2021-01-31
Arcuri ripete il teatrino anche con Moderna
Nuova campagna di allarmismo, stavolta nel mirino l’azienda statunitense: «Taglia le forniture del 20%». Ma, come da copione, conteggiando le dosi e non i flaconi l’emergenza svanisce. Ok dell’Aifa al vaccino AstraZeneca, consigliato però agli under 55Contrordine compagni, l’allarme somministrazioni scatenato dai ritardi di Pfizer e Moderna non c’è più. Venerdì in conferenza stampa il commissario Domenico Arcuri ha lamentato «stupore, preoccupazione e sconforto» per i continui «tagli» alle forniture. Ma ieri, nell’incontro con le Regioni sull’aggiornamento del piano vaccinale, ha usato altri toni: «La vaccinazione è ripresa, stiamo usando le dosi conservate e quelle che stanno arrivando per somministrare le seconde dosi», ha detto ai governatori. Annunciando che la consegna dei vaccini Moderna arriverà il primo febbraio: «L’azienda riduce del 20%, in maniera omogenea tra le Regioni, le dosi della consegna dell’8 febbraio e del 22 febbraio ma si impegna a recuperare nel mese di marzo». Arcuri dimentica che Moderna non consegna direttamente alle Regioni, ma a Roma ed è poi la struttura commissariale a fare la suddivisione. Ciò alimenta la sensazione che si replichi con Moderna lo schema già rodato con lo slittamento delle dosi di Pfizer. Vi ricordate? Il 15 gennaio Pfizer-BioNtech avevano annunciato il rallentamento nelle consegne assicurando comunque che il flusso sarebbe ripartito «dal 25 gennaio, con un aumento dal 15 febbraio». Eppure in Italia era andata avanti per giorni la gazzarra sui «drammatici» ritardi nelle consegne con tanto di diffida di Arcuri contro la Pfizer. Conteggiando le dosi e non i flaconi, però, la casa farmaceutica tecnicamente non è mai stata in arretrato. Perché i suoi accordi con i governi si sono «sempre basati» sulla consegna «di dosi e non di fiale». E, come ha certificato l’Ema l’8 gennaio, ogni fiala contiene 6 dosi, e non 5 come indicato fino a quel momento. Se poi qualcuno ha usato già la sesta dose gratis per accelerare nella gara a chi vaccinava di più, non è un problema della Pfizer, ma di chi ha lasciato correre senza pianificare correttamente le forniture approfittando di questo «equivoco», chiaro in realtà fin dall’inizio. Ebbene, ora sembra di vedere lo stesso film con Moderna. Il sito quotidianosanità.it ha rilevato che anche per questo vaccino è possibile estrarre una dose aggiuntiva da ogni fiala. Nel «bugiardino» di Moderna si parla di fiale da 10 dosi ciascuna ma Aifa ha segnalato la possibilità di estrarne una in più. Quindi, come già avvenuto per Pfizer, anche la riduzione delle consegne annunciata da Moderna potrebbe essere in parte compensata dalla dose extra. Possibilità che però, a differenza di quanto avvenuto per Pfizer, non è stata riconosciuta ufficialmente dall’Ema, e in ogni caso si tratterebbe solo del 10 % in più. Ma va considerato che Moderna può essere utilizzato soprattutto per vaccinare gli ultraottantenni, che per la Fase 1 ancora in corso bastano le dosi Pfizer e che nel frattempo arriveranno nuovi rinforzi. A che servono, dunque, questi continui allarmi? A creare un alibi per le falle logistiche del piano nazionale sulle vaccinazioni? Anche l’ex direttore generale dell’Ema, Guido Rasi, ieri in un’intervista ha fatto notare che «finora in Italia è stata gestita la fase molto semplice di somministrare i vaccini disponibili al personale sanitario. Non ho studiato a fondo il piano italiano, ma mi sembra che non ci siano misure strutturali per gestire un periodo lungo, né che siano stati previsti adattamenti strategici ai vari scenari».Nel frattempo, ieri il vaccino di AstraZeneca è stato approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Ma attenzione: mentre l’Ema, l’omologa europea, ha dato il via libera alla somministrazione anche per gli over 55, l’Aifa ha dato un’indicazione per l’utilizzo «preferenziale» dai 18 ai 55 anni scegliendo quindi di seguire la stessa strada presa da Berlino (che lo inietterà solo alle fasce di popolazione più giovani). La Germania, però, può contare su BioNtech e sulle 30 milioni di dosi già ordinate fuori dagli accordi europei che arriveranno dal nuovo stabilimento di Marburg. Sullo sfondo, inoltre, si agita lo scontro tra Bruxelles e il colosso farmaceutico anglo-svedese dopo che la Commissione Ue ha varato un meccanismo di rigidi controlli all’export di vaccini prodotti in Europa. Un vero e proprio guanto di sfida, contestato per altro dall’Oms preoccupata da queste barriere che «rischiano di prolungare la pandemia».La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, oggi avrà un incontro con i vertici delle varie aziende produttrici per fare il punto della situazione. Ieri, però, il Ceo di Pfizer, Albert Bourla ha lanciato un messaggio chiaro alla Ue con un’intervista a Bloomberg: «Non penso sia una buona idea anche solo insinuare che qualcuno possa vietare l’export di un vaccino. Teniamo presente che molti dei materiali necessari vengono da altri Paesi. Se uno inizia a mettere divieti, quale sarà la risposta degli altri? Sarebbe una situazione in cui perdono tutti piuttosto che uno scenario che aiuterebbe l’Europa», ha avvertito Bourla. Come dire: occhio che se bloccate le esportazioni, col piffero che gli altri vi daranno certe componenti. Mettersi a chiedere esclusive in un settore dove le supply chain sono quantomeno continentali è sicuramente un azzardo più per chi lo pretende che per le aziende. Soprattutto dopo la Brexit visto che la Gran Bretagna è sempre stata un anello forte forte della catena dei vaccini e dei farmaci.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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