2021-07-25
Via alla battaglia in Aula sul decreto. La Lega ha cinque assi nella manica
Il provvedimento inizia la conversione in commissione Affari sociali alla Camera. Dal Carroccio attesi molti emendamenti su discoteche e oneri per i controlli. Ma il credito con Mario Draghi varrà anche su fisco e immigrazione.Il decreto legge che istituisce il green pass è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Comincerà l'iter alla Camera, assegnato alla Commissione Affari sociali, presieduta dalla grillina Marialucia Lorefice. Com'è noto, i dl entrano subito in vigore, ma devono essere trasformati in legge (tecnicamente si parla di «conversione»), e i due rami del Parlamento hanno 60 giorni di tempo per farlo. Dentro questa cornice, si collocherà il tentativo della Lega di provare a introdurre alcune modifiche. Occorre però considerare un paio di aspetti tecnici decisivi. Primo: se si vuole introdurre una qualunque modifica che abbia efficacia già per l'estate, sarebbe meglio chiedere al governo di varare un altro decreto, a sua volta in vigore dal momento in cui fosse varato. Infatti, se anche uno riuscisse a far passare un emendamento in questo provvedimento, ma le Camere usassero tutti i 60 giorni per la conversione, la novità diverrebbe efficace troppo tardi. Invece è certamente utile provare a fare modifiche su aspetti non strettamente legati alle prossime settimane. Secondo: per questa stessa ragione, sembra difficile che le nuove norme rimaste fuori dal primo provvedimento (quelle su scuola, lavoro e trasporti) entrino in questo dl sotto forma di emendamenti governativi. Più probabile che, anche in quei casi, si ricorra a uno o più nuovi e specifici decreti-legge. Dunque, l'azione della Lega (e di chiunque voglia correggere ciò che è stato fatto ed evitare guai futuri) deve essere a tutto campo: emendare questo decreto, e contemporaneamente convincere il governo a evitare eccessi nel prossimo.Da quanto risulta a La Verità, la Lega intende muoversi almeno su cinque fronti. Il primo (con scarsa o nulla speranza di incidere, e meno che mai alla Camera, dove il Carroccio ha 132 deputati e Fdi 37, mentre un po' tutti gli altri gruppi appaiono sostanzialmente favorevoli) è il fronte di principio, la battaglia di fondo in termini di libertà. Su questo piano, avrà valore il confronto delle idee, ma senza chances di successo. Il secondo fronte riguarda un settore letteralmente massacrato, e cioè le discoteche, con aziende ormai portate sull'orlo della chiusura e migliaia di posti di lavoro persi: un'autentica beffa, visto che per mesi si era raccontato da parte dei «chiusuristi» che il green pass avrebbe consentito la riapertura dei locali. E invece il green pass è arrivato, ma le discoteche restano chiuse. Su questo si sono schierati i tre ministri Giancarlo Giorgetti, Erika Stefani e Massimo Garavaglia: «Riteniamo che non ci siano più le condizioni di pericolo per una possibile apertura delle discoteche all'aperto con l'utilizzo del green pass come previsto dal Cts interpellato dal Mise a suo tempo». Stesso concetto ribadito dal partito: «Restano incomprensibili scelte come la mancata riapertura delle discoteche». Tra l'altro, a discoteche chiuse, servirà a poco lamentarsi per eventuali rave-party fuori controllo o per feste private troppo affollate. Il terzo fronte riguarda tutte le imprese. E non solo per ridurre il caos delle modalità di controllo (Come farà un barista a verificare un eventuale green pass contraffatto? E ha senso sanzionare un esercizio con la pesantissima misura della chiusura - fino a 10 giorni: un'enormità, dopo mesi di lockdown strisciante - per eventuali tre violazioni avvenute in giornate diverse?), ma anche per tenere conto delle proteste che sono già in atto. Una nota della Lega parla di «preoccupanti grida di dolore di ristoratori e operatori turistici che lamentano disdette». Non a caso, Paesi nostri concorrenti in termini turistici si sono ben guardati dall'approvare misure del genere. Il quarto fronte è quello su cui, se ci fosse buon senso, dovrebbe essere più facile introdurre una correzione (ma con il problema già citato dei tempi: modifiche tra 60 giorni rischiano di essere tardive), e riguarda le famiglie che abbiano figli di 12 anni compiuti. Come si fa a vaccinarli entro dieci giorni? O qualcuno pensa che sia realistico tamponarli ogni 48 ore, non si sa a quale costo? Non a caso, fonti leghiste evocano il problema di «intere famiglie che non riusciranno ad adeguarsi per tempo».Il quinto fronte è quello sulle norme ancora da scrivere su scuole, trasporti e luoghi di lavoro. È qui che la Lega si attende un riequilibrio, attraverso norme limitate, ragionevoli e non talebane sull'ipotetico uso del green pass. Inutile girarci intorno. Matteo Salvini non ha nascosto la sua amarezza per l'attacco a freddo di Mario Draghi («Sono rimasto stupito negativamente», ha detto ieri al Corriere, peraltro precisando di aver sentito il premier prima del cdm: «Se aveva qualche osservazione da muovermi, poteva dirmelo al telefono»). Dunque, la Lega vanta un credito politico da esigere: o rispetto a queste norme ancora da varare, o in materia di immigrazione, o sul terreno fiscale. In casa leghista, da più parti, c'è anche la (ragionevolissima) speranza che i dati sulle ospedalizzazioni restino bassi: se così fosse, molta isteria chiusurista sarebbe ogni giorno meno comprensibile.