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2023-05-24
Aperta un’indagine sull’alluvione. Previsti altri nubifragi in Romagna
Ansa
Mentre si prova a quantificare la portata dei danni causati dall’alluvione e proseguono i soccorsi tra fango e acqua, resta ancora forte l’allarme maltempo in Emilia Romagna, in particolar modo nel ravennate. L’Agenzia regionale di protezione civile e Arpae Emilia Romagna hanno infatti prolungato lo stato di allerta rossa per criticità idrauliche e gialla per criticità idrogeologiche e temporali su tutto il territorio del comune fino alla mezzanotte di mercoledì 24 maggio. L’allerta, estesa anche nella pianura forlivese, è dovuta al forte rischio di piene dei fiumi, in quanto nel pomeriggio sono previsti temporali che potrebbero causare l’innalzamento dei livelli idrometrici presso i tratti montani dei corsi d’acqua, già colpiti dal dissesto idrogeologico generato dalle alluvioni dei giorni scorsi. Le condizioni sono e restano ancora molto critiche anche per le difficoltà con cui si sta procedendo allo smaltimento delle acque esondate che non consentono il corretto utilizzo del reticolo idrografico secondario e di bonifica, ovvero il sistema di monitoraggio ambientale che regolando le piene dovrebbe tutelare il patrimonio agricolo e urbanistico.
Gli ultimi due giorni, tuttavia, hanno dato un po’ di tregua dal punto di vista meteorologico, con l’acqua che ha cominciato a ritirarsi da alcuni dei luoghi più colpiti, ma sono ancora molte le situazioni di difficoltà, con i Vigili del fuoco e i volontari impegnati 24 ore su 24 sul campo. A Conselice, per esempio, Comune di quasi 10.000 abitanti in provincia di Ravenna devastato dal maltempo, sono impegnati 100 volontari della Protezione civile insieme con altre strutture operative, al lavoro con idrovore, pompe utilizzate per assorbire grandi quantità d’acqua in caso di alluvione, mezzi anfibi e altro personale per prestare assistenza alla popolazione.
Intanto, a Forlì e Cesena sono state riaperte le scuole, mentre a Faenza la preside del liceo Torricelli Ballardini, Paola Falcioni, ha scritto una lettera ai docenti chiedendo di sospendere temporaneamente verifiche e interrogazioni, invitandoli a «comprendere i ragazzi e i traumi che hanno riportato con l’alluvione e capire quali siano le priorità in questo momento». A proposito delle scuole, l’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna ha comunicato una prima stima sulla situazione degli istituti: al momento se ne contano 105 colpiti fortemente dall’alluvione, 49 con grandi criticità per la ripresa delle lezioni, 58 con difficoltà dovute alla viabilità e ai trasporti, mentre altri 44 hanno messo a disposizione le proprie aule per accogliere gli sfollati, il cui numero ha superato quota 23.000. Sfollati che, oltre a dover fare i conti con i danni causati dall’alluvione, devono difendersi anche dagli attacchi degli sciacalli e dall’ondata di speculazione sui prezzi di beni di prima necessità strettamente connessi all’emergenza maltempo, dagli stivali ai guanti, dalle pale alle tute impermeabili, tutti oggetti che hanno avuto rincari ingiustificati al punto che a Forlì è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine per controllare questo fenomeno. Per quanto riguarda invece la viabilità, nella giornata di ieri sono state riparte in entrambe le direzioni tutte le corsie dei 200 chilometri della A14 coinvolte dall’emergenza maltempo, come ha reso noto Autostrade per l’Italia.
Parallelamente a quanto accade sul territorio, l’attenzione è rivolta anche alle indagini al fine di accertare eventuali responsabilità. A Ravenna è stato aperto dalla Procura un fascicolo con ipotesi di reato di disastro colposo a carico di ignoti. Il procuratore capo Daniele Barberini deciderà se procedere o meno a specifiche consulenze tecniche quando sarà conclusa la delicata fase dei soccorsi, mentre per le sei vittime accertate fino a questo momento i fascicoli aperti dal pm Angela Scorza sono ancora senza ipotesi di reato.
Per giovedì, invece, come annunciato da Stefano Bonaccini, è prevista in Regione la visita di Ursula von der Leyen. Il governatore dem, in accordo con il governo, ha fatto sapere che chiederà al presidente della Commissione europea l’attivazione del fondo di solidarietà europea: «Già nel 2012 ci arrivarono 700 milioni di euro, noi siamo convinti che altre centinaia di milioni possano arrivare», ha detto Bonaccini. Giovedì, secondo quanto emerso dalla conferenza dei capigruppo tenutasi ieri a Palazzo Madama, potrebbe essere anche la giornata dell’informativa in Senato del ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, con il Terzo polo che, per voce della capogruppo Raffaella Paita, ha chiesto l’intervento del premier Giorgia Meloni al posto dell’ex governatore siciliano, «per illustrare quello che sta facendo il governo e cercare di fare in modo che si prenda un impegno serio per il ripristino dell’unità di missione Italia sicura per il dissesto idrogeologico», mentre il leader Carlo Calenda, intervenuto al Tg2, ha spento ogni polemica: «Il governo nazionale e la Regione Emilia Romagna stanno lavorando bene. Siamo assolutamente con loro per soccorrere le persone alluvionate».
Intanto la Cina spinge sul carbone
Mentre in Emilia Romagna ancora si spala il fango ed esperti di vaglia ascrivono l’alluvione al cambiamento climatico, a longitudini orientali si festeggia il nuovo record di emissioni di CO2. Gli ineffabili cinesi, infatti, continuano a bruciare carbone letteralmente come se non ci fosse un domani. Secondo Carbon brief, le emissioni di CO2 in Cina sono cresciute del 4% nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2022. È il primo trimestre più alto di sempre, leggermente sotto il record trimestrale registrato nel quarto trimestre 2020 (il primo trimestre dell’anno è significativo perché comprende i festeggiamenti del Capodanno cinese che durano un paio di settimane).
Complessivamente, le emissioni cinesi nel trimestre hanno superato i 3 miliardi di tonnellate di CO2, il che, in proiezione, significa che a fine anno il totale supererà agevolmente i 12 miliardi di tonnellate di CO2 emessa, pari a poco più di un terzo del totale mondiale. Giova ricordare che l’Unione europea a 27 emette 2,8 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, mentre l’Italia si ferma a circa 300 milioni di tonnellate all’anno, meno di un centesimo di quelle mondiali e 40 volte meno di quelle cinesi. Della CO2 emessa in Italia, circa il 15% (45 milioni di tonnellate, pari allo 0,1% delle emissioni mondiali e allo 0,38% delle emissioni cinesi) è legato ai trasporti su strada.
Le emissioni in Cina sono cresciute a causa del maggior utilizzo di petrolio (+5,5%), carbone (+3,6%) e gas (+1,4%). L’aumento nell’utilizzo di questi combustibili fossili è stato causato da un maggiore produzione di energia elettrica, che ha dovuto fare i conti anche con la minore produzione idroelettrica a causa delle scarse piogge. La Cina nel 2022 e nel primo trimestre 2023 ha aumentato sia le importazioni di carbone sia la produzione interna, aprendo nuove miniere e sfruttando maggiormente le attuali. L’aumento della produzione di carbone dell’11% registrata nel 2022 in realtà non basta a nutrire l’aumento del fabbisogno, perché la produzione aggiuntiva è costituita da carbone con minore potere calorifico, dunque con minore energia per unità di peso. Vero è che nel 2022 la stessa Cina ha installato 125.000 nuovi megawatt di potenza eolica e solare, ma allo stesso tempo sono stati autorizzati altri 100.000 megawatt di potenza a carbone, più altri 10.000 Mw nel solo primo trimestre 2023.
Dunque, la Cina prosegue nella sua strategia di crescita industriale basata essenzialmente sul carbone (e sul nucleare nel lungo termine, in sostituzione di questo). Di contro l’Europa prosegue nella sua strada suicida fatta di una politica industriale strutturalmente inflazionistica e pauperista dal lato dei consumi. Nonostante l’evidente sproporzione tra le emissioni cinesi e quelle europee, l’Europa introduce restrizioni e obblighi sempre maggiori e sempre più oppressivi, costringendo i cittadini a sostenere costi altissimi e, come presto sarà chiaro, anche a limitazioni della libertà di movimento e di espressione. A livello astratto, il racconto dei fatti climatici si basa sulla colpevolizzazione del genere umano come portatore nocivo di squilibri, il che conduce ad un rinnovato malthusianesimo vicino alle posizioni del Club di Roma. Del resto, il fatto che gruppi di pressione ben finanziati manifestino «per il clima» attaccando opere e monumenti italiani stando ben lontani dall’ambasciata cinese segnala un evidente intento politico, anche nella narrazione che pervade i media. Si colpisce con le Ztl l’artigiano che ha il furgone diesel euro 4 perché è molto più facile impedire a questo di varcare le soglie del centro cittadino che fare la voce grossa con Pechino. Un’ipocrisia che origina anche dai rapporti economici intrecciati negli ultimi 30 anni dall’Occidente, che hanno fatto della Cina il regno della manifattura e del dumping ambientale.
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Resta l’allerta rossa sulla regione. Alla Procura di Ravenna fascicolo contro ignoti. Oltre 100 scuole chiuse, forze dell’ordine per fermare sciacalli e speculazioni. Passerella di Ursula von der Leyen giovedì.La Cina spinge sul carbone. Nel primo trimestre emissioni su del 4% rispetto allo stesso periodo del 2022, complice la crisi dell’idroelettrico. A fine anno Pechino produrrà un terzo della CO2 mondiale.Lo speciale contiene due articoli.Mentre si prova a quantificare la portata dei danni causati dall’alluvione e proseguono i soccorsi tra fango e acqua, resta ancora forte l’allarme maltempo in Emilia Romagna, in particolar modo nel ravennate. L’Agenzia regionale di protezione civile e Arpae Emilia Romagna hanno infatti prolungato lo stato di allerta rossa per criticità idrauliche e gialla per criticità idrogeologiche e temporali su tutto il territorio del comune fino alla mezzanotte di mercoledì 24 maggio. L’allerta, estesa anche nella pianura forlivese, è dovuta al forte rischio di piene dei fiumi, in quanto nel pomeriggio sono previsti temporali che potrebbero causare l’innalzamento dei livelli idrometrici presso i tratti montani dei corsi d’acqua, già colpiti dal dissesto idrogeologico generato dalle alluvioni dei giorni scorsi. Le condizioni sono e restano ancora molto critiche anche per le difficoltà con cui si sta procedendo allo smaltimento delle acque esondate che non consentono il corretto utilizzo del reticolo idrografico secondario e di bonifica, ovvero il sistema di monitoraggio ambientale che regolando le piene dovrebbe tutelare il patrimonio agricolo e urbanistico.Gli ultimi due giorni, tuttavia, hanno dato un po’ di tregua dal punto di vista meteorologico, con l’acqua che ha cominciato a ritirarsi da alcuni dei luoghi più colpiti, ma sono ancora molte le situazioni di difficoltà, con i Vigili del fuoco e i volontari impegnati 24 ore su 24 sul campo. A Conselice, per esempio, Comune di quasi 10.000 abitanti in provincia di Ravenna devastato dal maltempo, sono impegnati 100 volontari della Protezione civile insieme con altre strutture operative, al lavoro con idrovore, pompe utilizzate per assorbire grandi quantità d’acqua in caso di alluvione, mezzi anfibi e altro personale per prestare assistenza alla popolazione.Intanto, a Forlì e Cesena sono state riaperte le scuole, mentre a Faenza la preside del liceo Torricelli Ballardini, Paola Falcioni, ha scritto una lettera ai docenti chiedendo di sospendere temporaneamente verifiche e interrogazioni, invitandoli a «comprendere i ragazzi e i traumi che hanno riportato con l’alluvione e capire quali siano le priorità in questo momento». A proposito delle scuole, l’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna ha comunicato una prima stima sulla situazione degli istituti: al momento se ne contano 105 colpiti fortemente dall’alluvione, 49 con grandi criticità per la ripresa delle lezioni, 58 con difficoltà dovute alla viabilità e ai trasporti, mentre altri 44 hanno messo a disposizione le proprie aule per accogliere gli sfollati, il cui numero ha superato quota 23.000. Sfollati che, oltre a dover fare i conti con i danni causati dall’alluvione, devono difendersi anche dagli attacchi degli sciacalli e dall’ondata di speculazione sui prezzi di beni di prima necessità strettamente connessi all’emergenza maltempo, dagli stivali ai guanti, dalle pale alle tute impermeabili, tutti oggetti che hanno avuto rincari ingiustificati al punto che a Forlì è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine per controllare questo fenomeno. Per quanto riguarda invece la viabilità, nella giornata di ieri sono state riparte in entrambe le direzioni tutte le corsie dei 200 chilometri della A14 coinvolte dall’emergenza maltempo, come ha reso noto Autostrade per l’Italia.Parallelamente a quanto accade sul territorio, l’attenzione è rivolta anche alle indagini al fine di accertare eventuali responsabilità. A Ravenna è stato aperto dalla Procura un fascicolo con ipotesi di reato di disastro colposo a carico di ignoti. Il procuratore capo Daniele Barberini deciderà se procedere o meno a specifiche consulenze tecniche quando sarà conclusa la delicata fase dei soccorsi, mentre per le sei vittime accertate fino a questo momento i fascicoli aperti dal pm Angela Scorza sono ancora senza ipotesi di reato.Per giovedì, invece, come annunciato da Stefano Bonaccini, è prevista in Regione la visita di Ursula von der Leyen. Il governatore dem, in accordo con il governo, ha fatto sapere che chiederà al presidente della Commissione europea l’attivazione del fondo di solidarietà europea: «Già nel 2012 ci arrivarono 700 milioni di euro, noi siamo convinti che altre centinaia di milioni possano arrivare», ha detto Bonaccini. Giovedì, secondo quanto emerso dalla conferenza dei capigruppo tenutasi ieri a Palazzo Madama, potrebbe essere anche la giornata dell’informativa in Senato del ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, con il Terzo polo che, per voce della capogruppo Raffaella Paita, ha chiesto l’intervento del premier Giorgia Meloni al posto dell’ex governatore siciliano, «per illustrare quello che sta facendo il governo e cercare di fare in modo che si prenda un impegno serio per il ripristino dell’unità di missione Italia sicura per il dissesto idrogeologico», mentre il leader Carlo Calenda, intervenuto al Tg2, ha spento ogni polemica: «Il governo nazionale e la Regione Emilia Romagna stanno lavorando bene. 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È il primo trimestre più alto di sempre, leggermente sotto il record trimestrale registrato nel quarto trimestre 2020 (il primo trimestre dell’anno è significativo perché comprende i festeggiamenti del Capodanno cinese che durano un paio di settimane). Complessivamente, le emissioni cinesi nel trimestre hanno superato i 3 miliardi di tonnellate di CO2, il che, in proiezione, significa che a fine anno il totale supererà agevolmente i 12 miliardi di tonnellate di CO2 emessa, pari a poco più di un terzo del totale mondiale. Giova ricordare che l’Unione europea a 27 emette 2,8 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, mentre l’Italia si ferma a circa 300 milioni di tonnellate all’anno, meno di un centesimo di quelle mondiali e 40 volte meno di quelle cinesi. Della CO2 emessa in Italia, circa il 15% (45 milioni di tonnellate, pari allo 0,1% delle emissioni mondiali e allo 0,38% delle emissioni cinesi) è legato ai trasporti su strada. Le emissioni in Cina sono cresciute a causa del maggior utilizzo di petrolio (+5,5%), carbone (+3,6%) e gas (+1,4%). L’aumento nell’utilizzo di questi combustibili fossili è stato causato da un maggiore produzione di energia elettrica, che ha dovuto fare i conti anche con la minore produzione idroelettrica a causa delle scarse piogge. La Cina nel 2022 e nel primo trimestre 2023 ha aumentato sia le importazioni di carbone sia la produzione interna, aprendo nuove miniere e sfruttando maggiormente le attuali. L’aumento della produzione di carbone dell’11% registrata nel 2022 in realtà non basta a nutrire l’aumento del fabbisogno, perché la produzione aggiuntiva è costituita da carbone con minore potere calorifico, dunque con minore energia per unità di peso. Vero è che nel 2022 la stessa Cina ha installato 125.000 nuovi megawatt di potenza eolica e solare, ma allo stesso tempo sono stati autorizzati altri 100.000 megawatt di potenza a carbone, più altri 10.000 Mw nel solo primo trimestre 2023. Dunque, la Cina prosegue nella sua strategia di crescita industriale basata essenzialmente sul carbone (e sul nucleare nel lungo termine, in sostituzione di questo). Di contro l’Europa prosegue nella sua strada suicida fatta di una politica industriale strutturalmente inflazionistica e pauperista dal lato dei consumi. Nonostante l’evidente sproporzione tra le emissioni cinesi e quelle europee, l’Europa introduce restrizioni e obblighi sempre maggiori e sempre più oppressivi, costringendo i cittadini a sostenere costi altissimi e, come presto sarà chiaro, anche a limitazioni della libertà di movimento e di espressione. A livello astratto, il racconto dei fatti climatici si basa sulla colpevolizzazione del genere umano come portatore nocivo di squilibri, il che conduce ad un rinnovato malthusianesimo vicino alle posizioni del Club di Roma. Del resto, il fatto che gruppi di pressione ben finanziati manifestino «per il clima» attaccando opere e monumenti italiani stando ben lontani dall’ambasciata cinese segnala un evidente intento politico, anche nella narrazione che pervade i media. Si colpisce con le Ztl l’artigiano che ha il furgone diesel euro 4 perché è molto più facile impedire a questo di varcare le soglie del centro cittadino che fare la voce grossa con Pechino. Un’ipocrisia che origina anche dai rapporti economici intrecciati negli ultimi 30 anni dall’Occidente, che hanno fatto della Cina il regno della manifattura e del dumping ambientale.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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