2024-12-10
La Antropova batte la Egonu. Ma è bianca, russa e cattolica e i media a lutto la ignorano
Ekaterina Antropova (Getty Images)
L’atleta dello Scandicci domenica ha fatto faville. È un astro della pallavolo, eppure non fa notizia: sarà che, a differenza della rivale, evita le polemiche e non urla al razzismo.In tempi andati, e forse più felici per l’intelletto umano, i filosofi traevano anche dalla minuta quotidianità spunto di riflessione. Così potrebbe accadere che una «semplice» partita di pallavolo divenga specchio del luogocomunismo dei nostri giorni. Sia detto per inciso: la pallavolo femminile - e di questo qui si ragiona - ha portato all’Italia la storica medaglia d’oro olimpica a Parigi. È la disciplina che ha grande presa tra i giovani e i giovanissimi: quasi un milione e mezzo sono i tesserati e tra le ragazze è di gran lunga la preferita. È una delle poche «pratiche sportive» che entrano nelle nostre scuole dove l’educazione allo sport è negletta anche perché spesso mancano gli impianti, le palestre sono in larga parte eredità sabauda. Ma soprattutto è lo sport della provincia. Solo prendendo il calendario della serie A maschile e femminile si vede come siano le piccole città dell’Italia del ceto medio a dominare: Grottazzolina, Cisterna, Trento, Piacenza, Modena con le due superpotenze che sono Perugia e Civitanova Marche tra i maschi e Vallefoglia, Novara, Chieri, Pinerolo, Cuneo, con Conegliano e Scandicci a dividersi le glorie maggiori nel campionato femminile. Le metropoli sono relegate in secondo piano. Solo Milano, bulimica di ambizioni, ha provato a scardinare l’ordine costituito sotto rete; ha creato il Consorzio Vero Volley riunendo cinque diverse società, tra cui la più blasonata Monza, e ha «comprato» strapagandoli campioni ovunque. Il risultato è che lo scudetto tra i maschi ce l’ha Perugia e tra le ragazze per la settima volta consecutiva lo ha vinto Conegliano. Già questo racconta come esiste un’Italia diversa da quella che conquista i riflettori e le prime pagine, ma la partita di domenica sera al palazzo Vanny alla periferia di Firenze è l’evento che offre una riflessione: il luogocomunismo non trionferà. La Vero Volley di Milano che ha tesserato metà squadra olimpica ha perso contro Scandicci. Inutile dire che i telecronisti Rai - peraltro la tv pubblica è la sola a dedicare ampio spazio al volley -avevano la voce a lutto per questo inusitato risultato, ma soprattutto hanno continuato per tutta la partita - cinque set molto tirati - a esaltare una sola giocatrice: Paola Egonu, colei che ha sfilato al festival di Sanremo dando dei razzisti ai suoi connazionali italiani, colei che ha preteso il licenziamento dell’allenatore della Nazionale reo di averla lasciata in panchina, colei che va e torna dalla Turchia (paese ultrademocratico) per soldi come per soldi ha lasciato Conegliano, che anche senza di lei ha continuato a vincere, per arrivare a Milano. Paola Egonu nera, bisessuale dichiarata, politicamente ultracorretta è la star indiscussa solo perché gode di ottima stampa e di ancora migliore televisione. Paola Egonu si è sentita offesa dal generale, ora eurodeputato, Roberto Vannacci che ha detto un’ovvietà: i tratti somatici della campionessa di pallavolo non sono quelli caratteristici della maggioranza della popolazione italiana. Sua altezza - la Egonu è alta un metro e 93 centimetri - si è sentita diffamata e ha querelato, il gip di Lucca però, pur giudicando impropria e inopportuna l’espressione di Vannacci, ha archiviato perché il fatto non costituisce offesa. In tribunale, come domenica sera, Paola Egonu ha perso. Eppure come lei apre bocca tutti a genuflettersi. Ebbene al pala-Vanny la «regina» ha realizzato 21 punti, quasi la metà di un’altra ragazza straniera naturalizzata italiana che come la Egonu ha vinto l’oro per l’Italia a Parigi: Ekaterina Antropova. Domenica sera ha fatto 34 punti questa ragazzona - supera i due metri - che giocando nello stesso ruolo della Egonu alle Olimpiadi è stata giudicata la migliore pallavolista di tutto il torneo. Solo che Ekaterina ha alcuni insormontabili difetti: ha la pelle di perla, i capelli biondissimi, è cattolica, del suo privato non si sa quasi nulla se non che divora letteratura e suona musica classica, e soprattutto è di origine russa. Per la verità è nata in Islanda da genitori entrambi russi e ha avuto una vita peggiore di quella della Egonu. Si è dovuta fare migrante per sport (e forse anche per stenti, certo per desiderio di libertà). A quindici anni è arrivata in Italia per giocare a pallavolo, prima in Calabria, poi a Sassuolo dove esplode. La nota la Savino del Bene, società di Scandicci, e la porta in serie A. A 21 anni - dopo solo due campionati nella massima serie - è probabilmente la più forte giocatrice italiana, eppure di lei non parla nessuno. I suoi difetti? Non fa rivendicazione di alcuna diversità, se ne sta a Scandicci, comune popolarissimo dell’area metropolitana di Firenze, con mamma; vive di volley e di studio, legge i classici russi e conosce quattro lingue. Sorride sempre, parla pochissimo e soprattutto gioca che è una meraviglia. Della sua «bianchitudine» e della provincialità ordinata e positiva che esprime pur essendo cittadina del mondo però nessuno si occupa, neppure i cronisti tv. Ah, sia detto per inciso: la «derelitta» Paola Egonu ha un ingaggio che supera il milione di euro, Ekaterina si accontenta di sei volte meno, ma quella povera è ovviamente la ragazza di colore.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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