2023-01-29
Auschwitz fu liberata dall’Armata rossa, non da soldati ucraini. Così si falsa la storia
Riscrivere quelle pagine drammatiche non solo è un imbroglio, ma non ha senso perché nasconde la verità e crea eroi fasulli.Che ci sia un atteggiamento insopportabilmente fazioso nel modo con cui i media raccontano la tragedia della guerra in Ucraina è già stato scritto da alcuni dei migliori inviati di guerra, tra i quali Toni Capuozzo. Tuttavia, certo non immaginavo che per sostenere la causa di Kiev contro l’invasione russa si arrivasse al punto di dover cambiare la storia, falsificando perfino alcuni dei passaggi cruciali della seconda guerra mondiale, tra cui la liberazione di Auschwitz. Il campo di concentramento nazista in cui morirono più di un milione di ebrei venne liberato il 27 gennaio del 1945. Una data storica che dal 2005, a seguito di una risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu, è celebrata ogni anno in tutto il mondo, in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Non serve avere una laurea in Storia contemporanea, né essere appassionati delle vicende che nel secolo scorso hanno sconvolto l’Europa: è sufficiente dare uno sguardo a Wikipedia, l’enciclopedia digitale a disposizione di chiunque abbia una connessione internet. Alla voce Auschwitz si può leggere che la mattina di 78 anni fa le truppe russe liberarono il campo di concentramento costruito dai nazisti nei pressi della cittadina polacca. Ma siccome di questi tempi è meglio cancellare qualsiasi cosa abbia a che fare con Mosca, compresi i lati positivi, qualcuno ha deciso di cambiare la storia e attribuire all’Ucraina il merito di aver salvato i prigionieri ancora in vita nel campo di Auschwitz. Non ha importanza che l’Ucraina, così come la conosciamo, non fosse uno Stato a sé, ma una repubblica sovietica. Non è di alcuna rilevanza che Kiev non disponesse all’epoca di un esercito proprio, ma che i soldati di origine ucraina fossero intruppati nell’esercito di Stalin. L’importante è togliere ai russi il titolo di aver liberato Auschwitz e salvato gli ultimi deportati.Primo Levi, che per quasi un anno fu detenuto nel campo di annientamento, nella prima pagina de La tregua, il libro con cui nel 1963 vinse il Campiello, scrive: «La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla […] Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi». Può darsi che lo scrittore abbia fatto di ogni erba un fascio, scambiando dei militari di origine ucraina per dei russi, ma siccome non esisteva un esercito di Kiev, quella pattuglia faceva certamente parte dell’Armata rossa, ovvero delle truppe di Stalin. Del resto, non c’è libro di storia che non riconosca il ruolo dei russi nella conquista della Slesia e dunque di Auschwitz. Max Hastings, nel libro in cui racconta la battaglia finale, descrive l’avanzata dell’Armata rossa, che sul fronte orientale era comandata dal maresciallo Ivan Konev, militare russo che da ufficiale zarista aveva sposato la causa bolscevica e che nel 1956, alla guida del patto di Varsavia, represse nel sangue la rivolta d’Ungheria. Konev il 19 gennaio ’45 prese Cracovia e successivamente invase tutta l’Alta Slesia, liberando anche Auschwitz. Siccome ogni comandante sovietico guidava tra le tre e le dieci armate, con centinaia di migliaia di uomini, Konev comandava il primo dei quattro fronti ucraini, ma questo non significa affatto che quei soldati fossero ucraini. Per combattere i tedeschi, l’Armata rossa aveva arruolato tutti gli uomini disponibili, ma la maggior parte dei suoi ufficiali erano russi. All’interno del primo fronte ucraino c’erano molte divisioni, tra cui la 322 che materialmente aprì i cancelli di Auschwitz e la maggioranza dei suoi componenti era russa. Tutto ciò significa che questi ultimi siano i buoni e ciò giustificherebbe la guerra di Putin contro i «nazisti ucraini»? Niente affatto. Le responsabilità di aver scatenato una guerra con migliaia di vittime ai confini dell’Europa non cambiano. L’invasione dell’Ucraina resta un atto criminale, che a prescindere da come evolverà l’«operazione speciale» rimarrà sulla coscienza di chi l’ha scatenata. Cercare dunque di «sbianchettare» il passato, di raccontare che Auschwitz è stata liberata dal battaglione Azov non solo è un imbroglio, ma non ha alcun senso. È vero che in ogni guerra la storia la scrivono i vincitori, ma almeno vorremmo che non la riscrivessero a uso e consumo delle nuove battaglie. Le ricostruzioni interessate della realtà, prima di essere false, finirebbero per nascondere gli errori e creare molti finti eroi, cosa di cui francamente non sentiamo affatto il bisogno.
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