2021-02-04
In Aula non sarà una passeggiata: possibile un mix di tecnici e politici
I partiti vorrebbero che l'ex capo della Bce li facesse entrare nell'esecutivo: ma così sarebbe più facile creare malumori. I posti chiave andrebbero a figure gradite al Colle. Per la Sanità in pole il vertice dell'Iss. Pagare moneta, vedere cammello (ovvero governo): Mario Draghi potrebbe presto scoprire, ma probabilmente lo sa già, che, per ottenere i voti necessari a varare il suo esecutivo, dovrà sganciare qualche ministero ai partiti che sceglieranno di sostenerlo. A sinistra, così come a destra. A oggi il «colore», il programma e i nomi, sono ancora avvolti nell'ombra. In vista delle consultazioni l'interrogativo che regna nei palazzi della politica è il seguente: quello di Draghi sarà un governo puramente tecnico, oppure ci sarà spazio per ministri indicati dai partiti che formeranno la maggioranza? Il presidente incaricato non sembra aver bisogno di molto tempo per comprendere come funziona la politica italiana. Dovrà concludere la prima consultazione, e poi dedicarsi a una delicata opera di bilanciamento e composizione. Al di là di quelle che sono state le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, infatti, il Draghi 1 potrebbe essere un governo cocktail: un manipolo di tecnici di sua stretta fiducia o suggeriti da Mattarella nei posti chiave, e una bella infornata di politici o dei famigerati «tecnici di area», esperti o presunti tali di stretta osservanza politica.«Se vuole i voti, qualcosa deve cedere»: un big di Forza Italia, interpellato dalla Verità, non usa giri di parole per descrivere lo stato d'animo degli azzurri, da un lato galvanizzati dalla scelta di Mattarella, dall'altro ingolositi dalla possibilità di entrare al governo. «Naturalmente», aggiunge il parlamentare, «vedremo cosa ci dirà il premier incaricato nel corso delle consultazioni. Toccherà lui la prima mossa: verificheremo se nel corso del confronto ci chiederà anche di offrire un contributo per la squadra di governo». Dal quartier generale di Italia viva, il ragionamento è più o meno lo stesso: «Mattarella ha parlato di governo tecnico», riflette un renziano di primissimo piano, «ma Draghi, che si è rivolto ai partiti, potrebbe optare per un mix di esperti e politici. Lo schema potrebbe essere quello di un ministero per ogni partito di maggioranza. Stiamo a vedere». Già, ma quale maggioranza? Al momento non si sa. Più articolato infatti è il ragionamento di una fonte parlamentare di primo piano del Pd, che oltretutto sembra informato sui fatti: «Da quel che posso immaginare», rivela la fonte alla Verità, «Draghi terrà aperta la porta del suo governo anche a esponenti politici, per dare consistenza alla maggioranza. Del resto, parliamoci chiaro: per convincere il M5s a innestare la retromarcia e sostenere il governo, il modo migliore è quello di coinvolgere i pentastellati nell'esecutivo. E l'ingresso del M5s è fondamentale per noi». Perché? «Semplice: prima di tutto», argomenta il senatore dem, «se non entra il M5s ci vorrà il sostegno della Lega, e per noi entrare in una maggioranza con Salvini è più difficile. In secondo luogo, i grillini all'opposizione farebbero quello che Giorgia Meloni ha intenzione di fare con la Lega: succhiarne i voti. Per la coalizione che ha sostenuto Conte sarebbe importante essere compatta su Draghi, tenendo Lega e Fratelli d'Italia all'opposizione». Draghi, anche per questo, stando ad alcune indiscrezioni, avrebbe proposto a Giuseppi un ruolo nel suo nuovo governo, ad esempio da ministro degli Esteri e vicepremier. Ipotesi smentita vigorosamente da Palazzo Chigi. Nel M5s si fa strada un'idea: un governo giallorosso con Draghi al posto di Conte e senza ministri di Italia viva. Luigi Di Maio, che ieri ha chiuso all'eventualità di sostenere un governo tecnico ma non alla figura dell'ex leader della Bce, starebbe lavorando in questa direzione. La maggioranza sarebbe ampiamente assicurata, sia alla Camera che al Senato. Ovviamente c'è anche un'ipotesi radicalmente opposta, e cioè che il «colore» di Draghi sia un altro: abbia cioè il sostegno - più o meno compatto - di Lega e Fi, a certe condizioni, magari con l'astensione di Fdi. Tra queste condizioni, probabilmente ministeri di peso: qui però il dialogo appare meno avanzato. E anche in questo caso varrebbe comunque la regola del manipolo di tecnici di fiducia di Draghi e Mattarella che dovrebbero costituire l'asse portante dell'esecutivo. All'Interno viene data per possibile la conferma Luciana Lamorgese (durissima da digerire per Salvini); per la Giustizia si fa il nome della ex Guardasigilli Paola Severino, che però non è gradita, per motivi comprensibili, a Silvio Berlusconi, e c'è in corsa anche la ex presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia. Agli Esteri potrebbe tornare Enzo Moavero Milanesi, considerato papabile anche per gli Affari europei. Il ministero dell'Economia, che, con Draghi premier, diventa una dependance di Palazzo Chigi, vede come papabili l'ex mister spending review Carlo Cottarelli; Enrico Giovannini, portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, ex ministro del Lavoro dell'esecutivo guidato da Enrico Letta e già presidente dell'Istat; Fabio Panetta, già direttore di Bankitalia, componente italiano dell'esecutivo della Bce. Per la fondamentale poltrona di ministro della Salute, in corsa ci sono pure il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, e il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. E alla Difesa? Se dovesse essere uno dei ministeri «negoziabili» con i partiti, Lorenzo Guerini sembra avere chance di rimanere dov'è.
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