2023-11-15
        Flop Ue sulle armi a Kiev entro marzo. Il milione di proiettili è solo uno spot
    
 
Il sogno bellico di Bruxelles fatto in mille pezzi dalla realtà, la scadenza annunciata trionfalmente non potrà essere rispettata. Josep Borrell mette le mani avanti: «C’è la possibilità tecnica di consegnarle per la fine del 2024».Non bastavano le dichiarazioni del Pentagono, che la scorsa settimana ha annunciato di aver iniziato a ridurre l’assistenza militare all’Ucraina a causa dei ritardi nei finanziamenti al Congresso Usa. Adesso anche in Europa si registrano tentennamenti, come ha lamentato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Intervenendo lunedì alla riunione dei ministri degli Esteri Ue, Josep Borrell ha spiegato che l’obiettivo di consegnare un milione di munizioni l’anno all’Ucraina entro la fine del 2023, fissato dai Ventisette a marzo con l’impegno di aiutare Kiev a resistere alle forze armate russe, che sparano una quantità di proiettili dieci volte superiore rispetto all’Ucraina, è lontano dall’essere raggiunto. L’altro ieri Borrell ha giustificato il fallimento dell’iniziativa congiunta parlando genericamente di «limitazioni della capacità produttiva»; ieri tuttavia, in conferenza stampa al termine del Consiglio Difesa Ue, l’alto rappresentante ha corretto il tiro, rimangiandosi le parole del giorno prima: «Oggi circa il 40% della produzione viene esportato in una trentina di Paesi terzi, quindi non è una mancanza di capacità produttiva, è che (gli Stati membri Ue, ndr) inviano i loro prodotti in altri mercati. Pertanto forse ciò che dobbiamo fare è provare a spostare questa produzione verso l’Ucraina, che sarebbe un bel cambiamento». Sottotitolo: non è una questione di potere ma di volere. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha tentato di minimizzare l’insuccesso europeo del progetto addebitandolo allo «stato deplorevole dell’industria della difesa e agli ostacoli burocratici», come aveva giustificato inizialmente Borrell, anziché alla «mancanza di volontà politica» denunciata ieri dall’alto rappresentante, ma l’imbarazzo è palpabile. Il mancato raggiungimento degli obiettivi di marzo arriva in una fase molto complicata per Kiev. «Non c’è senso di urgenza in Europa, la situazione in Ucraina è molto grave e il fronte potrebbe rompersi: c’è la seria possibilità che la guerra venga persa», ha dichiarato ieri all’Ansa un diplomatico Ue, confermando quanto anticipato dai quotidiani americani nei giorni scorsi. La percezione che l’offensiva ucraina sia in fase di totale stallo l’ha ribadita anche il Washington Post nelle scorse settimane, riferendo che gli alti funzionari occidentali, tra cui il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, stanno sollecitando i media a descrivere la vacillante controffensiva di Kiev in maniera più soft, esortandoli a non concentrarsi troppo sugli sviluppi della guerra sul campo, «per non perdere il quadro più completo». Ma, ha riconosciuto lo stesso Stoltenberg ieri al Consiglio Difesa Ue, «la situazione è molto difficile, ed è necessario intensificare il nostro sostegno perché non possiamo permettere che Putin vinca». Nonostante ieri Borrell abbia annunciato che da Francia e Germania arriveranno 120.000 munizioni per l’Ucraina nel 2023 e 2024, dichiarando che il raggiungimento dell’obiettivo è «tecnicamente possibile» entro il 2024, il flop sul programma di approvvigionamento di munizioni c’è e potrebbe essere decisivo per Kiev. In base ai piani elaborati all’inizio del 2023, l’Ue si era impegnata a fornire munizioni di artiglieria all’Ucraina per 12 mesi, prima attingendo alle scorte esistenti dei Paesi membri, poi attraverso contratti di approvvigionamento congiunto e aumentando la capacità industriale: a otto mesi dalla sottoscrizione di quell’accordo, sono state fornite «soltanto» 300.000 munizioni. Se sul piano comunitario i Ventisette continuano a dichiararsi d’accordo sul sostegno incondizionato a Kiev, a livello nazionale non sta andando esattamente così. Il governo slovacco, ad esempio, ha deciso mercoledì scorso di bloccare un’importante fornitura di armi in Ucraina per 40,3 milioni di euro, che era stata programmata dal precedente esecutivo. Una decisione eclatante, dato che la proposta includeva la consegna di munizioni da 7,62 mm e di grosso calibro per i cannoni da 125 mm, nonché razzi, mortai e mine (dall’inizio della guerra la Slovacchia ha inviato a Kiev attrezzature per circa 670 milioni di euro, ndr). Anche la Polonia a settembre ha messo le mani avanti, annunciando di non voler inviare più nuove armi per «concentrarsi principalmente sulla modernizzazione e sul rapido armamento dell’esercito polacco». L’Ungheria, da parte sua, ha tenuto bloccato un pagamento di 500 milioni di euro nell’ambito del Fondo europeo per la pace (Epf) anche se, ha auspicato ieri Borrell, presto potrebbe essere raggiunta un’intesa per sbloccarlo. I Paesi membri, insomma, sono divisi, molti non intendono rivelare i dettagli delle proprie forniture e non riescono a trovare un accordo neanche su come garantire ulteriori finanziamenti. Nel frattempo, Mosca ha aumentato la propria produzione grazie agli aiuti dalla Corea del Nord: un diplomatico sudcoreano ha dichiarato due settimane fa che Pyongyang ha inviato più di 1 milione di proiettili alla Russia. Nonostante le difficoltà riscontrate, non ci sarà una revisione della scadenza per la consegna delle munizioni a Kiev: Borrell ha dichiarato che l’Unione europea «mantiene l’obiettivo». Ma mentre l’Ucraina si prepara a un lungo inverno e a una lunga guerra, il minimo ritardo nell’approvvigionamento di munizioni, voluto o meno dai capricciosi alleati europei, per Kiev non potrà che essere fatale.