2019-03-30
Bankitalia si impunta sui rimborsi ai truffati
I soldi ci sono, ma il decreto è ancora fermo perché il Mef teme che faccia scattare la procedura di infrazione. A non piacere a Visco è il mancato scudo per le autorità di vigilanza. Ma se cambiasse il testo, potrebbe partire un tavolo tecnico per aggirare l'Ue.Nelle nomine alla Ragioneria di Stato rientra Minenna. Ma circola anche il nome di Turturiello come successore di Franco, tornato a Palazzo Koch.Lo speciale contiene due articoli.La settimana è iniziata con una pesante dichiarazione di Matteo Salvini contro il ministro Giovanni Tria. «O firma il decreto pro sbancati, o lo faremo da soli». La settimana volge al termine e del decreto ancora non c'è nemmeno l'ombra. D'altronde il Mef è di parere estremamente negativo. I fondi per rimborsare le vittime dei crac ci sono e sarebbero già pronti. Il 16 dicembre scorso, però, Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, ha inviato all'ufficio legislativo un documento che definisce due passaggi della legge sui rimborsi «meritevoli di procedura d'infrazione».Anche se il governo decidesse di tirare avanti potrebbe capitare che la Corte costituzionale obblighi l'amministrazione a disapplicare una norma in contrasto con il quadro legislativo europeo. A quel punto -e magari a ridosso delle elezioni europee - il governo potrebbe scoprire che non si possono rimborsare tutti gli sbancati ma servirebbe ritornare alla pratica dell'arbitro bancario Consob. I tempi tornerebbero a essere lunghi e le elezioni passerebbero senza aver erogato il conquibus. Uno smacco dopo che solo dieci gironi fa la Corte europea ha bocciato la posizione della Commissione che a sua volta aveva stoppato l'intervento del Fondo interbancaria a favore del salvataggio di Tercas. Con quale coraggio politico il governo ora dovrebbe sostenere la linea dell'ubbidienza all'Europa e accettare il vecchio schema di risarcimento agli sbancati? La sentenza dei giudici Ue ha letteralmente cambiato le carte in tavola. Sia Salvini che Di Maio vorrebbero rimborsare tutti e poi semmai fare le pulci, ma l'infrazione non è proprio un tema che vogliono prendere in considerazione. Eppure Tria sta bloccando ancora tutto. Manca infatti un importante interlocutore. Per trovare soluzioni normative adeguate e salvare capra e cavoli servirà una proficua collaborazione tra politica, tecnici del Mef e i vertici di Bankitalia. E qui torniamo al punto di partenza. La storia insegna che le commissione d'inchiesta parlamentari non servono a nulla, salvo a fare pressioni politiche. Lo sa bene Sergio Mattarella e soprattutto lo sanno bene i vertici di Bankitalia. Istituire commissioni è però un diritto sacrosanto del Parlamento. In un momento di nomine e conferme Ignazio Visco non vorrebbe certo finire sule colonne dei giornali un giorno sì e uno no. Infatti il nodo che blocca il decreto salva sbancati riguarda proprio la punibilità o meno dei manager della vigilanza, che siano di Bankitalia o di Consob. Il Colle e Visco non demordono su questo tema. Senza è difficile che passi il maxi risarcimento. Lo scorso ottobre, ai tempi della manovra, il governo ha stanziato un miliardo e mezzo. D'altro canto, aveva posto dei paletti a questi risarcimenti: non oltre il 30% della somma perduta e comunque fino a un tetto di 100.000 euro. Naturalmente erano previsti anche dei vincoli giuridici: la necessità di avere in mano una pronuncia del giudice o dell'arbitro delle controversie della Consob che dimostrasse il carattere fraudolento della vendita delle azioni da parte delle banche. Alla lettera F, comma 3, dell'articolo 38 si leggeva anche: «L'accettazione equivale a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessi alle stesse azioni». Tradotto: ti precludi la possibilità di azioni legali verso le banche, e pure verso Consob e Banca d'Italia, a cui viene offerto un ampio ombrello rispetto all'eventuale accusa di non aver adeguatamente vigilato. Il testo durante l'iter parlamentare è poi cambiato. È sparita la necessità dell'arbitro bancario e un emendamento a firma del leghista Massimo Bitonci ha cambiato anche il tema dell'impunibilità. «Resta impregiudicato il diritto per i risparmiatori di cui al presente articolo di agire in giudizio per il risarcimento della parte di danno eccedente il ristoro corrisposto ai sensi del presente articolo». Dunque, il ristoro del 30% «deve essere considerato un acconto». E viene ripristinata «la possibilità di proporre azioni nei confronti delle Autorità di vigilanza e delle banche, oltre a consentire di proseguire nel contenzioso legale contro la Consob, Banca d'Italia e banche».È legittimo immaginare che il supporto tecnico da parte dei vertici di Bankitalia arrivi nel caso in cui l'emendamento salti e venga modificato. Un modo per evitare grane e rogne in futuro. D'altronde il governo senza la collaborazione del Mef e di Bankitalia rischia di non uscire dalla situazione di stasi e di non potersi vendere i rimborsi in tempo per le elezioni europee. Come sempre le partite sono complicate e Ignazio Visco ha ormai una grande esperienza di commissioni bancarie. All'ultima voluta dal Pd è entrato praticamente da sconfitto ed è uscito da vincitore. In quel caso Matteo Renzi ha lanciato una bomba che gli è tornata in faccia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bankitalia-si-impunta-sui-rimborsi-ai-truffati-2633176048.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nomine-alla-ragioneria-di-stato-e-minenna-rientra-dalla-finestra" data-post-id="2633176048" data-published-at="1758064815" data-use-pagination="False"> Nomine alla Ragioneria di Stato. E Minenna rientra dalla finestra Evidentemente con la benedizione di Sergio Mattarella, l'altra sera il consiglio superiore della Banca d'Italia, su proposta del governatore e ai sensi dello statuto, in seduta straordinaria ha nominato direttore generale Fabio Panetta, già membro del direttorio in qualità di vice direttore generale, con decorrenza dal 10 maggio 2019. In conseguenza di tale nomina, al fine di integrare il direttorio, il consiglio ha nominato due nuovi vice: Daniele Franco e Alessandra Perrazzelli, con analoga decorrenza. L'ingresso di Franco coincide con la sua scadenza dall'incarico di vertice alla Ragioneria dello Stato. E in giorni di nomine convulse il suo ritorno in Bankitalia ha aperto una serie di ipotesi. Innanzitutto quella secondo cui il suo successore possa pervenire dallo stesso entorurage. Motivo per cui una commissione di inchiesta proprio mentre si nomina il nuovo Ragioniere potrebbe essere un'Aula dalla quella fare partire bordate e al Colle non piacerebbe molto. D'altro canto il tema dei candidati alla successione è molto più ampio. Uno dei probabile candidati arriva dall'Interno. Sarebbe l'attuale ispettore generale capo, Biagio Mazzotta. Stimato come tecnico sarebbe una scelta con poche sfumature politiche. Al contrario degli altri due nomi attualmente in lizza. Il primo è Antonello Turturiello, attuale segretario della giunta della Regione Lombardia. Si è sempre occupato di finanza, contabilità delle Regioni e patti di stabilità interni. Visto la provenienza in molti lo vedrebbero contiguo alla Lega. Non tanto per le sue simpatie, ma per la conoscenza che ha dimostrato sui temi di federalismo fiscale. Sul fronte opposto invece sarebbe il candidato di chiaro imprinting grillino. Marcello Minenna dopo aver vagato sulle colonne dei quotidiani per settimane in attesa di essere nominato al vertice della Consob ha ceduto il passo all'ex ministro per gli Affari europei, Paolo Savona. Per Minenna rientrare in partita alla Ragioneria dello Stato sarebbe un grande rivincita. ma al tempo stesso si tratterebbe di un vero e proprio colpo di scena. Difficilmente il Colle darebbe il suo assenso a una tale scelta. Si può dire che la tradizione è quella di scegliere profili molto diversi a cui affidare le bollinature dei documenti di finanza pubblica. Al di là della prossima stesura del Def, al futuro Ragioniere dello Stato toccherà passare al setaccio la manovra di ottobre. Una delle più difficili degli ultimi anni dal momento che al governo toccherà disinnescare quasi 50 miliardi di clausola di salvaguardia. Avere un nome «amico» per il governo potrebbe fare la differenza. Immaginare che in piena trattativa con la Commissione europea Matteo Salvini e Luigi Di Maio possano finire impallinati dal fuoco amico sarebbe un enorme problema. E chi gestisce la Ragioneria dello Stato può bocciare l'intero lavoro del governo.