2022-04-21
Armi, Zelensky «sotto tutela» Usa
Il Congresso preme sulla Casa Bianca per affidare a un coordinatore il dossier bombe. Una stretta su invio e distribuzione in loco che puzza di «commissariamento» per Kiev.Gli Stati Uniti puntano ad assumere un ruolo più incisivo in Ucraina. Washington mira infatti a esercitare un maggiore controllo sugli armamenti che invia a Kiev: un fattore, questo, che potrebbe portare gli americani a un più significativo coinvolgimento nella direzione delle operazioni militari in terra ucraina. Ma andiamo con ordine. La Casa Bianca sta per annunciare un nuovo pacchetto di aiuti bellici, dopo quello da 800 milioni di dollari reso noto la settimana scorsa. Secondo fonti citate da Reuters, il nuovo stanziamento dovrebbe avere la medesima entità del precedente. Il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha anche annunciato che Washington addestrerà «molto presto» un piccolo numero di soldati ucraini a maneggiare l’artiglieria pesante americana. Se approvato, il nuovo pacchetto porterà a quota 3,4 miliardi di dollari l’assistenza militare che gli Stati Uniti hanno fornito al governo di Kiev da quando è iniziata l’invasione russa. Una cifra ragguardevole, soprattutto alla luce degli armamenti sempre più potenti che la Casa Bianca sta mettendo a disposizione delle forze ucraine. Kirby ha reso noto martedì che l’Ucraina ha ricevuto aerei (di probabile fabbricazione russa), mentre i precedenti pacchetti di aiuti statunitensi includevano 16 elicotteri Mi-17. Man mano che l’impegno americano sta aumentando, alcuni settori del mondo politico d’oltreatlantico stanno premendo per un maggiore controllo sugli armamenti da parte di Washington. Il 14 aprile, un gruppo bipartisan di senatori ha inviato una lettera a Joe Biden, chiedendo la nomina di un coordinatore degli aiuti militari americani a Kiev. «La missione principale del coordinatore dell’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina sarebbe quella di guidare lo sforzo tra le agenzie nella valutazione delle esigenze di difesa dell’Ucraina, decongestionando le aree di giurisdizione sovrapposte tra il Dipartimento di Stato e il Dipartimento della Difesa», si legge nella missiva. «Questa persona», prosegue la lettera, «fungerebbe anche da principale collegamento tra il governo degli Usa e i nostri alleati e partner all’estero in questioni relative al trasferimento di scorte esistenti e alla valutazione delle capacità dei partner, come aerei, carri armati pesanti e armi sofisticate che potrebbero essere messe a disposizione in Ucraina». «Inoltre», si legge ancora, «questo coordinatore sarebbe in grado di fungere da collegamento con i nostri partner industriali nazionali». Questa lettera lascia intendere almeno tre cose. In primo luogo, è chiaro che l’establishment americano punta ad avere un maggiore controllo sul materiale bellico consegnato alle forze ucraine. L’altro ieri, Cnn ha riferito che «gli Stati Uniti hanno pochi modi per tracciare la consistente fornitura di armi […] che hanno inviato oltre il confine in Ucraina». In particolare, secondo la testata, il rischio è che nel lungo termine quel materiale possa finire in mani nemiche. Del resto, sotto questo aspetto, non si registra solo il precedente afgano, ma - lo scorso 11 marzo - Vladimir Putin rese noto di voler consegnare alle forze separatiste del Donbass le armi occidentali sequestrate in Ucraina. Va da sé che, se verrà nominato, il coordinatore americano avrà autorità di controllo sugli armamenti consegnati e, molto probabilmente, anche voce in capitolo sulle scelte militari di Kiev. Uno scenario altamente verosimile è quindi quello di un ridimensionamento sul piano della gestione militare di Volodymyr Zelensky, che, in quanto capo dello Stato, è comandante supremo delle forze armate ucraine. Zelensky, in altre parole, terrebbe per sé l’iniziativa politica, ma cederebbe probabilmente de facto il passo agli americani sul fronte del coordinamento bellico. Biden nutre d’altronde un duplice timore. Dal punto di vista geopolitico, sa che, se la situazione degli armamenti sfuggisse completamente di mano, il rischio di «sirianizzare» l’Ucraina aumenterebbe ancor di più (e va da sé che un eccessivo grado di instabilità potrebbe rappresentare un boomerang per gli Usa). Dal punto di vista interno, l’inquilino della Casa Bianca teme di ritrovarsi sotto assedio dei repubblicani, come accaduto quando, ad agosto, quantità ingenti di armamenti americani finirono nelle mani dei talebani. Un secondo fattore che emerge dalla lettera è la necessità di armonizzare Pentagono e Dipartimento di Stato: segno che, all’interno dell’amministrazione Biden, si registrano forse delle frizioni. Di «divisioni» proprio tra Pentagono e Dipartimento di Stato parlò del resto la Cnn il 10 marzo in riferimento alla questione dei jet polacchi. Un terzo elemento della lettera, lo abbiamo visto, è rappresentato dai «partner industriali nazionali». Si tratta di un nodo significativo: come sottolineato da Defense News, i grandi appaltatori del Pentagono si stanno trovando sempre più in difficoltà a causa di problemi legati alle catene di approvvigionamento e alla forza lavoro. Tali aziende sono inoltre finite sotto pressione per la crisi ucraina e non è ancora del tutto chiaro come potranno far fronte a questi scogli.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)