2022-12-29
Annullato il concerto della pianista ucraina perché per i social «è una fan di Putin»
La pianista ucraina Valentina Lisitsa (Ansa)
La Fenice di Venezia cancella la data di Valentina Lisitsa ringraziando chi la accusa su Twitter. Lo stesso copione si era visto a Toronto.Si fa presto a dire che la musica deve unire i popoli. Con la guerra in Ucraina il politicamente corretto globale ha sancito la regola del «O di qui, o di là». L’ultima vittima di questo modo di ragionare è una pianista di origine ucraine, Valentina Lisitsa, che per aver suonato a Mariupol e non aver nascosto sui social idee vicine alla Russia ha visto saltare brutalmente un concerto alla Fenice di Venezia. Gli organizzatori hanno annunciato la censura su Twitter, dove tutto era nato, condita da un bel «Grazie a tutti», che avrà ringalluzzito i leoni da tastiera.Sotto Natale era stata una giovane blogger ucraina, Mariia Kramarencko, a sollevare su Twitter il caso del concerto di Lisitsa al prestigioso teatro veneziano, previsto per la primavera prossima. La pianista è una stella anche su Youtube ed è una specialista di Rachmaninov. Non discussa come talento, è però discussa come cervello perché sui suoi social avrebbe espresso più volte posizioni vicine a quelle di Vladimir Putin. In più, il 2 agosto avrebbe suonato a Mosca davanti all’ambasciata dell’Ucraina e in precedenza si è esibita nella martoriata Mariupol, a maggio, città simbolo dell’occupazione russa. È utile ricordare che il partito filorusso era il secondo movimento politico nell’Ucraina, prima che il presidente Volodymyr Zelensky lo facesse dichiarare fuori legge. Evidentemente, la pianista era vicina a quelle posizioni che oggi appaiono scandalose. In più, fa davvero sorridere che la Lisitsa non possa suonare nella libera Italia solo perché ha suonato anche tra le macerie di Mariupol davanti a una dozzina di disperati. Ma Twitter è stato più forte del buon senso e i primi a mollare la pianista ucraina sono stati gli organizzatori dell’associazione veneziana Musikamera (La Fenice mette solo a disposizione il teatro).Sonia Finzi, presidente di Musikamera, ha spiegato a FqMagazine: «Abbiamo ricevuto minacce pesanti sui social. Molto violente. Rivolte a noi come associazione ma anche al personale del teatro La Fenice che ci ospita. Ma, lo ribadisco, non eravamo a conoscenza della posizione filoputiniana di Valentina Lisitsa». Uno si aspetterebbe che tali minacce abbiano spinto a una qualche riflessione, invece no. L’associazione ha prontamente scritto alla musicista ucraina, comunicandole la decisione di cancellare il concerto di aprile. In sostanza, alla Lisitsa è stato detto che il concerto era rinviato a quando i commenti nei suoi confronti saranno mossi «esclusivamente da pensieri di carattere artistico e non politico». Insomma, par di capire che finché ci saranno un paio di attivisti filo Zelensky su Twitter, oppure fin quando la stessa pianista non imparerà a cucirsi la bocca, il concerto a Venezia non si potrà organizzare. Va detto che c’è già un precedente canadese che riguarda Valentina Lisitsa. Nelle scorse settimane la direzione della Toronto Symphony ha deciso di annullare un suo concerto dopo aver controllato tutti i suoi profili social. In una nota, il teatro ha scritto: «Dopo aver dato un’occhiata al suo feed di Twitter, abbiamo trovato alcune opinioni politiche molto forti, ma niente che potesse far pensare a qualcosa di lontanamente simile a un discorso di odio. In Canada abbiamo leggi contro l’hate speech». In ogni caso, per «prudenza», hanno cancellato il concerto.Proprio nel regno dei cinguettii si è svolta tutta questa sceneggiata, con aspetti surreali. In prima linea, il giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni, che sotto Natale aveva chiesto la cancellazione del concerto. «Non mi è chiaro perché il Teatro La Fenice di Venezia abbia inserito in programma la pianista Valentina Lisitsa, che andò spensierata a celebrare il regime russo suonando sulle rovine di Mariupol», aveva twittato. Il 26 dicembre gli è arrivata, sempre via Twitter, la risposta della Fenice: «Il concerto è stato cancellato. Grazie a tutti!». Il ringraziamento corale non è chiaro. Potrebbe riferirsi al pubblico, al quale verrà proposto un concerto più corretto dal punto di vista bellico, oppure alla valorosa vigilanza anti Putin scattata su Twitter nei confronti del cartellone di una stagione musicale. E sempre su Twitter si è ritagliato un suo spazio anche il giornalista Gerardo D’Amico, capo della task force Rai contro le perniciose «fake news». D’Amico ha celebrato la soppressione del concerto con queste parole: «Arte e cultura insegnano tolleranza e apertura al prossimo: sarebbe stata una macchia ospitare chi dell’arte fa propaganda per celebrare l’aggressione e lo sterminio di un popolo». Che idea particolare di arte, cultura e musica. Non pago, ha anche parlato di «collaborazionismo», riferendosi alla Lisitsa. In un altro tweet, gli organizzatori hanno predicato: «Musica e cultura devono unire i popoli, non dividerli». La pianista, cacciata in nome dell’unione dei popoli, ha replicato che «la musica e l’arte sono al di sopra della politica». Quando il livello è basso, però, è tutto più complicato.