
In che modo la pandemia modificherà il settore immobiliare? Le nuove abitudini nate durante i mesi del lockdown -lavorare in remoto, passare più tempo in casa, fare shopping online - si potranno consolidare anche in futuro, portando a cambiamenti strutturali non solo per quanto riguarda il comparto residenziale, ma anche per uffici, hotel, edifici commerciali e logistica. A tracciare un’analisi dei trend del settore è stato l’ufficio studi dell’azienda immobiliare Gabetti, che con il supporto di Patrigest, società di consulenza del gruppo, ha tracciato un quadro dei possibili impatti dell’emergenza Covid sul futuro del settore in Italia.
Tra i comparti maggiormente interessati dai cambiamenti c’è sicuramente l’immobiliare retail, sul quale le misure di lockdown hanno avuto conseguenze significative; d’altra parte si è registrato un aumento della domanda verso la grande distribuzione organizzata, con una maggiore richiesta di servizi integrati con la logistica. «Guardando agli investimenti immobiliari nell’asset class retail, il primo trimestre 2020 ha registrato comunque un volume d’investimento in forte crescita rispetto allo stesso trimestre del 2019, pari a 680 milioni di euro», spiega il report, secondo cui alla cifra ha contribuito in gran parte l’operazione chiusa da Unicredit tramite l’acquisizione del 32,5% del capitale di La Villata, società immobiliare controllata da Esselunga. Su questo fronte, specie per quanto riguarda gli investimenti esteri, Gabetti prevede una contrazione, dovuta all’incertezza del momento.
«L’intero mondo retail nell’epoca pre coronavirus stava già attraversando un’importante fase di transizione, cominciata nel nuovo millennio con l’avvento dell’ecommerce e diretta da qualche anno verso un nuovo paradigma, incentrato sull’omnicanalità», osserva Roberto Busso, amministratore delegato di Gabetti. «In questo contesto il retail fisico comincia a riconfigurarsi: oggi si sviluppano modelli d’integrazione a 360 gradi tra il commercio offline e quello online». Tra le innovazioni che potrebbero prendere piede, secondo Busso, c’è «un rinnovo nelle modalità di vendita: potrebbe diffondersi l’uso dei distributori automatici, e probabilmente si registrerà un’accelerazione dei sistemi di pagamento elettronici e digitali poiché i cittadini sono maggiormente sensibilizzati sui rischi sanitari del contante. Si andrà quindi necessariamente verso pagamenti con carte o smartphone».
Inoltre, secondo l’ad di Gabetti, «questa pandemia lascerà in dote un’attenzione verso gli aspetti igienico sanitari senza precedenti, modificando l’approccio al punto vendita: dall’avvicinamento al parcheggio, dal layout interno alla movimentazione delle merci esterno/interno, fino alla gestione dei rifiuti e tanto altro».
Sul fronte della logistica, nel primo trimestre del 2020 gli investimenti in immobili dedicati hanno rappresentato il 13% del volume investito, per circa 200 milioni di euro. Durante l’emergenza Covid, nonostante un rallentamento iniziale nelle dinamiche di stoccaggio dei prodotti legato al lockdown, «le attività logistiche hanno avuto un ruolo di grande importanza soprattutto nell’assicurare una continuità di rifornimento di beni di ogni categoria, con un incremento esponenziale di acquisti online tramite piattaforme ecommerce». Per questi motivi «l’asset class logistica sarà in futuro sempre più presente nel radar degli investitori. Guardando ai prossimi trimestri del 2020, possiamo prevedere che, per quanto attiene agli investimenti, il settore della logistica risentirà meno del periodo di lockdown». La logistica, precisa il report, è il settore che «meglio ha attutito il rallentamento delle attività dovute alla chiusura, e che in alcuni casi ha visto un incremento dei volumi di fatturato», a cui consegue un vivace e costante interesse da parte degli investitori.
Come precisa Busso, «dal punto di vista dell’offerta la sfida è quella di diventare sempre più appetibili dal mercato degli utilizzatori e degli investitori attraverso soluzioni innovative. Questo può avvenire con la realizzazione o la ristrutturazione di immobili tecnologicamente avanzati e rispondenti alle normative internazionali e ambientali». Per l’ad di Gabetti «gli investitori, che in questo settore sembra non abbiano mai rallentato il loro interesse, saranno sicuramente spinti a preferire nuovi modelli spaziali industriali e logistici all’interno dei quali potranno trovare posto diverse destinazioni d’uso: centri di ricerca, distaccamenti universitari, servizi bancari», come avviene nei nuovi parchi industriali e logistici. Inoltre, «con l’intensificarsi delle attività di ecommerce sarà importante la presenza di una rete capillare di distribuzione in prossimità delle principali aree urbane italiane, il cosiddetto “last mile”, che sta acquisendo sempre più importanza sia per le aziende come strategia localizzativa, sia per i Comuni come opportunità di recupero di aree dismesse».
Infine, uno sguardo agli hotel: il comparto alberghiero, una delle asset class dominanti del 2019, nel primo trimestre del 2020 ha subito inevitabilmente l’impatto diretto e indiretto della pandemia. Secondo lo studio, «con la fine del lockdown e la riapertura di gran parte delle attività economiche, anche gli alberghi, che nella stragrande maggioranza sono stati chiusi negli ultimi mesi, torneranno all’operatività, anche se parziale. Questo implica una riduzione degli ospiti, per cui non è difficile prevedere per gli alberghi italiani, da qui alla fine dell’anno, un calo delle presenze e del fatturato, ma per il futuro il sentiment rimane positivo soprattutto dopo la presumibile introduzione del vaccino contro il Covid-19». Le strutture dovranno investire per adattare gli spazi alle procedure di distanziamento, sanificare e riorganizzare la vendita di servizi, riducendo il contatto tra clienti e personale.
A oggi, però, si registra un vero e proprio tracollo: se nel 2019 in totale gli investimenti corporate nel settore alberghiero sono stati pari a 3,3 miliardi, in crescita rispetto al 2019, nel primo trimestre 2020 si sono fermati a 60 milioni di euro. Considerando 825 milioni a trimestre, si parla del 1.300% in meno. In pratica, l’intero settore ha (almeno temporaneamente) smesso di esistere.






