava la cristianità alla riconquista - i turchi avevano sterminato la popolazione civile, scuoiato vivo il comandante veneziano Marcantonio Bragadin tradendo gli accordi di pace sottoscritti da Lala Mustafà. È la cronaca di oggi: Hamas ha tradito gli accordi di Abramo, ha scuoiato i bambini ebrei, ma conta sull’ignavia dell’Occidente. Perciò il sette ottobre non deve essere la commemorazione in cui Israele da solo ricorda i suoi morti, ma deve diventare di nuovo una celebrazione della cristianità e dell’Occidente. Oggi nelle nostre scuole si dovrebbe ricordare la battaglia di Lepanto. Quando eravamo studenti, noi a Pisa s’andava nella chiesa di Santo Stefano in piazza dei Cavalieri a fianco della Sapienza a chiedere «misericordia» prima di un esame tosto sotto le bandiere catturate ai turchi. Oggi quell’università ripudia gli ebrei. A Loreto la Madonna nera è celebrata anche come «Nostra Signora della Vittoria» - a Porto Recanati furono accolti e curati i nobili cristiani feriti nel conflitto navale - e sfogliando il Don Chisciotte - manifesto della cultura europea - si riconosce il Miguel de Cervantes ufficiale sulle galee spagnole. Ma né a Loreto né nelle biblioteche c’è traccia dello spirito di Lepanto. Mentre al Cairo si tratta ci si dovrebbe ricordare di come Venezia dopo due anni da Lepanto fu costretta comunque a pattegiare con il gran visir Sokollu perché la Lega Santa tra mille dispute si era dissolta. E il turco disse al doge Alvise Moncenigo: «Se concedi a me potrai fidarti più dei turchi che dei cristiani.» Non sono forse le stesse blandizie di Erdogan che si propone come mediatore di tutto di fronte alle debolezze europee sul fronte ucraino e su quello palestinese? Il nostro sette ottobre potrebbe ricordarci che Papa Pio V rinchiuse gli ebrei nei ghetti di Roma, Avignone e Ancona, li espropriò di ogni avere e tentò di convertirli a forza. Niente però in confronto di ciò che accade oggi quando Francesca Albanese - diventata l’anti-madonna pellegrina dei pro-Pal - fugge rabbiosa di fronte all’evocazione di Liliana Segre, deportata ad Auschwitz, che la sinistra ha voluto senatrice a vita per innalzarla come simbolo della resistenza contro la destra al potere, ma che è oggi incapace di difendere dalla furia antisemita rivelando tutta la sua ipocrisia. Contro questa ipocrisia che nasconde dietro le bandiere della Palestina innalzate da Elly Schlein e da Maurizio Landini la volontà di distruggere l’Occidente e di liquidare il governo di Giorgia Meloni democraticamente eletto, dovrebbe tornare a garrire il vessillo di Lepanto: l’ultimo simbolo della coscienza cristiana dell’Europa.
Mario Venditti. Nel riquadro, il maresciallo Antonio Scoppetta (Ansa)
La neo premier giapponese Sanae Takaichi (Ansa)
Andrej Babis (Getty Images)
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'eurodeputato di Fratelli d'Italia in un intervento durante la sessione plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo.