2025-02-08
La Montaruli abbaia per zittire i bulli
Alla deputata di Fdi si continua a rinfacciare la condanna nella rimborsopoli piemontese. Per altri politici giudicati colpevoli, c’è il silenzio. Meglio il «bau bau» di certi moralismi. Non sappiamo se, come scrive Aldo Grasso, la scena che ha visto protagonisti gli onorevoli Augusta Montaruli e Marco Furfaro in una trasmissione su La7 sia stata la «nullificazione della parola, del pensiero, la pienezza del declino e la discesa nel maelstrom del nulla» (sospettiamo che l’editorialista del Corriere della sera usi maelstrom invece di vortice per farci capire che lui è colto e sa come gira il mondo: di questo lo ringraziamo). E però, per capire la consunzione della parola e l’elevazione del latrato con cui Montaruli ha fermato l’intervento del deputato del Pd, bisogna far precedere i fatti per spiegare che prima di giungere al «bau bau» ci sono stati mesi e settimane in cui, in ogni talk show, alla deputata, ed ex sottosegretario, di Fratelli d’Italia è stata tappata la bocca con la storia del suo passato da consigliere regionale. Montaruli più di un decennio fa fu coinvolta nella cosiddetta rimborsopoli piemontese. In pratica, la Procura di Torino contestò a lei e anche a molti altri suoi colleghi l’uso improprio dei rimborsi spese a cui ogni esponente politico aveva diritto in base alla propria attività. Erano anni in cui tutti o quasi impiegavano il piè di lista con una certa disinvoltura e infatti, dall’Emilia alla Basilicata, passando per la Lombardia e il Lazio, non ci fu Regione uscita indenne dalle inchieste della magistratura. La maggior parte delle indagini è stata, poi, archiviata con una raffica di prescrizioni, non quella di Montaruli, tra le pochissime arrivate a sentenza con una condanna. Un anno e sei mesi, per i quali il sottosegretario si era dimessa dall’incarico, facendo un passo indietro. Ma non è bastato: l’onorevole non è sparita dalla faccia della Terra, come in molti probabilmente si auguravano e si augurano. Dopo aver subito la condanna, ha ricominciato a fare politica e da allora, che si parli di Superbonus, di Corte dell’Aja, di Almasri o di Ramy Elgaml, tra gli esponenti dell’opposizione non ce n’è uno che si faccia sfuggire l’occasione di rammentarle la sua pena. Onorevoli del Pd e senatori 5 stelle non rispondono alle obiezioni di Montaruli, ma tentano di tapparle la bocca parlando della sua condanna. Un esempio di bullismo che però, stranamente, non indigna nessuno. Anzi, la colpevole è lei che prova a fermare i bulli. Provate a immaginare se ogni sera a Chiara Appendino ognuno si prendesse la libertà di rammentare che ha una condanna a un anno, 5 mesi e 23 giorni di carcere (7 giorni in meno di Montaruli) per omicidio e disastro colposi. O se, ogni volta che in tv si affaccia Roberto Speranza, qualcuno gli rammentasse le sue imbarazzanti dichiarazioni agli inizi della pandemia o il libro in cui si atteggiava a luminare illuminato che si preparava a sconfiggere il virus. Cito non a caso Appendino e Speranza perché le loro vicende, a prescindere da indagini, condanne o assoluzioni, mi paiono comunque assai più gravi dei rimborsi non dovuti. Tuttavia, nessuno s’azzarda a zittirli e se qualcuno ci dovesse provare, sono certo che in loro soccorso arriverebbero fior di conduttori, togliendo la parola all’impertinente. Invece no, con Montaruli si possono accanire tutti, anche i politici di serie B, quelli che, non sapendo che cosa rispondere, s’attaccano alla condanna. Non sappiamo se il «bau bau» sia la nullificazione della parola o la pienezza del declino, però ci pare che l’ululato abbia il pregio di rimettere al loro posto i bulli. La facciano finita: se non sanno che dire, invece di ritirare fuori le spese pazze di Montaruli stiano zitti. Il silenzio di certo sarà preferibile. Quanto a Grasso, in passato abbiamo avuto un ministro delle Pari opportunità che nello studio di Porta a porta prima cercò di zittire Alessandra Mussolini e poi di stenderla con un pugno e non mi ricordo che qualcuno abbia evocato la pienezza del declino. Certo, la ministra in questione era comunista, non di centrodestra. E questo forse spiega tutto.
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