2023-10-30
«Armeni ed ebrei sotto attacco. Può tornare l’era dei genocidi»
Il saggista Giulio Sapelli: «Hamas vuole distruggere un popolo, non uno Stato. L’unipolarismo Usa fa danni, ma gli americani non hanno veri rivali. Neanche la Cina, che è in disgregazione». Professor Giulio Sapelli da esperto di storia economica come pochi altri anche a livello internazionale la stimolo su questo punto: «Israele è sempre stato un Paese eternamente in guerra. Quindi tutto sommato non cambia nulla!»«Cambia radicalmente tutto! Israele fino ad oggi si è confrontata con altri Stati. Siamo ovviamente nel grande Medio Oriente. Sistemi dove prevale la poligamia. Ma pur sempre Stati. La situazione ora è invece magmatica. Per la prima volta e Israele non si confronta con uno Stato, o un complesso di Stati così come avvenuto con quelle guerre che hanno dato vita al complesso geostrategico che conosciamo: mi riferisco alla segmentazione dello Stato ebraico che condivide aree come Cisgiordania, Palestina o la stessa Gaza. Per la prima volta nella sua storia, Israele è stata attaccata da migliaia di terroristi che avevano come fine, non quello di distruggere lo Stato di Israele, ma di uccidere quanti più ebrei possibili nel modo più atroce ed esemplare possibile agli occhi della comunità islamica internazionale».Il tema è così rilevante?«È una svolta storica, anche se forse facciamo finta di credere che non lo sia. Potrebbe riaccendersi l’era dei genocidi. Temporalmente preceduta da una crisi come quella in Armenia. E lei sa bene che il primo genocidio della storia del Novecento è stato quello degli armeni. Successivamente seguito da quello ancora più tragico degli ebrei».Le confesso che speravo in più ottimismo da parte sua…«Ci si dimentica che lo sviluppo capitalistico mondiale è sempre ineguale. E di questo si fanno portatori gli stati nazione. Più che alla fine della globalizzazione assistiamo ad un riaccendersi delle sue contraddizioni. Consideri la trasformazione della Polonia diventata il cuore centrale del nuovo di sistema di potere che parte dal Mar Baltico ed attraversando il Mar Nero arriva fino al Canale di Sicilia. Un nuovo complesso militare ed industriale sorto dentro la Nato nonostante la riluttanza della vecchia Europa. In questo scenario sa cosa accade?»Cosa?«Tutto si riclassifica. Un vecchio sistema di relazioni internazionali frana. Le piccole potenze acquistano un peso inusitato».E si torna al Medio Oriente… «Il nazionalismo da sempre si accompagna al populismo ed all’antisemitismo. La lotta contro gli ebrei vede al centro di tutto Israele. Si assiste ad un ritorno dell’antisemitismo a livello di relazioni internazionali. Il messaggio del segretario delle Nazioni Unite lo si comprende in questo contesto».Hamas ha filmato le immagini terribili del 7 ottobre. E le ha fatte circolare sui social network. Di fatto obbligando Israele ad entrare dentro Gaza. «Ho avuto modo di leggere quello che dice il generale Petreus in un dispaccio. Quando i terroristi operano da insediamenti urbani stabili, facendosi scudo di civili inseriti in quelle città, combatterli provoca inevitabilmente e chiaramente una perdita di civili. E tutto questo è “coperto” dai disastri intellettuali che vediamo ad opera di docenti universitari nell’anglosfera. Tante sono le pubblicazioni in molte università inglesi ed americane caratterizzate da un forte accento di polemica contro lo stato di Israele. Un contesto favorevole alla rinascita di un diffuso sentimento di antisemitismo».Perdite fra i civili che alimenteranno l’odio verso Israele. Hamas farà ancora più proseliti…«Questa è la cosa che più mi fa soffrire di più da cattolico. Vent’anni fa, quando discutevamo di palestinesi e di Palestina, parlavamo di un mondo sostanzialmente cristiano».Come si immagina lo sviluppo di questa azione di terra di Israele dentro Gaza appena iniziata? «Non me la so immaginare perché non sono un esperto militare. Ma basti pensare alla Seconda guerra mondiale. Stalingrado, Berlino e la stessa Montecassino. Quello è combattere dentro una città».Professore, esiste una possibilità che Hamas sia isolata dentro il mondo arabo? Penso all’intervista andata in onda sul canale El Arabia. Una giornalista agguerrita incalza il leader di Hamas mettendolo alle strette. Può voler dire qualcosa?«Ho pensato molto a quell’intervista. Partiamo dal cosiddetto trattato di Abramo. Quell’accordo non è stato firmato da persone inconsapevoli. Gli stati arabi avevano intrapreso un percorso di pacificazione che rischiava di mettere fuori gioco tutte le posizioni estreme come quelle di Hamas. Considero anche la disgraziata decisione di fatto presa nell’ultimo G20. La consacrazione della cosiddetta via del cotone. Una linea ferroviaria in funzione teoricamente anticinese, antiturca ed antirussa. Un trasporto ferroviario elettrico che arriva alla città israeliana di Haifa. La cosa ha esposto Israele. Le élite intellettuali dominanti nel grande Medio Oriente si avviavano verso una sorta di conciliazione. Tutto inquadrabile in uno sforzo capitalistico di superamento dell’ineguaglianza e proteso allo sviluppo. Questo è visto dall’estremismo come un pericolo mortale. Per questo che quell’intervista è molto importante, non è stata fatta per caso!».Professore, secondo lei la Russia come guarda a questo conflitto? «Ahimè, purtroppo quasi con compiacimento e questa è la cosa più tragica, per chi ama la cultura e la storia russa. L’oligarchia putiniana di oggi guarda a questo conflitto positivamente perché vede aumentare il suo ruolo e la sua presenza nel grande Medio Oriente».Professore, esiste una possibilità che l’Iran alla fine riesca a non far deflagrare il conflitto a livello mondiale? Oppure Hamas potrebbe anche decidere di non dar retta all’Iran? Sempre ammesso e non concesso che Teheran sia un interlocutore che conserva un barlume di ragionevolezza, sia chiaro!«Da quel che vedo e sento, la classe dirigente iraniana non sembra compatta. Credo si sia aperta una sorta di fronte interno. L’ala più estremista non è totalmente preponderante al momento. Penso vi sia ancora un margine di discussione all’interno dei giochi di potere dentro Teheran. E personalmente ritengo si debba fare di tutto per evitare che l’Iran si intrometta direttamente in questo conflitto».Esiste la possibilità che con un cambio di rotta della politica americana con le elezioni del 2024 ci si possa avviare verso la normalità?«Biden mi ha stupito e confortato ammonendo Israele a non commettere gli stessi sbagli fatti dagli americani in Iraq e in Afghanistan. L’errore, dice Biden, non è stato quello di combattere i terroristi, bensì quello di non preoccuparsi del dopo; non avere cioè una strategia per la ricostruzione. Non dall’alto ma dal basso. Un uomo intelligente come Petreus aveva infatti intenzione di ricostruire dopo aver combattuto in Afghanistan. Il mondo sta franando perché senza una leadership mondiale, esso stesso non può esistere. E questa leadership mondiale, non può che essere quella degli Stati Uniti con un sistema di alleanze. Sottolineo alleanze. Perché è l’unipolarismo americano che ha portato il mondo alla crisi. Io rimango appeso con un filo di speranza a quelle parole di Biden. Questa speranza non può ovviamente prescindere dal combattere Hamas».Se l’unipolarismo è causa di disastri, serve un’alternativa agli Usa per tornare ad una sorta di guerra fredda che non diventi calda. Può essere la Cina il contendente?«Il vero problema è che questo avversario degli Usa non esiste. La Cina non è assolutamente l’interlocutore che molti pensano. È un mondo in disgregazione. Ha una crisi demografica terribile. Il ministro degli esteri scomparso è stato sostituito dal capo della diplomazia del partito comunista. La Cina è sconvolta da una lotta di potere interna. Non è un monolite. Gli studi sociologici della scuola francese applicati alla Cina ci aiutano a capire che questo è un mondo che sta finendo. Nel mondo ci sono solo frattaglie. Anzi uso un termine più elegante: frattali. Le relazioni internazionali stanno franando. Smettiamo di parlare con termini assurdi come “geopolitica”. Parliamo in termini di relazioni in-ter-na-zio-na-li. In queste non si riesce più ad esercitare un equilibrio di potenza perché non ci sono più potenze quasi simili che possano quindi equilibrarsi. Berlino è stata umiliata e calpestata con le sanzioni alla Russia. Di fatto contro la Germania, la Francia ed anche l’Italia. Pensi a Parigi: una potenza fino alla presidenza Chirac che ha ancora la migliore diplomazia ed i servizi segreti più intelligenti ma non esercita più alcun potere di dissuasione e mediazione. Se invece di usare il termine geopolitica, parliamo di relazioni internazionali, queste dinamiche si comprendono subito».In altre parole, cercasi un’altra superpotenza disperatamente…«Si. E dato che non c’è abbiamo un aggregato peristaltico, sottolineo peristaltico ed instabile, di medie potenze. E fra queste, sia chiaro, io ci metto la Cina che non è una grande potenza. Chi ha studiato la storia del Commonwealth e l’ascesa degli Stati Uniti sa cosa sono le grandi potenze. La Cina è una super potenza incompleta. Un gigante militare mostruosamente accasciato sui piedi di argilla di una fragilità economica senza fine».La guerra fra Russia e Ucraina che fine farà?«Si alternerà fra frigorifero e congelatore. E durerà ancora un sacco di tempo».Ma come è possibile che Israele, potenza tecnologica e capacissima in termini di intelligence si sia fatta trovare impreparata il 7 ottobre? La dietrologia impazza, lo sa!«Le rispondo con una storia vera. Uno dei miei allievi più intelligenti ha fatto carriera nel mondo dell’intelligence. Sa quando?».Quando?«Quando scoprì che gli americani avevano tecnologie per ascoltare i Mujahidin nelle montagne dell’Afghanistan. Ma quasi nessuno, a differenza del mio brillante allievo, conosceva quella lingua. L’intelligence deve avere uomini di lettere e cultura al suo interno».
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".