
Sui balneari si mira ad allargare, soprattutto al Sud, i tratti di costa per gli stabilimenti. Stamattina sit-in ambulanti: aspettano la conferma della proroga delle licenze al 2032.Si ritroveranno stamani, martedì, davanti alla Bocca della verità a Roma (e non è luogo scelto a caso) per reclamare il loro diritto a fare impresa. Sono gli ambulanti che aspetteranno lì, dando vita a una serrata dei banchi, l’esito della riunione del Consiglio dei ministri che deve rispondere a Bruxelles sull’applicazione della direttiva Bolkestein. La Commissione europea, il 16 novembre, aveva dato all’Italia due mesi di tempo prima di far scattare la procedura d’infrazione e oggi è il giorno della verità.Si sa che Giorgia Meloni prenderà tempo: sui balneari, dicendo che deve essere conclusa la mappatura delle spiagge occupate dai lidi; per gli ambulanti, sostenendo che la proroga delle licenze per le microimprese è perfettamente legittima. Si lavora, però, a una legge che, per quel che riguarda i lidi, allarga soprattutto al Sud i tratti di costa in concessione con nuove licenze, partendo dal dato che solo un terzo delle coste italiane è occupato dagli stabilimenti, e al contempo assicura indennizzi congrui sugli investimenti fatti alle aziende che insistono in tratti di costa particolarmente congestionati le cui concessioni saranno riassegnate con evidenza pubblica.Resta da decidere se sarà il presidente Meloni in persona a recapitare a Ursula von der Leyen la risposta e condurre la trattativa sulla nuova normativa o se il governo delegherà il ministro per i rapporti con l’Europa, Raffale Fitto. Con la manifestazione di Roma i commercianti intendono affermare che la proroga delle licenze al 2032 decisa dal governo è perfettamente legittima e interpreta le gravissime difficoltà in cui si trova il settore sottoposto tra l’altro alla concorrenza sleale dei colossi del web. In più gli ambulanti lamentano che il Comune di Roma ha messo a gara 12.000 autorizzazioni. Come afferma Marrigo Rosato, presidente di Ana-Ugl, in un appello alla mobilitazione degli ambulanti: «La legge che allunga le licenza c’è e va difesa, il governo vada avanti e l’assessore Monica Lucarelli sospenda le gare a Roma».Questo è il tema che si presenta oggi a Palazzo Chigi. «Anche se ci sono delle differenze tra noi e gli ambulanti», spiega Fabrizio Licordari presidente di Assobalneari, «il punto è sempre quello della scarsità di risorsa. È necessario che il governo ribadisca con forza a Bruxelles ciò che ha già detto anche la Corte di giustizia europea: la Bolkestein, o meglio l’articolo 12 che impone la messa a gara delle concessioni e sui cui si fonda la procedura d’infrazione contro l’Italia, scatta solo se c’è scarsità di risorsa, ma questa scarsità non esiste e non è dimostrata».Questo è l’indirizzo che Giorgia Meloni intende dare alla risposta da inviare a Bruxelles e che viene oggi discussa dal Consiglio dei ministri preceduto, peraltro, da un lavoro preparatorio di esperti e rappresentanti dei partiti della maggioranza. In sostanza, si dirà: stiamo facendo la mappatura dei litorali italiani e solo a lavoro di ricognizione concluso si potrà stabilire se ricorrano o meno le condizioni per l’applicazione della Bolkestein. In attesa che questa mappatura sia conclusa, le concessioni per i balneari vengono prorogate almeno fino al dicembre prossimo. Lo stesso vale per gli ambulanti per i quali c’è già una legge approvata che porta la scadenza delle piazzole al 2032.Insomma l’Italia risponderà picche e continua per la sua strada. «È l’unica cosa sensata da fare», suggerisce Licordari, «anche perché tra un mese al massimo noi dobbiamo cominciare ad allestire gli stabilimenti per la prossima stagione». Il presidente di Assobalneari parla anche di «evidente pregiudizio nei nostri confronti; si è scritto che Matteo Salvini abbia abbassato i canoni del 4,5%, è una balla. L’andamento dei canoni è legato a una legge del 1993 voluta da Carlo Azeglio Ciampi che li adegua attraverso un calcolo di diversi indici all’andamento dell’inflazione. Non ci hanno fatto alcun favore: speriamo solo che il governo tuteli la nostra libertà d’impresa».
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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