2023-08-11
L’ultimo ciak di Antonella Lualdi. Diva riservata del cinema italiano
Antonella Lualdi e Franco Interlenghi (Getty Images)
La celebre attrice si è spenta ieri. Nata a Beirut nel 1931, raggiunse il successo appena diciannovenne con «Signorinella», sposò l’attore Franco Interlenghi e recitò nei film di Ettore Scola e Vittorio Gassman.Non ha avuto il successo e non godeva della fama - specie a livello internazionale - della quasi coetanea Gina Lollobrigida, scomparsa lo scorso gennaio, ma, per chi la amava, Antonella Lualdi, spentasi ieri in un ospedale nei pressi di Roma all’età di 92 anni, è stata e rimarrà una passione potentissima e inscalfibile, nutrita da una novantina di pellicole cinematografiche interpretate dall’attrice tra il 1949 e il 2010, con la massima concentrazione negli anni Cinquanta e Sessanta del ventesimo secolo.Il suo viso aggraziatissimo, dai lineamenti regolari, classici, ma con seducenti lampi di modernità nello sguardo profondo e nella bocca carnosa, compare per la prima volta sullo schermo nel 1949, quando Antonella (nata Antonietta De Pascale il 6 luglio 1931 a Beirut, poiché il padre italiano, un ingegnere civile sposato con una donna greca, si trovava in Libano per la progettazione di un ponte) ricopre una parte di secondo piano, neppure accreditata, nel film statunitense Il principe delle volpi di Henry King, ambientato in un Rinascimento italiano ampiamente rivisitato e ricreato a Cinecittà. Il 1949 è però anche l’anno del lungometraggio Signorinella, girato nella cittadina abruzzese di Introdacqua, in cui Antonella, che ha già adottato - vedremo a breve come - il nome d’arte che l’accompagnerà per tutta la carriera, viene scelta dal regista Mario Mattoli come protagonista al fianco, tra gli altri, di Aroldo Tieri e Gino Bechi. Dicevamo del nome d’arte: il modo in cui la Lualdi lo ha fatto proprio è decisamente insolito, ovvero - come ricostruisce il prezioso volume «Le attrici» del Dizionario del cinema italiano pubblicato dall’editore Gremese - «grazie a un concorso bandito dalla rivista «Hollywood» che la presenta in varie pose fotografiche come «Signorina X» e che si rivolge ai lettori perché si adoperino a trovarle un nome per un film che sarà diretto da Mario Mattoli». Da quel momento Antonella diviene una stella del cinema italiano, comparendo - molto spesso in qualità di protagonista o coprotagonista - in film come È più facile che un cammello... di Luigi Zampa (1950), Miracolo a Viggiù di Luigi Giachino (1951), Il cappotto di Alberto Lattuada (1951), La cieca di Sorrento di Giacomo Gentilomo (1952), Casta Diva di Carmine Gallone (1954), Padri e figli di Mario Monicelli (1957) e Giovani mariti di Mauro Bolognini (1958). Nel 1955, intanto, la Lualdi si era unita in matrimonio con il collega Franco Interlenghi, assieme al quale aveva condiviso più di un set, dando vita a una delle coppie più celebri e ammirate della cosiddetta «Hollywood sul Tevere». Dalla relazione con Interlenghi - rimasto legalmente suo marito, benché tra separazioni e ricongiungimenti, fino alla morte avvenuta nel 2015 - sono nate due figlie: Antonella, meglio nota come Antonellina, e Stella, entrambe attrici a loro volta pur senza mai conseguire il successo dei genitori. Tra le amicizie di Antonella spicca la figura di Pier Paolo Pasolini, conosciuto dalla Lualdi per avere lei interpretato, accanto a colleghe del calibro di Rosanna Schiaffino ed Elsa Martinelli, la parte della prostituta Supplizia nel film di Mauro Bolognini La notte brava (1959), liberamente ispirato ad alcune situazioni del romanzo pasoliniano Ragazzi di vita. Nel 1965 Pasolini includerà Antonella tra gli intervistati del suo documentario Comizi d’amore, dedicato al rapporto tra gli italiani e l’eros: sulla spiaggia del Lido di Venezia, seduta accanto alla più giovane attrice romana Graziella Granata, la Lualdi risponde con personalità alle domande che le vengono rivolte, in particolare quando fa notare a Pasolini che «del sesso bisogna parlarne a lungo per arrivare a quello che si vuol dire, in Italia soprattutto, non è facile affrontare l’argomento a freddo perché non si è abituati, per educazione, per tradizione… Quindi nel caso tuo dovresti conoscere meglio le persone che intervisti e insistere, magari sprecando un sacco di pellicola per raggiungere la cosa giusta». Significativa, parallelamente a quella svolta in Italia, è pure l’attività professionale della Lualdi in terra francese, dove viene diretta da registi come Claude Autant-Lara (L’uomo e il diavolo, 1954), Claude Chabrol (A doppia mandata, 1959) e Claude Benard-Aubert (Match contro la morte, 1959) e dove, a partire dal 1974, si propone in veste di cantante, recitando anche nella commedia teatrale Le moulin de la Galette di Marcel Achard. È il caso di ricordare, ancora, le partecipazioni a sceneggiati televisivi, sia in Italia (D’Artagnan del 1969 e È stato così del 1977) sia in Francia (Il misterioso dottor Cornelius, 1985), ma soprattutto la svolta «trasgressiva» tentata dalla Lualdi nella seconda metà degli anni Settanta, dapprima con l’ammiccante singolo Se ci stai, uscito come 45 giri nel 1977, e quindi, due anni dopo, con un servizio fotografico senza veli ospitato dal mensile Playboy e affiancato da un adorante madrigale composto per l’occasione dallo scrittore Nantas Salvalaggio. Convinta sostenitrice biancoceleste («Adesso mi dedico solo alla mia grande passione, la Lazio», aveva dichiarato lo scorso marzo al quotidiano Il Messaggero, «sono molto tifosa, è una squadra che amo da sempre. E diventa un impegno anche tifare: vedere le partite, andare agli allenamenti…»), la Lualdi ha vissuto due intensi dolori, oltre alla già ricordata scomparsa del marito Franco nel 2015, durante la sua lunga vecchiaia: nel 2014 la tragica morte del genero Giovanni Sanjust di Teulada, marito di Antonellina, schiacciato da un trattore nelle campagne di Capalbio, e tre anni fa i tentativi di estorsione, seguiti dalla devastazione del suo appartamento romano, da parte della nipote Virginia, figlia di Antonellina e Giovanni, recentemente condannata dalla giustizia a un anno e cinque mesi di reclusione. All’indomani della sentenza, Antonella ha dichiarato: «Ho perdonato Virginia, lei ha solo bisogno di affetto». Un affetto che adesso a Virginia, e non a lei soltanto, è purtroppo venuto a mancare.
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.