
Originaria perlopiù dello Sri Lanka, questa spezia è l’ideale per aromatizzare dolci e bevande calde. La si usa già tritata e pure in stecche (ma fate attenzione alle dosi), e aiuta a gestire gli attacchi di fame.«Cannella o cacao sul cappuccino?». È questa la domanda che si sentono fare spesso gli italiani al bar. Se in passato la domanda riguardava solo il cacao, da qualche tempo a questa parte si è aggiunta la nuova possibilità, forse mutuata dalla cioccolata calda invernale e dal caffè sui quali già veniva proposta come aromatizzante. La cannella è un bell’alberone sempreverde che può arrivare anche a 15 metri di altezza originato in Sri Lanka, il cui nome in passato era Ceylon. Dal punto di vista botanico, quella che trovate come cannella Ceylon è la cannella dello Sri Lanka, appartiene alla famiglia delle Lauraceae, genere Cinnamomum, specie verum sinonimo zeylanicum. Gli alberi di cannella si riconoscono anche per le foglie grandi anch’esse, che possono arrivare anche a 20 centimetri di lunghezza e 5 di larghezza, di forma ovale. Tra le foglie emergono le infiorescenze di fiorellini bianchi che poi mutano in frutti, per la precisione drupe che contengono i semi privi di albume. Ma non è in quel frutto che risiede la nostra cannella. Saprete certamente che la cannella si può trovare in stecche o tritata in polvere. I puristi la preferiscono in stecche che poi si tritano con l’apposita mini grattugia usata anche, per esempio, per la noce moscata, o con il macinacaffè elettrico. Si possono trovare presso produttori molto forniti anche i fiori di cannella, ma è raro. Troviamo ovunque le stecche (o la polvere fatta con quelle stecche). E quelle stecche altro non sono che strisce della corteccia spellata dei ramoscelli e del fusto dell’albero di cannella che si fanno seccare e seccandosi si arrotondano in forma di piccole pergamene. L’odore delle «fette» di corteccia di albero della cannella appena ritagliate è erboso e aspro, dopo l’essiccazione diviene pungente, a metà tra pepe e chiodi di garofano, ma più dolce e più suadente rispetto a quelli, e il colore da giallino-verdastro è mutato in quella particolare, e molto bella, tonalità di marrone aranciato che chiamiamo proprio marrone cannella. La grande differenza con altre spezie è questa forma in stecche, attenzione però a non considerare una stecca di cannella un’unità da utilizzare tranquillamente. Ricordate sempre che, come è per la noce moscata, quella è l’unità da cui ricavare un po’, ripetiamo, un po’ di polvere per una persona. Oppure da cui tagliare un pezzetto per metterlo, per esempio, in un liquido da aromatizzare, per poi rimuoverlo una volta che ha ceduto sapore e odore. Si fa così con le creme dolci. Una stecca intera o anche più di una sono usate nel caso di grandi, grandissime quantità di preparazioni da aromatizzare, per esempio in pasticceria, ma più nelle pasticcerie che in casa. Tanti si pongono la questione se la stecca si possa imbibire in un liquido e una volta che essa lo avrà aromatizzato rimuovere, sciacquare, far asciugare e riporre in dispensa per un nuovo uso. Tecnicamente si potrebbe, ma a nostro avviso non è igienico e consigliamo di usare un pezzo di bastoncino, tagliandolo delicatamente col coltello, e dopo l’uso gettarlo via. Anche «il tè di cannella», preparato infilando direttamente un bastoncino nell’acqua per una sola persona ci lascia perplessi e preferiamo l’aromatizzazione di un vero e proprio tè con un un pizzico di polvere o un tocchetto di bastoncino di cannella (sempre da non ingoiare ma gettare via dopo l’aromatizzazione). Nella preparazione di caffè di cannella che segue, come vedrete una stecca aromatizza mezzo litro di acqua: ciò è utile a capire che una stecca di cannella è, come si dice, tanta roba, troppa per una sola persona. Ecco la ricetta della torrefazione lombarda Portioli (dal sito www.portioli.it): «Si tratta di una tazzina da preparare sia con la moka sia con la macchina per il caffè americano: nel primo caso al posto dell’acqua di rubinetto si mette nella moka un infuso di cannella. L’infuso si prepara con due stecche di cannella spezzate in un pentolino con un litro d’acqua da portare a ebollizione, per poi spegnere il fuoco, coprire e lasciare raffreddare. L’acqua aromatizzata filtrata sarà usata per preparare l’espresso alla cannella, da preparare anche aggiungendo un cucchiaino raso di polvere di cannella ogni tre di caffè macinato alla moka o alla macchina. Le due polveri non vanno mescolate e la cannella non deve essere troppo pressata nella macchina da caffè o nella moka. Il caffè che otterremo profumerà la casa e ci avvolgerà con l’aroma di cannella per la prima colazione o la pausa ricca di gusto. Chi preferisce il caffelatte può aggiungere un velo di cannella nella tazza e questa spezia è perfetta anche per la schiuma del cappuccino proprio come si fa con il cacao amaro che decora il caffè al bar. Non solo: il caffè alla cannella è adatto a bagnare i savoiardi o i biscotti secchi del tiramisù per dare maggiore sapore al dolce».Abbiamo già detto che la cannella è originaria dello Sri Lanka e da lì si è espansa in altri Paesi sull’Oceano Indiano come la Malesia, il Madagascar e l’Indonesia e sull’Oceano Atlantico come le Antille, ma la cannella pur non essendo una pianta del nostro territorio è stata ben accolta come esponente del paniere di spezie orientali importate da, ormai, tanti secoli, diventando un ingrediente caratterizzante della cucina nostra e, in generale, europea: la usavano già Greci e Romani acquisendola dagli Arabi. Se qui in Occidente la usiamo per lo più come spezia che debba caratterizzare i dolci (e ora i cappuccini), in Oriente la cannella connota anche piatti salati molto diffusi. Uno su tutti, il riso pilaf, un caposaldo della cucina centroasiatica e mediorientale. In entrambi i quadranti del mondo, la cannella aromatizza il tè (e la cioccolata e il caffè e ora da noi anche il cappuccino). I bastoncini di cannella vanno consumati entro quattro anni, profumano molto più intensamente della cannella in polvere e però vanno protetti conservandoli in contenitori, preferibilmente di vetro, chiusi e riposti al riparo dalla luce. Anche la cannella tritata si conserva così, ma la sua durata di conservabilità è inferiore, proprio come lo è l’odore. Esiste poi una «cannella liquida», che si ottiene lasciando macerare la corteccia dell’albero di cannella in acqua del mare e poi distillando. Essendo una cannella estremamente concentrata, poiché questo liquido contiene il 90% di aldeide cinnamica, di solito si usa in ambito medicale e non culinario. In 100 g di cannella troviamo 247 calorie, quindi l’apporto della spolverizzata su caffè o cappuccino non ha grande peso. Nella cannella troviamo poi sali minerali importanti come calcio (1002 mg), potassio (431 mg), magnesio (60 mg), fosforo (64 mg), ferro (8,3 mg) e vitamine come la C (3,8 mg), alcune del gruppo B (0,02 mg di tiamina, vitamina B1, 0,04 mg di riboflavina, vitamina B2, 1,3 mg di niacina, vitamina B3 o PP, 0,16 mg di vitamina B6, 6 µg di vitamina B9 o acido folico), vitamina E (2,3 mg), vitamina K (31,2 µg). Questa spezia, anche nel solo pizzico che se ne assume, fa molto bene alla nostra salute perché ha proprietà digestive per tutti e in particolare per chi soffre di flatulenza e altri generici disturbi digestivi, ha effetto sul livello degli zuccheri nel sangue, che controlla e, per questo motivo e per la capacità di rallentare la velocità dello svuotamento gastrico, aiuta anche a gestire gli attacchi di fame. Le sono poi riconosciute proprietà equilibratrici del ciclo mestruale. Importantissima la sua valenza disinfettante: ha capacità di combattere le infezioni e prevenirle, in particolar modo quelle fungine e batteriche. Un cappuccino o un caffè spolverizzato di cannella può aiutarci, quindi, a combattere il mal di gola anche in questo ultimo colpo di coda meteorologico dell’inverno (il 20 marzo sarà l’equinozio di primavera) o, ricordatevelo in estate, da eccesso di aria condizionata. Oltre alla cannella di Ceylon ci sono cannelle meno note come la cannella indiana, Cinnamomum burmanii, la cannella vietnamita, Cinnamomum loureiroi, e poi c’è una cannella meno pregiata e meno costosa, quella cinese, il cui nome botanico è Cinnamomum aromaticum. 1 kg di cannella cinese chiamata anche cassia (attenzione, non ha niente a che vedere con la pianta dal nome botanico Cassia obovata) risulta essere assai meno costosa oltre che caratterizzata da un gusto e un aroma più aspri e contiene più cumarina di quella contenuta nella cannella di Ceylon, circa 3.000 mg di cumarina, più o meno 63 volte, se è tritata in polvere, e 18 volte, se è intera in bastoncini, la quantità di cumarina che si trova nella cannella di Ceylon. Con una cannella con più cumarina si può dare luogo più facilmente a sovradosaggio dannoso se non si sa che ne va consumata di meno rispetto a quella, per esempio, di Ceylon. Il consumo eccessivo di cumarina, infatti, può potenzialmente danneggiare il fegato e i reni: non si deve assolutamente abusare di cumarina e dunque non si deve abusare di cannella, meno che mai di quella che ne contiene di più di altre cioè quella cinese. La cumarina è un composto aromatico presente in molte famiglie di vegetali e quella contenuta nella cannella è a più alto assorbimento e biodisponiblità. Ricordatevelo e quando al bar vi chiederanno se volete cannella sul cappuccio: accettatene un pizzico (l’Efsal, Autorità europea per la sicurezza alimentare, stabilisce che la dose giornaliera tollerabile di cumarina è 0,1 mg/kg, 1 cucchiaino di cannella cinese contiene dai 2 ai 4 mg di cumarina, quindi si può considerare una dose ideale per un adulto di peso normale).
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