2020-01-05
Anche la Link campus adesso lo ammette. L’ateneo dello Spygate ha finito i soldi
L'università aveva minacciato azioni legali contro La Verità. Oggi però conferma la notizia e chiede pazienza ai dipendenti.Non è più un mistero che, nell'università dei misteri, navighino in cattive acque. Lo aveva scritto il nostro giornale il 12 ottobre scorso a proposito del rischio crac della Link campus (con relativa minaccia di querela e di risarcimento a molti zeri), lo conferma e ribadisce adesso il presidente della struttura, l'ex ministro diccì Vincenzo Scotti. L'ateneo romano, al centro del «giallo» internazionale del Russiagate sui presunti rapporti tra gli hacker russi, in possesso di materiale compromettente rubato dalle mail di Hillary Clinton, l'enigmatico professor Joseph Mifsud e l'entourage di Donald Trump, è a corto di soldi. Tant'è che, ad oggi, i circa 100 dipendenti del Casale di San Pio V non hanno ancora ricevuto il pagamento di dicembre e la tredicesima, a differenza dei docenti di ruolo che hanno potuto, invece, incassare le spettanze di fine anno. Il motivo di questa mancanza di liquidità lo ha spiegato il presidente del cda, Scotti, in una comunicazione ufficiale indirizzata agli impiegati scesi, nel frattempo, sul sentiero di guerra: «Il Miur, alla data odierna, non ha ancora emanato il decreto per l'assegnazione dei contributi del 2018 alle università a cui apparteniamo. Deve procedere entro il 31 dicembre 2019 per i vincoli della contabilità di Stato».La Link, infatti, ha diritto, secondo una normativa risalente al 1991, a un contributo pubblico in qualità di università legalmente riconosciuta. Come ha rivelato il quotidiano La Stampa, l'ateneo ha però un fronte giudiziario pendente con Corte dei conti e Tar che, di fatto, ha rallentato l'intero iter ministeriale per il riconoscimento e la liquidazione della somma. «Lasciando aperto il contenzioso per gli anni passati, l'anno scorso abbiamo ottenuto il decreto del ministro con un via libera per il 2018», si legge nella missiva dell'ex titolare del Viminale. Scotti giura che i soldi per l'ateneo arriveranno, prima o poi. E quando saranno accreditati, finiranno in un conto dedicato solo alle spettanze del personale così da vincolarli nella destinazione. I tempi per i bonifici non sono però ancora chiari. Ci sarà probabilmente da attendere ancora perché il ministero dell'università, all'epoca retto dal grillino (poi dimissionario) Lorenzo Fioramonti, su questa pratica, aveva chiesto un parere all'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Scotti, che è stato pur sempre ministro dell'Interno, ha chiarito ai suoi dipendenti di aver saputo in anticipo che cosa è stato deciso al ministero. E ha messo nero su bianco che «l'Anvur ha risposto con una lettera che mi è stata comunicata, dato il carattere del contenuto, verbalmente, confermando così la nostra piena legittimità in questo momento per il 2018». I soldi, insomma, sulla carta ci sono. Bisognerà capire quando si materializzeranno sui conti correnti dell'ateneo. «È un pezzo del difficile cammino e un contributo alla speranza concreta», ha sottolineato ancora Scotti con toni lirici. E, riferendosi al personale, ha ammesso che «sappiamo bene la difficoltà vostra e delle vostre famiglie, e nonostante tutto la vostra dedizione al lavoro». Nessuna parola però, da parte sua, sul contributo 2019 che rischia di risultare altrettanto difficile da incassare. La crisi della Link, in ogni caso, arriva da lontano. Nel settembre scorso - come raccontato dalla Verità - proprio Scotti aveva inoltrato al tribunale di Roma (giudice delegato Daniela Cavaliere) istanza di concordato preventivo per sterilizzare la richiesta di fallimento, avanzata dall'Agenzia delle entrate, per debiti con l'Erario ammontanti a 1,2 milioni di euro. Una facoltà riconosciuta al rappresentante legale dell'università dal sesto comma dell'articolo 161 della legge fallimentare che prevede che «l'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione […] entro un termine fissato dal giudice compreso fra 60 e 120 giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 giorni». Al momento della pubblicazione del nostro articolo, la Link aveva contestato la veridicità della notizia, annunciando il ricorso all'autorità giudiziaria per chiedere un indennizzo. Eppure, già nella documentazione consegnata al tribunale, l'ex ministro dell'Interno scudocrociato aveva sottolineato l'estrema fragilità delle finanze della struttura accademica, sia per gli alti costi di gestione (1 milione di euro al mese), sia per i ritardi nel pagamento delle rette da parte degli studenti, che creavano degli squilibri tra entrate e uscite. A innescare la richiesta di fallimento da parte dell'Agenzia delle entrate per l'accumularsi di atti impositivi per tasse e contributi non versati a Inps e altri agenti della riscossione, ci sarebbe stato un equivoco tra i ruoli delle vecchie società, chiamate a gestire la scuola di alta formazione, e la futura fondazione Link campus. Un errore formale, risalente a 13 anni fa, che - c'è scritto nell'istanza - non permise l'iscrizione della stessa fondazione alla sezione specifica dedicata agli Enti e impedì la cancellazione della vecchia sigla consortile a responsabilità limitata dal Registro delle imprese che, in un primo momento, rappresentava l'interfaccia amministrativa dell'ateneo. Una disattenzione che ha zavorrato l'università rischiando di farla affondare.
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