2022-09-21
La stagione della caccia al via tra ricorsi e sospensioni del Tar
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Il 18 settembre, nella maggior parte delle regioni italiane, è partita la stagione venatoria 2022/2023. Come ogni anno, però, molti cacciatori devono fare i conti con i ricorsi presentati dalle associazioni animaliste che si aggrappano ai soliti cavilli burocratici.Come ogni anno, l'arrivo dell'autunno porta con sé una notizia molto importante e attesa da parte di tutti i cacciatori e di tutto il mondo venatorio: l'apertura della stagione della caccia, ossia in quale giornate dell'anno sarà consentito cacciare, e soprattutto, quali specie è permesso cacciare, a seconda della regione.Ogni regione, infatti, con tempi e modalità diverse ha comunicato il proprio calendario con la suddivisione delle giornate in cui è possibile cacciare e delle relative specie cacciabili. Per esempio, i cacciatori che operano in Lombardia, dal 18 settembre 2022 al 19 gennaio 2023, possono cacciare l'alzavola, la canapiglia, il codone, il germano reale, la folaga, la gallinella d'acqua, la marzaiola, il fischione, il mestolone, la beccaccia, il beccaccino, il frullino e il porciglione. Così come il tordo bottaccio e il merlo, ma fino al 31 dicembre. Per quanto riguarda invece la quaglia e l'allodola, dovranno attendere il 1° ottobre e avranno tempo, rispettivamente, fino al 31 ottobre e al 31 dicembre. Nel Lazio, invece, regione dove più di ogni altra si fa sentire il problema del sovraffollamento dei cinghiali, si potrà cacciare proprio il cinghiale, oltre che il muflone, dal 1° novembre al 30 gennaio. O almeno così avrebbe dovuto essere, visto che in diversi casi le regioni hanno dovuto fare i conti con le decisioni dei Tar che hanno bloccare e rimandato la partenza della stagione venatoria. Come accaduto proprio in Lombardia, dove il Tribunale amministrativo regionale, dopo il ricorso presentato dalla Lac - Lega abolizione caccia - ha stabilito che «la Regione Lombardia non ha motivato la scelta di discostarsi dal parere Ispra senza fornire motivazioni e fissare l'apertura generale della stagione venatoria al 18 settembre». Una decisione che di fatto ha rinviato al 1°ottobre la possibilità per i cacciatori di cacciare le specie sopracitate. Situazioni analoghe si sono verificate anche in altre regioni. In Umbria l'apertura della stagione venatoria è stata sospesa in via cautelare dal Tar, a causa del ritardo rispetto ai tempi previsti dalla legge 157/92 (il termine è fissato entro il 15 giugno) con cui è stato approvato il calendario e che ha permesso alle associazioni animaliste di presentare e vincere il ricorso, con il giudice del tribunale amministrativo di Perugia che ha deciso fossero presenti le condizioni di «estrema gravità e urgenza» utili a decretare la sospensione temporanea del calendario venatorio. «L'estrema gravità e urgenza sarebbe dettata dalla decisione della Regione di consentire l'apertura della caccia a partire dal 18 settembre, anziché dal 1° ottobre come richiesto da Ispra» - si legge tra le motivazioni del Tar - «Sussiste quindi il paventato pericolo che l'apertura al 18 settembre 2022 possa arrecare danni irreversibili al patrimonio faunistico e questo è prevalente sugli interessi di natura sportiva-privata dei cacciatori per i quali la sospensione del prelievo fino alla data dell'udienza, fissata per il 4 ottobre, sarebbe un sacrificio, temporalmente e quantitativamente, limitato». iStockNelle Marche, a pochi giorni dal via, sempre il Tar, sempre in seguito all'ennesimo ricorso animalista, ha dovuto sospendere la pre-apertura della stagione per cacciare quaglia, germano reale, alzavola e marzaiola con le seguenti motivazioni, specie per cui Ispra aveva fornito un parere contrario. Va ricordato, però, come tutto ciò avviene per cavilli burocratici a cui si aggrappano le varie associazioni contrarie alla caccia, che presentando i ricorsi a ridosso della partenza della stagione venatoria chiedono e ottengono l'applicazione di misure cautelari urgenti per scongiurare «il pericolo di compromissione del patrimonio faunistico», con il Tar che si trova di fatto costretto ad accogliere i ricorsi per la mancanza dei tempi tecnici. Ricorso che non può in questo modo essere trattato e discusso in sede collegiale entro l'inizio della stagione, con il tribunale che ha ormai classificato tutto quel che si discosta dal parere Ispra come «situazione di estrema gravità e urgenza», adottando la sospensione temporanea del calendario anche senza un contraddittorio. Va detto anche che molte di queste grane si eviterebbero rispettando i tempi di presentazione dei calendari da parte delle regioni stesse, che se comunicassero entro il 15 giugno le date e le specie, non lascerebbero spazio e tempo alle associazioni animaliste di presentare il ricorso, che andrebbe presentato entro e non oltre 60 giorni, quindi non oltre il 14 agosto. Il caso marchigiano ha avuto un impatto anche a livello nazionale, con la Federazione italiana della caccia che è intervenuta presentando ricorso contro la chiusura anticipata.A dimostrazione di quanto è fondamentale il rispetto delle tempistiche, quanto avvenuto in Sicilia, dove il Consiglio di giustizia amministrativa ha ribaltato la sentenza del Tar di Palermo che aveva in un primo momento sospeso in via cautelare la caccia a tortora e coniglio selvatico, legittimandola grazie a un sistema di monitoraggio degli abbattimenti. Regione Sicilia che aveva presentato con largo anticipo il proprio calendario, addirittura il 25 maggio. Un fattore questo che le ha consentito di impugnare la prima sentenza del Tar e fare ricorso presso il Consiglio di giustizia amministrativa.