
Il vicepresidente del Csm: «Fui sorpreso e irritato per la presenza di un magistrato sotto procedimento del Consiglio. Lo trattai con freddezza e lui non cercò altri contatti».La cena dei Parioli a cui parteciparono alcuni membri del Csm e Antonio Savasta è ormai un caso. Il magistrato venne portato a Roma dall'avvocato Ruggiero Sfrecola e dall'imprenditore Luigi Dagostino. I tre nelle scorse settimane sono stati iscritti sul registro degli indagati per intralcio alla giustizia e successivamente per corruzione in atti giudiziari dalla Procura di Firenze e una ventina di giorni fa gli atti sono stati trasmessi a Lecce, sede competente per i reati commessi dai magistrati del distretto di Bari, dove - in un procedimento collegato - sembrerebbe essere coinvolta anche un'altra toga. Savasta all'epoca dei fatti era pm a Trani e avrebbe dovuto indagare su Dagostino, in stretti rapporti d'amicizia e affari con Tiziano Renzi: secondo quanto ricostruito dall'inchiesta della Verità era tale la confidenza tra i due che l'imprenditore lo ha accompagnato prima a Palazzo Chigi, per un incontro con il sottosegretario Luca Lotti. E poi sempre a Roma, in un'altra occasione, per incontrare alcuni membri del Csm (tra cui certamente il vicepresidente Giovanni e Legnini e Paola Balducci) dove pendeva a suo carico un procedimento disciplinare. Savasta, giurano i testimoni ascoltati dalla pm fiorentina Christine von Borries, si sarebbe pressoché imbucato alla cena del 6 dicembre, presentandosi agli altri invitati semplicemente come «Antonio». Neanche il padrone di casa, un giornalista all'epoca dipendente di Dagostino, sarebbe stato al corrente di chi fosse. L'unica cosa che ricordano tutti è che Dagostino e i suoi due ospiti a sorpresa si presentarono con una bella confezione di cioccolatini del caffè Rivoire. Cioccolatini che conclusero al bacio la cena di pesce apparecchiata dall'ospite, un appassionato di pesca d'altura. Tra gli ospiti, non più di 25-30 secondo l'organizzatore, diversi giornalisti e anche diversi parlamentari. Sul numero dei partecipanti sembrano tutti d'accordo, tranne gli indagati. Dagostino ha raccontato che «era una cena affollata con oltre 100 persone» e Savasta con il nostro giornale ha confermato: «C'erano almeno 80 persone».Vicepresidente Legnini, cosa ricorda di quella serata? «Sono molto arrabbiato per questa vicenda. Non solo per la mia onorabilità, ma soprattutto per il rispetto che si deve al Consiglio, la cui immagine di garanzia ed imparzialità in alcun modo può essere appannata. Ho evitato accuratamente in questi 4 anni qualunque incontro conviviale con magistrati sottoposti a procedimenti disciplinari o interessati a decisioni del Consiglio riguardanti la loro carriera. Ciò era un mio dovere perché del corretto funzionamento del Csm sono responsabile. Non permetterò a nessuno di mettere in dubbio tali principi e valori, per me imprescindibili, tanto più per una vicenda che non esito a definire kafkiana perché non saprei proprio cosa rimproverarmi. Si trattò di una cena in piedi a casa di un giornalista mio ex collaboratore, alla quale parteciparono una trentina di persone. In alcun modo sapevo della presenza né di Dagostino né del dottor Savasta. Non li conoscevo e nessuno mi aveva informato della loro presenza, altrimenti di sicuro non sarei andato. Non parlai con loro, se non per i convenevoli di presentazione. Lo stesso Savasta ha dichiarato al vostro giornale che lo salutai con freddezza. In realtà ero molto arrabbiato per la sua presenza, evidentemente determinata dalla sua volontà di creare un contatto con me e che non gli avrei concesso ove me lo avesse richiesto. Dissi del mio disappunto al padrone di casa, a mia moglie che in quell'occasione era con me e alla consigliera Balducci, che a sua volta si mostrò infastidita e meravigliata per quella presenza. Non ricordo della presenza del consigliere Giuseppe Fanfani. Di sicuro non ho mai parlato con lui di Savasta».Ma chi le presentò Savasta quella sera? E soprattutto dopo la sua freddezza iniziale tentò comunque di parlarle?«Non ricordo chi me lo presentò. So solo che non mi trattenni a parlare con lui, né Savasta tentò ulteriori approcci».Le era mai capitato che qualche magistrato tentasse un abboccamento di questo genere?«Non ho mai ricevuto pressioni né richieste di incontro da magistrati sottoposti a procedimenti disciplinari. La sezione disciplinare del Csm è un organo pienamente giurisdizionale e come tale è obbligato a garantire imparzialità e correttezza: il procedimento è improntato al massimo rigore e al rispetto delle garanzie processuali. Come è noto, chiunque può assistere alle udienze che sono anche trasmesse da Radio Radicale, se il magistrato incolpato presta il suo consenso». Spesso si ha un'immagine della magistratura che protegge sé stessa…«Abbiamo definito in questa consiliatura 691 procedimenti conclusi con provvedimenti di condanna in 220 casi e un aumento della produttività del 25%. E ciò anche per il maggior numero azioni disciplinari esercitate. Nessuna categoria professionale ha un sistema così rigoroso, tempestivo e trasparente».In questi anni sono deflagrati alcuni casi clamorosi che hanno coinvolto magistrati, ma soprattutto si sono evidenziate alcune storture, che si tratti di correntismo o di carrierismo, in seno alla magistratura che sembrano averne offuscato l'immagine.«Penso che i magistrati paghino le conseguenze di una generale sfiducia nelle istituzioni e dell'inefficienza ormai antica del sistema giudiziario. Incide certo anche il fenomeno del correntismo che però abbiamo cercato di arginare con riforme molto ambiziose. Le polemiche di questi giorni e i toni che stanno contraddistinguendo la campagna elettorale per l'elezione dei nuovi membri togati del Csm rischiano di offuscare innovazioni che però sono inoppugnabili. Ci sarà tempo e modo per fare consuntivi puntuali della nostra azione: in questo momento non voglio in nessun modo che le mie parole suonino come un'ingerenza nelle scelte che la categoria farà per eleggere i suoi rappresentanti l'8 e 9 luglio».Qual è il bilancio di questa consiliatura?«Lo faremo tra tre mesi al termine del nostro mandato. Posso già dire che i tre grandi risultati hanno riguardato il lavoro enorme sulla cultura organizzativa degli uffici, il rinnovo della dirigenza con quasi mille nomine approvate con largo consenso del plenum e degli uffici interessati, la grande apertura al confronto con le altre istituzioni, a partire dal ministero della Giustizia di cui ci ha dato atto lo stesso neoministro Alfonso Bonafede, che ha commentato positivamente i grandi progressi di tale collaborazione al plenum dell'altro ieri». Qual è stato il momento più difficile di questi quattro anni?«Penso proprio quello attuale: non è possibile liquidare una consiliatura così ricca di risultati per mere ragioni elettoralistiche. Sono molto dispiaciuto per questo clima perché tutti i magistrati, compresi quelli che sono candidati, dovrebbero ispirarsi a giudizi obiettivi ed equilibrati, il che non sempre si verifica».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





