2018-11-29
Anche Renzi sposa il metodo Burioni. Ma sugli immigrati sparano bufale
L'ex premier soccorre il virologo, criticando l'articolo della «Verità». Il dottore, però, fa autogol, diffondendo l'opinione di un collega che conferma quanto abbiamo scritto: non sono gli italiani a infettare gli stranieri. Lungi da noi contestare la competenza del super prof o eccepire sui suoi 35 anni di studio. Tutta la nostra (vera) ammirazione. Ma il confronto tra i virgolettati parla tragicamente chiaro contro di lui.Clamoroso: nella Champions League dell'arroganza, nel torneo del «so-tutto-io-voi-fate-schifo», Roberto Burioni non va oltre la medaglia d'argento, insomma arriva secondo. Ha trovato sulla sua strada un competitor imbattibile, Matteo Renzi: «proprio lui!», griderebbero i telecronisti Sky. Ma attenzione, Burioni non ha motivo di dolersene: perché, con lo stile che lo contraddistingue, Renzi è sceso in campo per difenderlo. E da chi? Elementare, Watson: dai cattivoni della Verità, dal perfido direttore Maurizio Belpietro e dal blasfemo Francesco Borgonovo, che hanno osato cogliere in castagna il luminare. Renzi è categorico, non si lascia sfiorare dai dubbi, un po' come quando spiegava in tv che Mps era «un bell'affare». E così, posta su Twitter una foto dell'articolo della Verità e aggiunge: «Oggi alcuni giornali attaccano il professor Roberto Burioni. Su cosa? Ma è ovvio: sul carattere e sull'arroganza. Quando qualcuno dice cose scomode ma vere, si attacca sempre su carattere e arroganza. Grazie prof per la tua difesa della scienza». Voi, amici lettori, che siete ormai esperti nell'interpretazione della logica renziana, avete già colto il doppio messaggio. Primo: noi siamo la scienza, gli altri sono barbari. Secondo: Renzi sta ovviamente parlando di sé, che viene attaccato (poverino…) per il suo carattere, mica per il disastro fatto al governo, sulle banche, sul referendum, su tutto. Ma non divaghiamo su Renzi, perché nel frattempo è arrivato su Twitter il prof in persona. Risposta mezzo cauta e mezzo burionesca a Belpietro: «Mi spiace ma io ho sempre risposto con disponibilità e cortesia a chi mi esprime dubbi e paure. Mando al diavolo i babbei che dopo 5 minuti su Google vogliono spiegarmi la virologia. Curioso che l'arrogante sia io, quando ho avuto l'umiltà di studiare 35 anni prima di parlare». Risposta tutta burionesca a Borgonovo: «Un giornalista della Verità mi accusa di dire bugie. Pier Luigi Lopalco, uno dei più autorevoli studiosi di malattie infettive del mondo, dice che il mio articolo è impeccabile. Scegliete voi di chi fidarvi». Ipse dixit, sentenziavano i latini. Autòs èphe, ammonivano ancora prima i greci. Insomma, l'autorità ha parlato, e voi potete solo tacere. Peccato però che in questo elevatissimo scambio tra Burioni e Lopalco (tipo Platone e Aristotele che dialogano solenni nel celebre affresco di Raffaello), Burioni non si sia accorto che Lopalco, dopo gli insulti di prammatica contro la Verità («fautori della propaganda»), dia pienamente ragione a Belpietro e Borgonovo. Un autogol pazzesco: se si fosse in un'aula giudiziaria, un po' come il testimone di una parte che offrisse la prova decisiva a favore dell'altra. Scrive testualmente Lopalco: «I migranti sono più a rischio di acquisire infezioni resistenti agli antibiotici durante il transito e nei paesi d'arrivo a causa delle condizioni di vista a cui sono sottoposti nei campi, nei centro di raccolta e detenzione».E che cosa aveva scritto la Verità? Esattamente questo: «Forse sarebbe più sensato spiegare che i migranti si ammalano più facilmente durante il viaggio che li porta qui, o in alcuni centri di detenzione in Libia, o in luoghi mal gestiti come il Cara di Mineo, che infatti andrebbero chiusi». E invece che cosa diceva il titolo di Medical Facts, il sito burionesco? «Uno studio rivela che siamo noi italiani a trasmettere batteri agli immigrati».Ricapitoliamo. Lungi da noi contestare la competenza del super prof o eccepire sui suoi 35 anni di studio. Tutta la nostra (vera) ammirazione. Ma il confronto tra i virgolettati parla tragicamente chiaro contro di lui: il titolo del suo sito fa pensare che gli italiani siano untori, mentre la Verità e pure il super teste Lopalco spiegano un'altra cosa, così come del resto la fonte di tutta la querelle, e cioè un articolo di The Lancet. E allora? E allora basterebbe poco, basterebbe che il prof ammettesse, con un sorriso, di aver pubblicato un titolo sbagliato e fuorviante. Succede. E invece no. Il metodo Burioni non prevede questa eventualità, non sembra piegarsi a un argomentare fattuale. È tutto un argomentare d'autorità: io sono la scienza, e voi potete al massimo applaudire. Per la verità, i maligni possono pensare che, oltre ad applaudire, si possa fare anche qualcos'altro, visto che il super prof, illustrando il suo nuovo sito alla stampa, ha buttato lì un accenno: «In futuro mi piace pensare che un'iniziativa del genere possa riscuotere l'interesse delle istituzioni». Ipotizza un finanziamento pubblico, avete pensato voi? Se vi è passato per la mente, siete somari e pure hater: sappiatelo. Scherzi a parte, ci pare ci sia poco da sorridere su un'impostazione di fondo, che nulla ha a che fare con la verità scientifica e con l'oggettività indiscutibile dei dati, ma pretenderebbe di introdurre in ogni altro aspetto del discorso pubblico una specie di bipartizione tra i «buoni, aristocratici e ottimati» e una plebe incolta da bastonare a prescindere.Non funziona così, e sarà bene che anche Burioni elabori questo lutto. A meno che la sua strategia mediatica non sia funzionale alla creazione di un personaggio: il luminare che sbraita, il prof che sbrocca, lo scienziato che schiaffeggia. Osiamo sperare che si sottragga a questa tentazione.O forse le cose sono ancora più semplici. Le ha sintetizzate su Twitter l'account Poteri forti, che ci limitiamo a citare: «Il dottor Roberto Burioni è un uomo professionale. Ma lei, Matteo Renzi, mi sta sul cazzo comunque».