2022-06-25
Banchero è la prima scelta dell’Nba. Lui ringrazia e sceglie la nostra nazionale
Paolo Banchero (Getty Images)
L’italoamericano preso da Orlando mantiene la promessa: «Sarò azzurro». Altri due talentini nostrani selezionati dai big: è record.A vederlo così, inguainato in una pacchianissima giacca viola griffata Dolce e Gabbana da rockstar anni Ottanta, i riccioli ingovernabili a far da usbergo protettivo di un ovale da bimbo che ha scordato di ripulirsi il mento dalle briciole di torta di mele, Paolo Banchero ricorda un misto tra Prince e Willy Wonka, quello della Fabbrica di Cioccolato. Invece lui è una fabbrica di canestri destinata a scuotere l’Nba e la nazionale italiana. Il cestista classe 2002, nato a Seattle da padre ligure e mamma statunitense, da due anni cittadino italiano, è la prima scelta nel draft Nba di ieri, l’evento annuale in cui le trenta franchigie della pallacanestro professionistica Usa scelgono i nuovi giocatori, 16 anni dopo Andrea Bargnani. Militerà negli Orlando Magic con il ruolo di ala grande. È alto 208 centimetri, pesa 113 kg. Fino all’anno scorso, da debuttante nella Ncaa, la lega universitaria americana, ha indossato la casacca della Duke University, conservando una media di 17,2 punti a partita, elevandosi a colonna portante della squadra che con lui ha raggiunto le Final Four a New Orleans. La Duke si è fermata in semifinale, sconfitta 81-77 dagli acerrimi rivali di North Carolina. Banchero in quella partita ha realizzato 20 punti e agganciato 10 rimbalzi. La Ncaa l’ha inserito nel miglior quintetto del campionato. Sarà anche merito dei tre nomi di battesimo all’anagrafe: Paolo Napoleon Jones. Se ti chiami «Napoleon», non faticherai a sfoderare ambizioni alate: «Ero sicuro di diventare prima scelta, sono il migliore in assoluto», gli scappa di dire, ricordando una sorta di Zlatan Ibrahimovic in versione baskettara. Prodigo di doni, per sé si è regalato l’Nba, per l’Italia ha accordato la preferenza alla nazionale azzurra anziché a quella d’oltreoceano. Banchero è orgoglioso delle sue origini italiane. Sui social non dimentica mai di rimarcare la doppia cittadinanza. D’altra parte, i nonni sono liguri, emigrati in America nel secolo scorso per lavorare nelle miniere di carbone e il padre Mario, titolare di una macelleria, praticava il football, con cui il piccolo Paolo ha iniziato a puntellare il suo approccio competitivo con la realtà. Ma è la madre Rhonda Smith, ex giocatrice di pallacanestro femminile, ad avergli elargito sangue a stelle e strisce e squisito talento cestistico. «Quando avevo 3-4 anni andavo in palestra e la vedevo allenarsi. Mi divertiva, poi ho cominciato a giocare anch’io e lei mi ha incoraggiato. Mi ha insegnato i fondamentali e a usare il tabellone per fare canestro, mi ha spiegato come migliorare nell’uso della mano sinistra, il mio punto debole. È stato bello vedere i filmati di quando giocava lei (militava nella Washington University, ndr): era davvero forte». Non sono i soli in famiglia a trascorrere le giornate zampettando sul parquet in cerca del canestro vincente. C’è pure un altro fratello, Cristopher Banchero, classe 1989, che gioca con profitto nel campionato filippino, dove il basket è molto seguito. «È lui ad avermi aperto la strada. Sono cresciuto vedendolo giocare. Al mio liceo ha vinto prima di me, è un atleta formidabile». Dietro l’apparente spavalderia, il ragazzo nasconde un cuore di meringa: «Ho pianto quando il commissioner ha chiamato il mio nome. Non mi era mai capitato di piangere per una cosa così bella», spiega, non dimenticando che gli Orlando Magic si aspettano molto da lui: «È una squadra piena di giocatori affamati come me, daremo ai tifosi ciò che desiderano». La promessa ulteriore è visitare il Belpaese al più presto. «È tutto bellissimo», dice papà Mario, «vedere il proprio figlio ricevere un’opportunità del genere è quello che un genitore si può augurare. In Italia non siamo ancora stati ma ci andremo la prossima estate: per me è stupendo poter esplorare, assieme a Paolo, le radici della nostra famiglia». Ma il Draft 2022 si tinge di biancorossoverde anche grazie a due altri nomi. Gabriele Procida è stato il secondo cestista italiano inserito. L’atleta comasco ventenne è stato selezionato con la numero 36 dai Detroit Pistons (dopo un accordo coi Portland Trail Blazers) e potrebbe esordire in una franchigia giovanissima e talentuosa, che annovera Cade Cunningham e Jaden Ivey. Due metri di statura per quasi 90 kg, cresciuto sportivamente con la maglia del Cantù, si è accasato con la Fortitudo Bologna e, in una recente stagione travagliata, ha messo in mostra doti atletiche mirabili, astuzia da abile passatore, pur peccando ancora di continuità di rendimento. Probabile che il ragazzo resti in Europa per farsi le ossa. Oltre a lui, il brindisino diciannovenne Matteo Spagnolo, 195 cm di altezza per 89 kg di peso, scelta numero 50 dei Minnesota Timberwolves. Si è distinto con i colori della Vanoli Cremona nel ruolo di playmaker intelligente e intuitivo, il Real Madrid potrebbe riscattarlo, destinandolo a qualche anno ancora nel Vecchio Continente, prima di compiere il balzo definitivo nell’Olimpo dei canestri nordamericani. Una «tripla» mai capitata al basket di casa nostra.
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