2021-10-24
Ennesimo oro azzurro: Bartolini fa la storia
Il sardo diventa campione del mondo di ginnastica artistica a corpo libero. Un risultato tanto prestigioso mancava dall'oro olimpico di Menichelli nel 1964: «Mi merito una statua». Dopo l'estate magica di Jacobs e Tamberi, il tricolore svetta ancora ai massimi livelli. Un raffronto sottile accomuna la fisica epicurea alla ginnastica artistica a corpo libero: il concetto di clinamen. Gli epicurei sostenevano fosse la deviazione spontanea degli atomi durante la loro caduta nel vuoto in linea retta, un cambiamento di traiettoria casuale nel tempo e nello spazio che corrisponderebbe anche al grado di libertà conciliabile con le decisioni umane. Immaginiamolo applicato ai ginnasti: volteggiano in alto, disegnano traiettorie quasi oniriche, poi, cadendo, si giocano in poche, piccole mosse decisive la differenza tra gloria e disfatta. La gloria, da ieri, appartiene tutta a quell'epicureo inconsapevole di Nicola Bartolini da Quartu Sant'Elena, Cagliari, classe 1996, nuovo campione del mondo nella specialità maschile, capace di innescare un tripudio di applausi nell'arena di Kitakyushu, profondo Giappone. 14.800 il suo punteggio, davanti all'idolo di casa Kazuki Minami e al finlandese Emil Soravuo. Gli almanacchi gongolano: l'ultima medaglia italiana in questa specialità fu agguantata da Franco Menichelli nel 1964, e fu un altro oro strappato in terra nipponica. Sportivamente parlando, un'era geologica fa. Bartolini fiutava la vittoria già da un bel po'. Sei mesi fa si era intascato - una sorta di rodaggio - il bronzo agli Europei di Basilea, poi è stato costretto a saltare le ultime Olimpiadi, escluso all'ultimo momento per un complesso sistema di regolamenti che gli ha preferito il greco Petroniuas e il parallelista cinese You Hao. L'oro di ieri lo ripaga della delusione estiva e lo spedisce di diritto tra i mostri sacri della ginnastica tricolore, a fianco di quel Yuri Chechi che dagli anni Novanta si è imposto come «Signore degli anelli» incontrastato. Un metro e 70 di statura e 65 kg di peso, il «Tigrotto sardo» (così lo chiamano affettuosamente gli amici isolani) è stato il primo a esibirsi nella mattinata di sabato. Nervi saldi, esecuzione all'inizio prudente, poi sempre più sciolta, fino a confezionare uno spettacolo pressoché perfetto. Per uno di quegli strani parallelismi della sorte, pareva che accanto a lui si proiettasse l'immagine del sé stesso bambino, quando a 5 anni decise di diventare ginnasta, anziché calciatore: «Tutti i miei amici praticavano calcio, calcio, solo calcio...», ricorda lui, un sorriso sornione stampato sul volto ancora imberbe nonostante il corpo intriso d'inchiostro per i tatuaggi. Il pallone, idealmente, non lo ha abbandonato, Nicola rimane grande tifoso del Cagliari. Ma la ginnastica ha iniziato da subito a regalargli soddisfazioni sudatissime, come documentato nel reality show di Mtv Vite parallele, in cui è apparso tra i protagonisti. Ora è giunto il tempo di suonare qualche nota di sacrosanta spavalderia: «Mi merito una statua, è un risultato storico», commenta, «il momento è indescrivibile. Venivo da un periodo duro, tra la preparazione e mille altre cose. Ho tirato fuori gli artigli, eseguito gli esercizi giusti, poi si è aggiunto un pizzico di fortuna, quella non basta mai, ma quando si lavora duro, il risultato si vede». C'è stato un istante preciso in cui ha pregustato il primo posto: «Ho visto il filippino Yulo fuori pedana, lui era un rivale notevole, da lì ho iniziato a pensare che potessi conquistare qualcosa di serio». Arriva anche la medaglia d'argento per Asia D'Amato nella specialità del volteggio femminile: 14.083 il punteggio dell'azzurra, dietro alla brasiliana Rebeca Andrade. Nella gara di anelli maschile poi, argento per Marco Lodadio e bronzo per Salvatore Maresca, superati soltanto dal cinese Xingyu Lan. Il vento della ginnastica soffia su un'annata pirotecnica per lo sport tricolore. Dalla conquista degli Europei di calcio per la nazionale di Roberto Mancini, alla formidabile impresa del tennista Matteo Berrettini, finalista a Wimbledon e vincitore del Queen's, non scordando la messe di medaglie nella bacheca delle Olimpiadi di Tokyo (40 in tutto, 10 d'oro, 10 d'argento, 20 di bronzo) e delle Paralimpiadi (43 totali, 11 d'oro, 18 d'argento e 14 di bronzo). Proprio a Tokyo, l'exploit dorato di Marcell Jacobs nei 100 metri piani e nella staffetta 4x100 e quello di Gianmarco Tamberi nel salto in alto hanno segnato un precedente leggendario, regalando qualche mal di fegato alle nazioni rivali. I due atleti italiani sono di recente stati esclusi dalle nomine per il titolo di atleta dell'anno nel novero della World Athletics, la federazione internazionale di atletica. Una decisione controversa e difficile da digerire, così commentata dal presidente del Coni, Giovanni Malagò: «È molto poco credibile che nell'elenco manchi l'unico atleta che ha vinto due medaglie d'oro olimpiche. Ho chiamato Anna Riccardi della federazione, chiedendole chi fosse a votare le nomine. Mi ha detto di non saperlo, dicono sia un soggetto terzo, ma siamo molto dispiaciuti, oltre a Jacobs manca Tamberi, vincitore pure della Diamond League». Forse il successo italiano non è andato giù a qualcuno ad altre latitudini. Magari oltremanica.
Jose Mourinho (Getty Images)