
Uno studio di Gabetti e Patrigest fotografa il crollo del settore immobiliare: nel comparto alberghiero nel primo trimestre operazioni per 60 milioni, contro gli 825 di media del 2019. Male anche i negozi, mentre la logistica si salva grazie alla spinta dall’ecommerceIn che modo la pandemia modificherà il settore immobiliare? Le nuove abitudini nate durante i mesi del lockdown -lavorare in remoto, passare più tempo in casa, fare shopping online - si potranno consolidare anche in futuro, portando a cambiamenti strutturali non solo per quanto riguarda il comparto residenziale, ma anche per uffici, hotel, edifici commerciali e logistica. A tracciare un’analisi dei trend del settore è stato l’ufficio studi dell’azienda immobiliare Gabetti, che con il supporto di Patrigest, società di consulenza del gruppo, ha tracciato un quadro dei possibili impatti dell’emergenza Covid sul futuro del settore in Italia.Tra i comparti maggiormente interessati dai cambiamenti c’è sicuramente l’immobiliare retail, sul quale le misure di lockdown hanno avuto conseguenze significative; d’altra parte si è registrato un aumento della domanda verso la grande distribuzione organizzata, con una maggiore richiesta di servizi integrati con la logistica. «Guardando agli investimenti immobiliari nell’asset class retail, il primo trimestre 2020 ha registrato comunque un volume d’investimento in forte crescita rispetto allo stesso trimestre del 2019, pari a 680 milioni di euro», spiega il report, secondo cui alla cifra ha contribuito in gran parte l’operazione chiusa da Unicredit tramite l’acquisizione del 32,5% del capitale di La Villata, società immobiliare controllata da Esselunga. Su questo fronte, specie per quanto riguarda gli investimenti esteri, Gabetti prevede una contrazione, dovuta all’incertezza del momento. «L’intero mondo retail nell’epoca pre coronavirus stava già attraversando un’importante fase di transizione, cominciata nel nuovo millennio con l’avvento dell’ecommerce e diretta da qualche anno verso un nuovo paradigma, incentrato sull’omnicanalità», osserva Roberto Busso, amministratore delegato di Gabetti. «In questo contesto il retail fisico comincia a riconfigurarsi: oggi si sviluppano modelli d’integrazione a 360 gradi tra il commercio offline e quello online». Tra le innovazioni che potrebbero prendere piede, secondo Busso, c’è «un rinnovo nelle modalità di vendita: potrebbe diffondersi l’uso dei distributori automatici, e probabilmente si registrerà un’accelerazione dei sistemi di pagamento elettronici e digitali poiché i cittadini sono maggiormente sensibilizzati sui rischi sanitari del contante. Si andrà quindi necessariamente verso pagamenti con carte o smartphone». Inoltre, secondo l’ad di Gabetti, «questa pandemia lascerà in dote un’attenzione verso gli aspetti igienico sanitari senza precedenti, modificando l’approccio al punto vendita: dall’avvicinamento al parcheggio, dal layout interno alla movimentazione delle merci esterno/interno, fino alla gestione dei rifiuti e tanto altro».Sul fronte della logistica, nel primo trimestre del 2020 gli investimenti in immobili dedicati hanno rappresentato il 13% del volume investito, per circa 200 milioni di euro. Durante l’emergenza Covid, nonostante un rallentamento iniziale nelle dinamiche di stoccaggio dei prodotti legato al lockdown, «le attività logistiche hanno avuto un ruolo di grande importanza soprattutto nell’assicurare una continuità di rifornimento di beni di ogni categoria, con un incremento esponenziale di acquisti online tramite piattaforme ecommerce». Per questi motivi «l’asset class logistica sarà in futuro sempre più presente nel radar degli investitori. Guardando ai prossimi trimestri del 2020, possiamo prevedere che, per quanto attiene agli investimenti, il settore della logistica risentirà meno del periodo di lockdown». La logistica, precisa il report, è il settore che «meglio ha attutito il rallentamento delle attività dovute alla chiusura, e che in alcuni casi ha visto un incremento dei volumi di fatturato», a cui consegue un vivace e costante interesse da parte degli investitori. Come precisa Busso, «dal punto di vista dell’offerta la sfida è quella di diventare sempre più appetibili dal mercato degli utilizzatori e degli investitori attraverso soluzioni innovative. Questo può avvenire con la realizzazione o la ristrutturazione di immobili tecnologicamente avanzati e rispondenti alle normative internazionali e ambientali». Per l’ad di Gabetti «gli investitori, che in questo settore sembra non abbiano mai rallentato il loro interesse, saranno sicuramente spinti a preferire nuovi modelli spaziali industriali e logistici all’interno dei quali potranno trovare posto diverse destinazioni d’uso: centri di ricerca, distaccamenti universitari, servizi bancari», come avviene nei nuovi parchi industriali e logistici. Inoltre, «con l’intensificarsi delle attività di ecommerce sarà importante la presenza di una rete capillare di distribuzione in prossimità delle principali aree urbane italiane, il cosiddetto “last mile”, che sta acquisendo sempre più importanza sia per le aziende come strategia localizzativa, sia per i Comuni come opportunità di recupero di aree dismesse».Infine, uno sguardo agli hotel: il comparto alberghiero, una delle asset class dominanti del 2019, nel primo trimestre del 2020 ha subito inevitabilmente l’impatto diretto e indiretto della pandemia. Secondo lo studio, «con la fine del lockdown e la riapertura di gran parte delle attività economiche, anche gli alberghi, che nella stragrande maggioranza sono stati chiusi negli ultimi mesi, torneranno all’operatività, anche se parziale. Questo implica una riduzione degli ospiti, per cui non è difficile prevedere per gli alberghi italiani, da qui alla fine dell’anno, un calo delle presenze e del fatturato, ma per il futuro il sentiment rimane positivo soprattutto dopo la presumibile introduzione del vaccino contro il Covid-19». Le strutture dovranno investire per adattare gli spazi alle procedure di distanziamento, sanificare e riorganizzare la vendita di servizi, riducendo il contatto tra clienti e personale. A oggi, però, si registra un vero e proprio tracollo: se nel 2019 in totale gli investimenti corporate nel settore alberghiero sono stati pari a 3,3 miliardi, in crescita rispetto al 2019, nel primo trimestre 2020 si sono fermati a 60 milioni di euro. Considerando 825 milioni a trimestre, si parla del 1.300% in meno. In pratica, l’intero settore ha (almeno temporaneamente) smesso di esistere.
Vladimir Putin (Ansa)
Il piano Usa: cessione di territori da parte di Kiev, in cambio di garanzie di sicurezza. Ma l’ex attore non ci sta e snobba Steve Witkoff.
Donald Trump ci sta riprovando. Nonostante la situazione complessiva resti parecchio ingarbugliata, il presidente americano, secondo la Cnn, starebbe avviando un nuovo sforzo diplomatico con la Russia per chiudere il conflitto in Ucraina. In particolare, l’iniziativa starebbe avvenendo su input dell’inviato statunitense per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che risulterebbe in costante contatto con il capo del fondo sovrano russo, Kirill Dmitriev. «I negoziati hanno subito un’accelerazione questa settimana, poiché l’amministrazione Trump ritiene che il Cremlino abbia segnalato una rinnovata apertura a un accordo», ha riferito ieri la testata. Non solo. Sempre ieri, in mattinata, una delegazione di alto livello del Pentagono è arrivata in Ucraina «per una missione conoscitiva volta a incontrare i funzionari ucraini e a discutere gli sforzi per porre fine alla guerra». Stando alla Cnn, la missione rientrerebbe nel quadro della nuova iniziativa diplomatica, portata avanti dalla Casa Bianca.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.





