
Il leghista si è affidato ai santi d'Europa e a Maria. Apriti cielo. Pietro Parolin: «Pericoloso invocare Dio per sé stessi». Antonio Spadaro: «Mercanteggiamento». È la deriva di quei prelati che pretendono di distribuire anche patenti di fede.Sono arrivate - massicce e compatte - le brigate «religiosamente corrette», la «polizia del pensiero» applicata al cattolicesimo, i credenti pronti a sequestrare patenti di religiosità, gli occhiuti guardiani di ciò che altri cristiani possano o non possano dire. Tutti scatenati contro Matteo Salvini, che a Piazza Duomo non si è limitato a citare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non ha solo risposto a papa Bergoglio («Il governo sta azzerando i morti nel Mediterraneo, con spirito cristiano. Stiamo salvando vite. Diciamolo con orgoglio andando a messa»), ma - ecco il singolare capo di imputazione a carico del leader leghista - ha mostrato un rosario e ha aggiunto: «Ci affidiamo ai sei Patroni d'Europa, Benedetto da Norcia, Brigida di Svezia, Caterina da Siena, Cirillo e Metodio, Teresa Benedetta della Croce: affidiamo a loro il nostro destino e i nostri popoli. E io personalmente affido la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria».Una reazione equilibrata, per chiunque (laico o credente) sarebbe stata: sono affari di Salvini, dica ciò che crede, ognuno è libero di scegliere le proprie parole, e poi saranno gli elettori (a partire dai cattolici) a manifestare o no il loro apprezzamento. E invece? E invece apriti cielo! Alcune figure del cattolicesimo progressista, non di rado quelle più esposte nella crociata immigrazionista, si sono scatenate. Non si erano fatti scrupoli nel vedere un prete a bordo della Mare Jonio, un po' cappellano dei centri sociali e un po' inviato di Fabio Fazio a bordo. Anzi: si erano spellati le mani per applaudire don Mattia Ferrari e il suo mix di predica e comizio. Ma Salvini ha fatto loro l'effetto di un drappo rosso agitato davanti a un toro.Ecco Famiglia Cristiana: «Da Salvini sovranismo feticista». Quindi si intuisce che un rosario, in mano a Salvini, divenga un feticcio, qualcosa di morboso, peccaminoso e forse perfino contaminato. A ruota, è arrivato padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore di Civiltà Cattolica e consigliere di Bergoglio. La scorsa settimana aveva twittato per esaltare il Cardinalone Elettricista («Oggi abbiamo più bisogno di preti scassinatori di anime inquiete», aveva incredibilmente scritto, beccandosi inevitabili rispostacce, tipo quella dell'utente Annarosa, che gli aveva replicato: «Di anime, non di contatori»). Ieri Spadaro si è esibito su Facebook: «Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio». E ancora: «Ascoltare il nome di Dio e di Maria non deve far esultare l'animo religioso sempre e comunque. Infatti “Non nominare il nome di Dio invano" ci chiede di non usare il nome di Dio per i propri scopi. Ciascuno può valutare le intenzioni. Tuttavia è chiaro che l'identitarismo nazionalista e sovranista ha bisogno di fondarsi anche sulla religione per imporsi. Ha trovato questa carta della strumentalizzazione religiosa come adatta e la usa. La coscienza cristiana, a mio avviso, dovrebbe sussultare con sdegno e umiliazione nel vedersi così mercanteggiata e blandita».E anche qui sia consentito a un laico, come chi scrive, di notare il curioso e perfino surreale doppiopesismo: per Spadaro, ci sono quelli che possono e quelli che non possono evocare valori e sentimenti religiosi. Dipende da chi lo fa. Se lo fa chi è a favore di certe posizioni, transeat. Se invece lo fanno altri, arriva padre Spadaro, in versione vigile urbano con tanto di paletta in mano, per indicare il divieto di transito. Non scherza nemmeno il priore di Bose, padre Enzo Bianchi. Pure lui inviperito: «Sono profondamente turbato: com'è possibile che un politico oggi, in un comizio, baci il rosario, invochi i santi patroni d'Europa e affidi l'Italia al Cuore Immacolato di Maria per la vittoria del suo partito? Cattolici, se amate il cristianesimo, non tacete, protestate!». Non manca all'appello anti leghista il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin: «Invocare Dio per sé stessi è pericoloso». Manca solo - ma non vorremmo dare suggerimenti - la convocazione di un esorcista anti Salvini.
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Oggi, a partire dalle 10.30, l’hotel Gallia di Milano ospiterà l’evento organizzato da La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Una giornata di confronto che si potrà seguire anche in diretta streaming sul sito e sui canali social del giornale.
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Evento La Verità Lunedì 15 settembre 2025.pdf
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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