
Oggi, dire che le unioni arcobaleno non hanno senso perché non possono generare la vita è considerato alla stregua di un «reato». Ma gli intellettuali che osano far sentire la propria voce contro le persecuzioni delle persone Lgbt in terre islamiche sono pochissimi.Ha molto scandalizzato la mia frase «l'omofobia è un diritto umano». Tanto per non perdere l'abitudine ho anche detto e scritto che «l'islamofobia è un diritto umano»: mi assumo la responsabilità di entrambe le affermazioni. Sono disposta a combattere e a morire per questi due diritti perché, se saltano loro, salta anche la libertà di parola. Omofobia e islamofobia fanno parte del diritto alla libertà di parola, che è sacra. Se anche (è una frase ipotetica) omofobia e islamofobia fossero un errore, professarle farebbe comunque parte della libertà di parola: il diritto più alto che include anche quello di dire cose sbagliate.Sono le dittature che sanno sempre, con certezza adamantina, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, che cosa è assolutamente vero e che cosa è indubbiamente falso. Invece le democrazie sono, per definizione, meno scintillanti e più cialtrone: perennemente in bilico sul dubbio, quindi strutturalmente inabili al divieto di un pensiero. Quando questo divieto arriva, la democrazia ce la siamo giocata. Dato che il male si traveste da bene per trascinare il bene nel baratro, l'annichilimento della libertà di parola passa attraverso la «difesa delle minoranze». Un termine ampolloso con il quale si indica la molto più becera dittatura delle minoranze, una dittatura basata su un miscuglio di vittimismo e protervia, quest'ultima mediata da squadre di avvocati.Perciò, anche se siete assolutamente certi che l'omosessualità esista e sia fisiologica, genetica e irreversibile, anche se siete assolutamente certi che l'islam sia una religione di pace e picchiare una moglie, lapidare un'adultera o decapitare un ebreo (come fece il Profeta medesimo con gli ebrei Banu Qurayza) siano gesti di irrefrenabile altruismo, combattete per la libertà di parola perché è sacra.Riporto la magnifica frase di uno dei miei editori: «Dottoressa, le sue idee mi fanno rizzare i capelli in testa ma sono disposto a combattere fino alla morte per la sua libertà di parola, anche perché se salta la sua, prima o poi salta la mia».Omofobia e islamofobia sono due ridicoli neologismi, creati mischiando un temine psichiatrico di origine greca - che indica una paura irrazionale - e il nome di una minoranza messa al di sopra di ogni critica. L'attacco alla libertà di parola è la sottile forma di dittatura: quella che, sempre, apre la strada alle più bestiali. La libertà di parola è al di sopra di tutto, il sacrosanto diritto del cittadino di esprimere critiche deve essere difeso contro ogni manipolazione.Faccio parte dello sparuto gruppo di intellettuali che, contrariamente ai gruppi Lgbt, contrariamente a Laura Boldrini o Federica Mogherini, osa far sentire la propria voce contro la persecuzione delle persone a comportamento omoerotico in terra islamica. Le persone a comportamento omoerotico sono lapidate in Arabia, impiccate in Iran e, a Gaza, sono buttate dai tetti delle case più alte.Sono uno dei pochissimi intellettuali che osa ricordare tutti gli uomini a comportamento omoerotico portati alla morte, insieme a sacerdoti e oppositori politici, dal tanto fotogenico Che Guevara. Fu proprio Guevara ad aprire, nel 1960, il primo campo di lavori forzati a Cuba per gay. «Ci mandiamo chi ha commesso peccati contro la morale rivoluzionaria», dichiarò nel 1962. «Gay, trans e lesbiche non rientravano nel modello dell'uomo nuovo proposto dal Che, uno dei più convinti leader omofobici dell'epoca» scrive Emilio Bejel nel saggio «Gay Cuban Nation». Questo lo diciamo Magdi Allam, Giulio Meotti, Alexandre del Valle, pochi altri e io. Mentre i gruppi Lgbt non hanno mai dedicato un carro dei pride agli assassinati.La persecuzione delle persone a comportamento omoerotico nelle terre dell'islam, come in quelle desolate del comunismo è orrendo, anche se fortunatamente i numeri della persecuzione si possono contare in unità e non in migliaia come per i cristiani perseguitati. Dello sterminio dei cristiani o, molto banalmente, di quello delle persone al secondo piano del Bataclan prese in ostaggio dai terroristi e, secondo alcune testimonianze, torturate con castrazione o avulsione dei globi oculari prima di essere ammazzate, non importa un fico a nessuno.Il fatto che esistano persecuzioni, tuttavia, non pone il comportamento omoerotico al di sopra della verità. Ognuno deve poter vivere come vuole, ma nessuno può essere al di sopra della verità grazie a leggi specifiche che puniscono chi osa dire la verità. Omofobia e islamofobia sono i due psicoreati di un presente totalitario che si prepara a un futuro dittatoriale, a meno che uomini e donne di coraggio non osino affrontare questo schema e ripristinare la libertà di parola.La libertà di parola non è stata un dono. È costata lacrime e sangue, è stata conquistata con il ferro delle spade e il fuoco dei roghi. La gente è veramente morta per la libertà di parola e nessuno ha il diritto di limitarla. L'arma per limitarla è il vittimismo, il linguaggio manipolatorio. Omofobia e islamofobia sono i due grimaldelli con cui nazioni democratiche, come Canada e Svezia, hanno distrutto il loro bene più prezioso: la libertà di parola.Perché l'omofobia è un diritto umano? Questo strampalato neologismo, in realtà, vuol dire altro. In psichiatria indicava la paura di essere attratto da persone dello stesso sesso. Oggi, invece, indica qualsiasi critica alle istanze Lgbt. Dichiarare che un bambino deve avere un padre e una madre è considerato omofobia: per questa affermazione si può perdere il lavoro in molte società della Silicon Valley, soprattutto Google e Facebook. Durante l'amministrazione di Barack Obama poteva costare il posto anche nelle amministrazioni statali. Noi ci dichiariamo omofobi e fieri di esserlo: un bambino deve avere padre e madre, e siamo disposti a subire persecuzioni pur di affermarlo.Dichiarare che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non ha alcun senso perché non è generativo, è considerato omofobia. Fieri di essere omofobi. Due maschi insieme non generano la vita, due femmine insieme non generano la vita, mentre un uomo e una donna generano la vita. E quindi, affermare che la relazione tra due uomini che non genera la vita ha lo stesso valore di una relazione tra un uomo e una donna che la generano, è come dire che la vita non ha valore. E questo è atroce.Affermare che una relazione che procrea ha più valore di una relazione sterile che moltiplica il rischio di patologie è, secondo i movimenti Lgbt, omofobo. Siamo omofobi. Lieti e fieri di esserlo: la vita ha un valore immenso e nasce solo dalla relazione tra un uomo e una donna, relazione che è al di sopra di tutto e non può essere equiparata a niente altro. Anche la vita degli attivisti Lgbt è nata dall'incontro di un uomo e una donna. Se dicono che questo incontro ha lo stesso valore della penetrazione anale, stanno dicendo che la loro stessa vita non ha valore: chi non dà valore alla propria vita odia quelli che, invece, lo danno. È l'odio che i sommersi hanno per i salvati.La verità scientifica sul comportamento omoerotico è che non è geneticamente determinato. Quindi, ne consegue che è un comportamento che può essere modificato. È stato l'italiano Andrea Ganna a guidare lo studio dell'università di Harvard e del Mit, pubblicato su Science, che afferma che non esiste un «gene gay» ma una componente genetica molto complessa che conferma una predisposizione mediata da molti geni. Tuttavia, il contributo genetico, nella definizione dell'omosessualità, è pari a un terzo o un quarto. La teoria Born This Way muore qui.Insomma, è piuttosto il risultato di ambiente e cultura. Eppure, affermare che la cosiddetta omosessualità non è genetica è considerato omofobo. Siamo omofobi. Si tratta, invece, di uno stile di vita che diventa talmente abitudinario da creare dipendenza. Ed è uno stile di vita biologicamente perdente, in quanto biologicamente sterile e gravato da un aumento statisticamente importante di patologie.Criticare l'oscenità e la blasfemia dei pride e trovare ignobile che siano finanziati da denaro pubblico è omofobo? Allora, siamo omofobi.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.