2022-12-09
Attivisti omosessuali sull’utero in affitto: «L’amore non c’entra è questione di soldi»
Un libro si scaglia contro la compravendita di bimbi spacciata per «diritto umano». E la «lobby Lgbt+ aggressiva e misogina».L’associazione del neo Ambrogino ha finanziato il viaggio di un altro suicida fuorilegge.Lo speciale contiene due articoli. La cosmesi linguistica è un’arte che la sinistra sta sempre più affinando, con risultati a dir poco sorprendenti. Facciamo un esempio facile facile. I «clandestini» prima sono diventati «profughi». Poi, quando si è scoperto che non scappavano da alcuna guerra, sono diventati «migranti»: un participio presente che, però, vale anche quando hanno fatto capanna ormai da anni nei nostri centri di accoglienza. Infine, dato che il termine non commuove più di tanto, ecco che i caporali dei media nostrani hanno iniziato a chiamarli «fragili» e «naufraghi»Anche se sono ragazzoni in perfetta salute o hanno pagato migliaia di dollari per salire su un barcone creato apposta per affondare. Bene, bravi, bis.Ma l’esempio forse più clamoroso di questa truffa terminologica - elevata a vero e proprio bon ton politicamente corretto - è rappresentato dalla neolingua gender. Qui anche una pratica abominevole come l’utero in affitto è stata trasformata prima in «maternità surrogata» e poi, come in un crescendo rossiniano, è stata definita «gestazione per altri» e, dulcis in fundo, «maternità solidale». Capito? Anche la compravendita di esseri umani - ché questo è l’utero in affitto - rientra nell’ambito della solidarietà e dell’inclusività. Per chi non lo sapesse, in Italia e in altre nazioni civili, questo contrabbando di carne umana è ancora un reato. Del resto, nella stragrande maggioranza dei casi funziona così: una coppia di omosessuali piena di soldi offre del denaro a una donna indigente per incubare il bambino che, al termine della gravidanza, le verrà strappato dalle braccia. Il sacro vincolo materno ridotto a mercimonio e mercato delle vacche. Forse i lettori ricorderanno la famosa foto che, nel 2014, «ha commosso il Web»: due gay canadesi che, in lacrime, stringono al petto il loro pargolo appena nato (e legalmente acquistato). Ma se il Web (tradotto: gli utenti di sinistra) gridarono al miracolo dell’amore, altri si accorsero che, accanto a genitore 1 e genitore 2, si scorgeva la mamma surrogata con sguardo assente e aria disfatta. Una femminista d’antan avrebbe parlato di uomini che mercificano un bambino e sfruttano una donna, ma in quel caso le paladine della lotta al patriarcato si misero a fischiettare.Visto che le femministe tacciono, e anzi rivendicano il diritto alla sterilità come «emancipazione di genere», non sorprende che a Bruxelles abbiano deciso di pigiare il piede sull’acceleratore. Come denunciato ieri da La Verità, infatti, la Corte europea dei diritti umani ha di fatto sancito la legalità dell’utero in affitto, con un precedente che farà giurisprudenza, mentre la Commissione Ue sta preparando una legge per imporre le adozioni gay a tutti gli Stati membri dell’Unione, Italia inclusa. È il solito copione: quando si tratta dei «diritti», l’ordinamento giuridico delle nazioni può essere tranquillamente calpestato.Ad ogni modo, non tutte le femministe e non tutti gli omosessuali sono d’accordo con la compravendita di bambini spacciata per «diritto umano». Di certo non sono d’accordo due scrittici e studiose francesi, l’attivista lesbica Marie-Josèphe Devillers e l’attivista per i diritti delle donne Ana-Luana Stoicea-Deram. L’opera che hanno curato di recente, e in cui diversi autori - soprattutto donne - hanno preso posizione, è stata da poco tradotta in italiano con il titolo programmatico Per l’abolizione della maternità surrogata (Ortica Editrice). Nel libro fresco di stampa si possono leggere passaggi molto sorprendenti, come nel contributo di Gary Powell intitolato Il punto di vista di un uomo gay: «Se la maternità surrogata offre una parità ai gay benestanti in termini di possibilità di diventare genitori, la fornisce principalmente a coloro che godono di una grande ricchezza». E ancora: «La maternità surrogata commerciale è stata gradualmente lavata con l’arcobaleno e Big fertility sta entrando nelle legislazioni occidentali sulla scia di una lobby Lgbt+ aggressiva e misogina che nessuno può offendere, turbare o anche solo mettere in discussione. Qualsiasi critica rischia di essere denunciata come «odio», secondo la neolingua che ci viene imposta da coloro che desiderano colonizzare il nostro linguaggio e i nostri movimenti politici».Insomma, spiega Powell, l’amore c’entra poco in questa faccenda: è soprattutto una questione d’affari, con un giro di soldi multimiliardario. E poi, ovviamente, c’è anche l’aspetto etico, per non dire persino medico: «La maternità surrogata non solo strumentalizza le donne e i bambini in modo disumanizzante: è anche un processo fisicamente pericoloso che può portare a gravi malattie, traumi psicologici e morte». Ecco, il problema - sottolinea ancora l’attivista gay - è che denunciare questi dati di fatto è diventato praticamente impossibile: «La reazione frequente degli attori della lobby Lgbt+ nei confronti di chi si esprime contro la maternità surrogata è molto simile a quella che viene riservata a chi si oppone all’ideologia di genere più estrema. Si tratta di gettare fango, di dire mezze verità fuorvianti e subdole e di puro odio». In sostanza, chiosa Powell, «la lobby di attivisti che è la prima ad accusare gli altri di “odio” ad ogni occasione, è essa stessa un corpo completamente intossicato dall’odio e dall’ignoranza intenzionale». Con queste premesse - note a tutti, eccetto alle Cirinnà e alle Murgia di turno - già possiamo immaginarci in che clima sereno e rilassato verrà affrontato il dibattito in sede europea e nelle nostre trasmissioni televisive. Sempre che questo dibattito abbia effettivamente luogo, beninteso. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/attivisti-omosessuali-sullutero-in-affitto-lamore-non-centra-e-questione-di-soldi-2658903779.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="cappato-una-nuova-autodenuncia-per-i-tour-della-morte-in-svizzera" data-post-id="2658903779" data-published-at="1670555713" data-use-pagination="False"> Cappato, una nuova autodenuncia per i tour della morte in Svizzera Massimiliano, 44 anni, toscano, affetto da sclerosi multipla, è morto ieri in una clinica Svizzera con il suicidio assistito. Mib, così veniva chiamato dal padre Bruno, era apparso in un video in cui chiedeva di poter porre fine alle sue sofferenze in Italia, senza dover andare all’estero perché non essendo «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale», non rientrava nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Consulta. L’uomo, in attesa di una risposta da parte della politica italiana, aveva già prenotato l’appuntamento in Svizzera dove è stato accompagnato da Felicetta Maltese, dell’associazione Luca Coscioni e attivista della campagna Eutanasia Legale e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista. Quell’ultimo appello era stato lanciato nel giorno in cui Marco Cappato riceveva a Milano l’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza concessa dal Comune, per il suo impegno nell’affermare le libertà civili e i diritti umani, per aver fatto, si legge nella motivazione, «della disobbedienza civile non violenta uno strumento per risvegliare la coscienza collettiva e per stimolare il parlamento a colmare i vuoti legislativi che ancora esistono in materia di fine vita». Per Cappato disobbedienza civile è non rispetto della legge visto che nel nostro Paese, in base alla decisione della Corte, il suicidio assistito è legale quando la persona malata che ne fa richiesta risulta affetta da patologia irreversibile. Tale malattia dev’essere fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma non deve alterare la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. Quel che più importante, deve trattarsi di una persona sottoposta a trattamenti di sostegno vitale. A verificare la sussistenza di tali condizioni, infine, dev’essere il Servizio sanitario nazionale. E questa mattina, a Firenze, alla stazione carabinieri Santa Maria Novella, Maltese e Lalli autodenunceranno la propria azione di disobbedienza civile, per la quale rischiano fino a 12 anni di carcere per il reato di aiuto al suicidio. Anche Marco Cappato, che in questa occasione non ha direttamente accompagnato Massimiliano, si autodenuncerá in veste di legale rappresentante dell’associazione Soccorso civile che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano verso la Svizzera. Saranno assistiti da Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni. Cappato, ex consigliere comunale milanese nonché rappresentante del Partito radicale all’Onu, dopo aver accompagnato in Svizzera, nel 2017, dj Fabo, Fabiano Antoniani, rimasto tetraplegico dopo un incidente stradale, ha commesso ulteriori atti simili, accompagnando due persone che avevano chiesto di morire, autodenunciandosi al rientro in Italia. Il tesoriere della Luca Coscioni ha voluto dedicare l’Ambrogino d’oro proprio a Dj Fabo. Ma non sono mancate le polemiche. Il consigliere comunale di Milano popolare, Matteo Forte, ha lasciato il tavolo della commissione degli Ambrogini, sul palco del teatro Dal Verme, appena è stato annunciato il nome di Cappato, mentre all’esterno attivisti dei Pro Vita hanno appeso uno striscione con scritto: «Il Comune di Milano premia chi commette reati e porta la gente in Svizzera per farla morire avvelenata. Come siamo caduti in basso». Difende la scelta il sindaco Beppe Sala: «Forse è discutibile per una parte della popolazione milanese, ma che Cappato si sia mosso con un istinto di generosità e impegno è vero». Impegno e generosità ad accompagnare a morire che coinvolgerà altri volontari perché, sostiene Cappato, «ci sono più di 20 persone al mese a richiedere il modulo per accedere al suicidio medicalmente assistito».
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
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La casa era satura di gas fatto uscire, si presume, da più bombole vista la potente deflagrazione che ha fatto crollare lo stabile. Ad innescare la miccia sarebbe stata la donna, mentre i due fratelli si sarebbero trovati in una sorta di cantina e non in una stalla come si era appreso in un primo momento. Tutti e tre si erano barricati in casa. Nell'esplosione hanno perso la vita 3 carabinieri e sono risultate ferite 15 persone tra forze dell'ordine e vigili del fuoco. (NPK) CC
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